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290 IL BUON CUORE


mio ritorno. Chi di questi tre ti pare egli essere stato prossimo per colui che incappò negli assassini? E quegli rispose: Colui che usò ad esso misericordia. E Gesù gli disse: Va e fa anche tu lo stesso.

S. LUCA, cap. 10.


Pensieri.

Il nostro amor proprio non si darà mai vinto: anche là dove più chiara suona la voce ed il comando divino esso troverà sempre modo e via per isfuggire al dolce impero, per alzare il proprio capo in faccia a Dio e ripetere l’antico e sempre nuovo grido di ribellione: «non serviam!» io non voglio servire come... gli altri.

Per vero nulla di più manifesto che la volontà ed il precetto divino nell’amor del prossimo. Quel giurisperito che desidera la vita eterna — desiderio universale, che soggioga ed inquieta ogni coscienza da qualunque parte si trovi o militi — chiede a Gesù che debba egli fare.... per avere da Cristo istesso una risposta che l’umilia, lo sgomina e l’abbatte nella sua superbia. Oh! egli — giurisperito colto, intelligente — avrebbe voluto non la legge comune, ma una via eccezionale, qualcosa di straordinario: sapeva benissimo la legge — tantochè alla domanda di Cristo risponde bene e prontamente — ma egli la credeva ottima per tutti, insufficiente per se. E quando Gesù — ingenuamente e sapientissimamente — gli ha ricordato i comuni generali rapporti di giustizia e carità con Dio, il prossimo, ecc., non anco vinto, il superbo legale riprende il sofisma e l’inutile domanda: Chi è il mio prossimo?!... Se tutti fossero stati intelligenti, dotti, distinti come lui, oh! egli avrebbe ben capito chi era il suo prossimo, ma possibile che dovesse a lui essere prossimo quella turba infinita di laceri, cenciosi, indigenti, ignoranti peccatori che s’accalcava ed affollavasi intorno a Cristo? Anzi non credeva forse lui di giovare a Cristo — ch’egli crede intelligente così da rivolgergli la domanda, col ricordargli che non era degno di lui, della sua dottrina, dei suoi miracoli, dei suoi sacrifici un tale prossimo, quei miserabili degni tutt’al più di servire, d’essere conculcati e sfruttati, pago al più di buttare un tozzo di pane all’esigenze del loro ventre

Cos’avrà provato quel signore che tanto s’accaldava innanzi alla pace maestosa, alla tranquillità solenne, alla figura divina di Gesù semplice.... umano?!...

Non certamente al legisperito Gesù ha voluto dare colla narrazione del pio Samaritano la spiegazione del concetto «prossimo»: ciò che sia e che cosa importi di doveri e responsabilità una tale parola Gesù ha visto più avanti assai e per me, per tutti ha voluto dirci e presentarci questa nuova conoscenza, nuova al nostro egoismo, alla nostra individualità, al nostro amor proprio.

La narrazione o parabola è commovente: ogni commento guasta: leggerla e sentire nel nostro cuore un rimescolio di nuovi buoni pensieri, un cozzo col passato, coll’antico, è una necessità.

Necessità che umilia leggendo che innanzi al ferito a morte — povero peccatore! recidivo! consuetudinario! — passa senza degnare d’uno sguardo, torcendo il capo per non essere disturbato nè dal lamento, nè dal sangue che cola dalle piaghe numerose, un.... sacerdote!... Come avrà sperato quel ferito in lui ch’avrà scorto da lontano avvicinarsi passo passo forse pregante, composto, col viso atteggiato a serenità, col sorriso sul labbro.... Come avrà sperato l’aiuto.... l’essere risollevato, l’aver lavate, ristorate le piaghe.... ricondotto a casa sua, nell’ovile sicuro dove avrebbe trovato pace.... sicurezza.... Oh! ministri del santuario, intorno a voi una intera società geme, tortura sotto le piaghe vergognose che l’ambiente, la suggestione, i cattivi hanno inflitte.... Lo spettacolo della società è straziante, è duro, è ripugnante. Il peccatore urta e stomaca: non passate, fermatevi, fermatevi là dove più forte è il dolore, più vergognosa la caduta, più ostinata e più dura la colpa. Vostra missione è il piangere, il pregare: è lo scendere dal cielo, dall’altare giù giù fino sulla terra, aiutare chi giace, chiudere ferite, sollevare coll’ala della fede, coll’esempio di vostre virtù e sacrifici chi vi dà un ben più doloroso spettacolo che non il viandante di Gerusalemme.

Passa il Levita: è il giovine che serve all’altare, che a Dio aspira, che di Dio s’è fatto porzione ed eredità.... Sono i mille, sono le tante che Dio hanno sentito più degli altri, che di lui si sono fatto una cura speciale, che si guarderebbero d’una mancanza ad una esterna forma di religione. Eppure — atrofizzati nei migliori sensi umani passano leggermente: a loro la fede resta un chiuso, resta un essere senza anima, una luce che non illumina, una carità che non riscalda, un’energia senza vita....

Perchè vi lamentate se il mondo, i cosidetti cattivi, gli avversari vi accusano e vi odiano? Non ne siete la causa? Non è la vostra mente settaria, gretta, piccina la vostra intolleranza con tutti e con tutto, che vi fa ripugnanti, impossibili ad essere avvicinati? Non urta il vostro contatto? Non è chiuso — ermeticamente — più che la vostra borsa il vostro cuore? Il vostro danaro, la vostra beneficenza è la pioggia che ristora, o non invece la goccia che irrita maggiormente? La vostra parola di conforto, di coraggio è voce blanda d’amore, di pace, di soavità che alletta o non invece l’aspra voce di chi castiga, riprende e abbatte? È la carità di Cristo che vi muove od il vostro io egoistico personale, che è infastidito, irritato da questo prossimo garrulo, irrequieto e noioso?!...

Vi passò il Samaritano: l’eretico, il mondano, colui che non ha fede, che è lontano da Dio e.... leggete le buone parole, studiate nel Vangelo le cure buone e sante... leggete e commovetevi!...

Era un viandante: dunque un poverino che ciò faceva costrettovi dai bisogni della vita, solo, non aveva aderenze, non era giovine, non era.... simpatico in una parola. Eppure là dove non si spinse il sacerdote, il levita, si chinò il.... pio Samaritano; si chinò l’uomo del cuore, l’uomo senza pregiudizi, l’uomo della carità a fatti, non a parole....