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274 IL BUON CUORE


ogni stormire di fronda, ogni parola, ogni accenno a noi, alle nostre persone.... quale spina per noi un solo spiraglio di luce nella nostra condotta!... con qual cura giustifichiamo lo studio di nascondere i nostri atti, di seppellire nel secreto le nostre tendenze, di chiudere nei penetrali di casa le.... vergogne nostre! con quale abilità sappiamo dare il bianco della fede, dell’onestà, dare il color di vita a ciò che è impostura, calcolo, egoismo, turpitudine, morte?!

Oh! buon Dio, dove troviamo in noi il re sapiente, il giudice egregio, il censor del costume, il custode esatto della legge, il vindice dell’innocenza, la pena del delitto, l’espiazione della colpa?!

Oh! se si tratta di chi ci sta attorno! Ma di noi come si tace, come si occulta, come.... ci si agita e tormenta in incertezze segrete sì, ma che sono di morte!...

B. R.

Educazione ed Istruzione


La Madonna della Neve


In una ardente notte d’agosto dell’anno di nostra salute 352, Giovanni, patrizio di Roma, sognò uno strano sogno. Gli sembrava di essere a letto nella sua casa, quando il cielo si era aperto all’improvviso e ne era discesa la Beata Vergine che gli aveva ordinato di edificare una chiesa in onor suo in quel luogo dell’Esquilino dove avrebbe trovato il suolo coperto di neve.

Appena sveglio, e con la testa ancora confusa dalla sua visione, egli si era recato all’Episcopio lateranense per raccontare al pontefice Liberio quanto aveva veduto nel sonno. Ma aveva trovato il palazzo papale pieno di confusione per un miracolo avvenuto durante la notte. Si diceva che la Vergine era apparsa nel sonno al vescovo di Roma e gli aveva ordinato di costruire una chiesa in suo onore in quella parte dell’Esquilino dove avrebbe trovato della neve sul suolo. Il patrizio Giovanni stava già per dire come anch’egli avesse avuto la medesima vista divina, quando un diacono di Santa Prassede, facendosi largo a traverso la moltitudine che ingombrava il palazzo, veniva ad annunciare che «era caduta la neve in un largo piazzale poco distante dalla loro chiesa e proprio di fronte alla basilica di Giunio Basso, in quella parte dell’Esquilino detto Cispio».

Il miracolo era dunque palese, l’ordine della Vergine perentorio.

Non appena il papa Liberio ebbe saputo del duplice sogno, riunì i dignitari della Chiesa e processionalmente, a piedi nudi, seguito da tutti i suoi diaconi che cantavano inni, si diresse al luogo del miracolo dove, avendo riscontrato l’esattezza di quanto i messi di Santa Prassede avevano asserito, tracciò col pastorale i confini della futura basilica sulla neve ancora compatta e ordinò che i lavori cominciassero al più presto. La qual cosa avvenne come egli aveva desiderato, perchè quat-
tordici anni dopo era stata compiuta una fra le più illustri chiese di Roma dedicate alla Vergine e che appunto per la sua grandezza e per la sua importanza fu chiamata di Santa Maria Maggiore, titolo che aveva in breve sopraffatto quello ufficiale della Vergine Deipara, col quale l’aveva battezzata papa Liberio.

La bella leggenda della bella chiesa è questa: leggenda che è stata illustrata dai mosaici del Rusutti, dai bassorilievi di Mino del Reame e dai quadri di molti pittori che s’ispirarono alla credenza primitiva. La quale non fu sempre accettata senza discussione nemmeno dalla Chiesa. Perchè quella nevicata in pieno agosto, fra lo stridere delle cicale e il fiorire degli oleandri, parve in tempi più vicini così straordinaria, che Benedetto XIV non esitò a proporre che fosse cancellata dal Breviario Romano 1. La proposta non fu accolta o per lo meno lo fu a metà: e fu in bene, giacche quello che la fede rifiutava or sono duecento anni la scienza ammette oggi. Nevicate d’estate ne possono sempre accadere — a Parigi quest’anno ci sarebbero da edificare cento basiliche al giorno — o per lo meno se non si tratta proprio di neve, si tratterà di qualche altra materia. Spoglie innumerevoli di pieridi — per esempio — che cacciate dal vento e travolte dalla tempesta si sarebbero accumulate in un punto qualunque della città. In ogni caso, il fatto non sarebbe nuovo e gli annali entomologici hanno dovuto registrarlo più d’una volta.

Del resto, accade oggi un fatto curioso, che mentre gli atei non rifiutano in modo assoluto la leggenda della neve di agosto, gli scrittori religiosi e gli animi timorati ne parlano poco volentieri. La scienza, è vero, questa volta afferma; ma la scienza ha negato tante volte che non si sa più se si deve crederle in modo assoluto. In ogni caso è bene che il fatto rimanga per lo meno dubbio: è alla sua credenza che noi dobbiamo la bellezza di qualche opera d’arte e la gioia di una festa romana.

L’opera d’arte si conserva ancora intatta ed è il grande mosaico che era anticamente sulla facciata esterna della basilica, e oggi si trova chiuso nella loggetta settecentesca, che Benedetto XIV fece edificare

  1. Qui, probabilmente, fu fatta confusione fra la discussione avvenuta a quei tempi attorno ad alcune circostanze del fatto «meraviglioso» e la opposizione in merito al fatto medesimo. La dissertazione fatta dal card. Lambertini (Benedetto XIV) non fu in opposizione al fatto, ma verte precisamente sulle varie versioni delle circostanze del medesimo, come ad esempio quella del grafico disegno del terreno smosso, e del nuovo titolo applicato alla Festa «Dedicatio Ecclesie S. Mariae ad Nives, etc.».
    Tanto che il sullodato cardinale, Benedetto XIV, a conchiusione di ogni disputa dissipata, dichiara «Pius V Breviarum Romanum a se emendatum, in quo Ufficium etiam in pesto Dedicationis S. Mariae ad Nives correptum edidit et Universo Orbi Catholico recitandum proposuit».
    Così che, sin d’allora, ed al presente, tanto nel Rito Romano, come nel Rito Ambrosiano, si trova mantenuta la Festa della Dedicazione di S. Maria della Neve. Anzi nel Breviario Ambrosiano si allega una Lezione de proprio relativa al fatto «celebrato»; benchè, per altro, non si faccia di esso menzione speciale nel Prefazio del Messale.