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IL BUON CUORE 301


validità e la disoccupazione. Nessun paese ha avuto il coraggio di far tanto progresso in una sola volta di presentare insieme tante riforme: la Germania ha proceduto gradualmente e non ebbe la sua triplice sociale che in diversi anni, L’Inghilterra fu più ardita; la sua arditezza consiste anche nell’avere essa apportato l’esperimento della assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione in due delle industrie più vessate dalla mancanza di lavoro.

E noi attendiamo, con vivo interesse, i risultati di questa importante esperienza sociale, che potrà decidere intorno all’opera eventuale di altri Governi.

La Svizzera, paese tanto democratico, ha sempre avuto una vera diffidenza verso l’intervento del potere federale in materia di assicurazione; essa, dopo al ere compiuta l’opera grandiosa della riforma del suo codice civile in cui è entrato un largo soffio sociale, ha riconosciuto il principio dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, in riguardo alle malattie ha voluto procedere con spirito liberistico, poichè ha destinato dei sussidi alle società di mutuo soccorso e lasciato ai Cantoni il potere di imporre l’assicurazione obbligatoria.

Sono questi i fatti più salienti del movimento politico sociale in questo primo semestre, per ciò che riflette l’assicurazione operaia, la quale intanto è assai dibattuta nel Belgio e non è dimenticata in Italia.

La Germania ha visto entrare in vigore la riforma delle sue assicurazioni, per cui anche gli orfani e le vedove, dopo tanto tempo che il Governo si era impegnato a farlo, sono ammesse al beneficio della legge. Nel Belgio c’è una corrente sempre più favorevole al principio dell’assicurazione obbligatoria ed il ministro dell’agricoltura ha promesso formalmente di presentare un progetto in questo senso.

L’Austria ha istituito le pensioni per gli impiegati privati.

In Italia il fatto più saliente è la Cassa di maternità, la prima forma di assicurazione obbligatoria contro le malattie, la quale ha incontrato le critiche e la diffidenza delle lavoratrici e l’opposizione vivissima degli industriali. Ma il principio è buono: quello che importa è il correggerne la pratica applicazione.

La parte più cospicua della attività legislativa odierna — sul terreno sociale — è dunque rivolta alle assicurazioni. Ma altri problemi premono e incalzano: in Italia si sollecita, oltre le diverse riforme che attendono da lungo tempo come il probivirato agricolo e l’ispettorato, l’assicurazione contro gli infortuni agricoli, il sussidio alle casse di disoccupazione ed una legge a favore dei minatori.

In Francia, mercè il concorso efficace dei cattolici sociali, si sta per ottenere l’abolizione del lavoro di notte nei forni; l’abate Lemire ha fatto provare l’abolizione del lavoro notturno dei fanciulli nelle industrie a fuoco continuo, la proibizione delle veglie nell’industria dell’abbigliamento, che esauriva tante povere lavoratrici.

In Germania è passata la legge sul lavoro a domicilio, molto imperfetta certamente, ma che, coi comitati
facoltativi di salari che essa consente, promette migliori e più efficaci provvedimenti. In Ispagna la limitazione delle ore lavorative dei minatori è all’ordine del giorno: nè questo è il solo problema sociale che sia trattato e discusso in quel paese.

Il governo belga uscito più forte e più incoraggiato dall’asprissima lotta elettorale, ha un programma di riforme da attuare e che verrà proponendo con quella saggezza che distingue l’opera sua.

Anche la Russia, la Rumenia, ed altri diversi paesi partecipano, in forme più o meno importanti, a questo movimento che or mai si impone all’attenzione di tutti.

Non tutto è ben riuscito, ottimo quello che si fa: non mancano i difetti e gli errori, ma l’esperienza è il crogiuolo che attraverso l’opera sociale legislativa si purifica, si migliora, si eleva. Non è un intervenzionismo ad oltranza che ormai si vuole e si ricerca, ma leggi sociali sagge, proporzionate alle esigenze di ogni paese, ben preparate. È questa la mira e la tendenza dei legislatori più esperti, più educati, più colti.

lettere americane


Villeggiatura...

New-York, agosto.

Se l’inverno è terribile a New-York per l’estremo rigore della temperatura, la stagione estiva non è certo più piacevole, per cause analoghe se pur inverse. Ma l’eccessivo domina in tutto e in tutti. A un inverno polare succede, senza gradazioni di trapasso, un’estate torrida, come a un’attività convulsa succede improvvisamente una prostrazione generale. Qui il caldo non ammazza solo fisicamente gli individui: li ammazza anche mentalmente, economicamente, togliendo loro ogni energia, ogni volontà, ogni impulso e, per conseguenza, ogni profitto. Il numero delle vittime del caldo che le agenzie si fanno premura, in mancanza d’altro, di comunicarvi in questo periodo dell’anno, non è una volta tanto, ciò che si vuol chiamare un’americanata. L’asfissia fulminante dei colpi di sole, che uccide i deboli come i pletorici, gli oziosi come i lavoratori, e specialmente i lavoratori all’aperto, non è nulla in confronto di quell’asfissia che colpisce l’organismo delle industrie e degli uffici pubblici e privati, della metropoli. Nelle fabbriche gli operai, nei bureaux gli impiegati si riducono a quantità inerti, inefficienti; le operaie, le sartine, le typewriters non reggono a lungo alla fatica quotidiana: molti negozi, molte ditte son costrette a sospendere i lavori, per parecchi giorni, durante il periodo più caldo, e tutti, ad ogni modo, a chiudere i loro battenti per qualche ora del giorno, quando più arde la canicola.

New-York intanto si spopola. Si trasporta in campagna. È l’epoca dell’esodo classico: sembra che un pungolo misterioso ecciti ogni cittadino alla fuga dalla città di fuoco e di polvere verso le rive fresche