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300 IL BUON CUORE


n’era una, la signora T., molto graziosa e amabile, ma ingombra di quattro bambine con le relative donne: onde restava abbandonata sulla spiaggia co’ piedi nudi e le spalle coperte appena.

Credetti mio dovere di cavaliere aiutarla: lo che mi costò il soprabito, una scolla, e perfino gli stivali; senza contare che un contadino con una carretta a due cavalli ch’io ero andato a cercar sull’alto della ripa, inviandolo poi in prima all’incontro delle naufraghe, credè bene di non aspettarmi e di partir per Lübeck con tutte le viaggiatrici, sicchè restai lì solo, seminudo, fradicio sino al midollo, in faccia al mare, ove la nostra nave finiva di consumarsi lentamente. E dico bene finiva, perchè non avrei mai creduto che così gran mole potesse distruggersi tanto rapidamente. Non era più che una larga macchia fiammeggiante giacente immobile sull’acqua, solcata dai neri profili dei fumaiuoli e degli alberi su cui roteavano i gabbiani con volo grave e indifferente: poi un gran pennacchio di cenere disseminata di scintille che si diffondevano in vaste linee curve sui flutti già meno agitati. Questo è tutto? pensai; e tutta la nostra vita non è che un pizzico di cenere in balia del vento?

Fortunatamente pel filosofo che già cominciava a battere i denti, un altro carrettiere venne a raccogliermi. Il brav’uomo si fe’ pagare due ducati, ma in compenso mi avvolse con la sua pesante cappa e mi cantò due o tre canzoni Mecklemburghesi, che mi parvero molto carine. Così giunsi a Lübeck sul levar del sole; vi trovai i compagni di sventura e partimmo per Amburgo.

Là trovammo ventimila rubli che l’imperatore Nicolò, allora di passaggio per Berlino, ci aveva mandati per un aiutante di campo. Tutti gli uomini si riunirono e fu deciso di offrire questa somma alle viaggiatrici, cosa tanto più facile in quanto che di quel tempo un Russo in Germania godeva credito illimitato. Ora, purtroppo, non è più così!

Il marinaio al quale avevo promesso in nome della mamma somme enormi se mi salvava la vita, venne a reclamare il compenso; ma siccome non ero proprio certo che fosse lui, e che d’altra parte lui non aveva fatto per me addirittura niente: così gli offersi un tallero ch’egli gradì con riconoscnza.

Circa la povera cuoca che aveva mostrato tanta premura per la salute dell’anima mia, non l’ho più riveduta; ma, o arrostita, o annegata, sono sicuro che ha già un bel posto assegnato in Paradiso.

(dalle Straniere, di Ivan Turgheniew)

I progressi delle leggi operaie

nei paesi europei.

La politica interna dei paesi europei, ora che tutti i Parlamenti sono chiusi, non ha nulla di particolarmente interessante; è la calma estiva il periodo consueto del riposo e della preparazione. Mentre si sta riposando è utile ed opportuna una rivista rapida dell’opera legislativa sociale compiuta, negli scorsi mesi del 1912, dai diversi Parlamenti europei.

Il movimento delle leggi operaie che esprime la cura crescente dei poteri politici verso il proletariato, è uno dei fenomeni più salienti, che presenta per noi un interesse speciale in quanto, siamo in linea teorica, un partito, una scuola favorevole all’intervenzionismo statale.

Chi scorre la carriera legislativa sociale dei governi d’Europa, rileva subito che, tra tutti i problemi, quello che primeggia, che è maggiormente discusso, che preoccupa tutti i legislatori, è il problema delle assicurazioni operaie. Esso è il più complesso, il più difficile, il più grave per le conseguenze finanziarie. La intensità con cui il problema è sentito dimostra come si sono fatti dei grandi progressi e lo Stato ha un più alto concetto dei suoi doveri verso le classi lavoratrici. In ogni paese si parla di assicurazioni operaie; in alcuni paesi per attuarle, in altri per migliorare gli istituti già esistenti e per renderli più efficaci, per estenderne il beneficio.

L’assicurazione operaia è una parola la quale comprende le pensioni e le assicurazioni contro la invalidità, la vecchiaia, la disoccupazione, la maternità. Le pensioni operaie costituiscono la più viva preoccupa. zione in questo momento: i lavoratori le reclamano con crescente insistenza, ed i Governi non possono rifiutarsi di ascoltare questi reclami e queste rivendicazioni.

Il paese in cui le pensioni operaie furono oggetto di più vive discussioni è la Francia, dove la legge che le ha istituite, in seguito all’agitazione dei lavoratori ed alle richieste di autorevoli parlamentari, è stata corretta: le pensioni non saranno più concesse a 65 ma a 60 anni.

Bisogna riconoscere che il governo repubblicano è stato arditissimo con questo passo che viene a gravare il bilancio già oberato, di nuovi fortissimi oneri. Non sembra però che questa riforma insieme ad altre di minore importanza, abbia disarmato i rivoluzionari della Confederazione del lavoro che continuano a far opera di boicottamento della legge, chiedendo le pensioni gratuite. Ben diverso è stato il contegno dei cattolici sociali, che non si sono mai scostati da questo principio: «le pensioni operaie sono un’istituzione ottima in sè, sebbene difettosa e lacunosa in diverse parti. Accettiamo il principio e pensiamo di migliorarne l’applicazione». Essi hanno avuto il piacere di vedere riconosciuta alle società di mutuo soccorso la facoltà di costituire delle casse autonome per la raccolta delle quote. È un parziale riconoscimento di quel principio discentratore per cui l’organizzazione delle pensioni operaie ha da assidersi su un buon ordinamento corporativo professionale.

Dopo la Francia ci si presentano l’Inghilterra e la Svizzera, le quali, per il loro contegno e per le riforme presentate indicano che anche i paesi più liberisti per spirito e tendenze, non ripugnano più all’intervento statale.

L’Inghilterra è il solo paese europeo che è vero, la pensione non si gode che a settant’anni, età raggiunta da pochi operai, ma è innegabile che è stata una grande riforma.

E dopo di essa abbiamo visto in questi mesi, applicata l’assicurazione obbligatoria contro le malattie, l’in-