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IL BUON CUORE 303


stere allo spettacolo della levata del sole. Lo spettacolo è troppo noto ed è stato già abbastanza descritto e veduto perchè io ve n’abbia ad infliggere una nuova cucinatura.

Ravvolti in pellicce, in plaids, in coperte d’ogni genere, i freddolosi touristi, ancora mezzo assonnati e sbadiglianti, balzano dalle tepide cuccette ad affrontare la nebbia umida e fredda della prima alba e cercano di farsi animo reciprocamente con esplosioni ammirative o con barzellette eroiche che cooperano a rendere ancor più rigida l’atmosfera. Poi succede un grande silenzio, la nuvolaglia comincia a disperdersi, i primi fiati dell’aurora la sciolgono come gelati di crema, forme da prima caotiche e fantastiche si levano su dalle valli, si alleggeriscono, si attenuano, sembra si spiritualizzino, prendendo grazia, più salgono verso l’alto e l’azzurro; poi viene il vento che squarcia rapido l’ultimo velo; una tinta rosea si delinea su tutte le forme vaghe e vaganti nel cielo, le montagne intorno si ricoprono di rubini e di smeraldi, brillano nella prima luce, indorqno, arrossano, finchè il sole balza dietro un vertice luminoso, si affaccia di colpo, contempla soddisfatto lo scenario che si è spiegato a riceverlo e ogni cosa a poco a poco si precisa nell’immobilità del paesaggio.

È inutile: ci si lamenta sempre, prima disturbati nella nostra pigrizia e nella nostra indifferenza; poi.... poi si è costretti ogni volta a gridare di entusiasmo, a gioire come bimbi e si dimentica tutto, sonno, stanchezza, freddo, appetito e.... conto finale. Si ridiscende allegri, soddisfatti, commossi, proprio come la prima volta....

Interessanti, nella stessa catena montana, a qualche ora soltanto da New-York, sono certe rocce mostruose che, dopo aver servito di letto all’oceano, si trovano oggi a circa mille metri nel suo livello. Lasciato là da qualche cataclisma antidiluviano, esse han veduto succedere delle gigantesche foreste vergini ai ghiacciai secolari. E oggi dei vasti campi di frumento ondeggiano su la stessa plaga dove son caduti, sotto i colpi dei mazzaioli, quegli alti abeti, destinati a percorrere il globo, ritti su le prue dei velieri, sotto la carezza delle bandiere «Star and Stripes».

Nascosto fra queste montagne, vi è un piccolo lago conosciuto sotto il nome di «Christus Judey», «The Great Stone Face», la «grande faccia di pietra». Il nome è derivato da un fenomeno curioso. Riflettendo gli abeti e le rocce franose che la circondano, l’acqua di questo lago riproduce i tratti severi e dolorosi di Cristo. La corona di spine, la barba, l’espressione del viso, tutto vi si ritrova e il silenzio della natura circostante non fa che aumentare la impressione solenne prodotta da questa imagine.

Gli indiani adoravano la faccia di pietra e ad ogni primavera le loro barche, cariche di fiori e di frutti, coprivano le acque consacrate di spontanee offerte. Essi imaginavano, nella loro semplicità, che al tempo in cui eran saggi e buoni, la figura assumesse i tratti d’un vegliardo gioioso che ridesse con loro; quando
poi obliarono gli insegnamenti dei padri e vennero gli uomini dal pallido volto a castigarli cacciandoli dai loro boschi e dalle loro montagne, da quel giorno la Faccia di pietra non ride più e i cristiani la chiamarono «Christus Judey».

Il poeta americano Hawthorne ha scritto, intorno a questa curiosa effigie, una leggenda fantastica molto nota nel paese. Ma non è questo il momento di dilungarmi a narrarvela.

Ritornando al nostro soggetto, vi dirò, per finire, che una moda molto in auge in questi ultimi anni è quella di godersi le vacanze estive facendo delle tournées di parecchie settimane su certe vetture di montagna, simili a quelle di cui si servivano un tempo i marraioli del lontano West: vetture curiose composte di un’unica asse flessibile lunga da tre a quattro metri, le cui estremità riposano. (per modo di dire) su le ruote producendo un traballamento continuo. Al centro dell’asse si trova l’unico seggio, sotto il quale è posta la cassa delle provvigioni. Come vedete, non è certo questo l’ideale del comfort escursionista, ma tutti i gusti son gusti. Gli escursionisti abbondano e tutto serve per viaggiare agli americani che hanno l’ottima abitudine di visitar bene il proprio paese prima di lanciarsi alla scoperta degli altri.

Naturalmente, anche viaggiando, essi portano seco le loro piccole e varie manie. Per esempio, quella dei clubs. Ovunque vadano, è la prima cosa cui pensano e provvedono.

L’anno scorso, alle Catskill, alcuni escursionisti affittarono a prezzo d’oro una stanza comune del pianterreno dell’hotel per poterla usare come sede di club.

La metamorfosi fu compiuta in poco più di mezz’ora. Le signore portarono ventagli cinesi, sciarpe, drappi, fotografie, incisioni, sgabelli, sedie, balançonnes, mantelli, plaids, ecc. I ventagli, le fotografie, le sciarpe, i drappi servirono a coprire la nudità delle pareti; si intrecciarono i mantelli e se ne fecero delle causeuses civettuole; si distesero i plaids a mo’ di tappeti e per completare l’arredamento del locale, un signore portò da una fiera vicina alcune lanterne giapponesi che vi stettero a meraviglia.

Costituito il club, i membri presero subito l’unica deliberazione della season, ciascuno s’impegnò a darci una festa per proprio conto, con l’intesa che tutti dovessero obbedire ciecamente, per turno, all’organizzatore. Così, per tre mesi, a Catskill, vi fu una successione continua di concerti, di feste veneziane, da vaudevilles, di spettacoli, insomma, d’ogni genere.

L’aria viva delle montagne cooperò al buon esito terapeutico della season; su le gote delle fanciulle si riflessero i colori bronzei e dorati delle foglie d’autunno. E come le prime nebbie cominciarono a delinearsi su l’orizzonte, tutta la comitiva parti soddisfatta e rinvigorita a riprendere nella città, con la classica energia, la varia vita quotidiana di lavoro, di agitazione, di gioia....

E. A. Marchi.