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190 IL BUON CUORE


Vero che ci spinge là dove troviamo il bisogno, vero che ci caccia anche là dove siamo urtati — rozzi, ignoranti, repellenti per cenci, vizi, vecchiaia, acciacchi. — Vero che senza accettazione di persone — parzialità — ci dica il fratello di Cristo in tutti, tutti anche e più dove troviamo l’....antipatia, parola sconosciuta al vocabolario cristiano.

Per questo provochiamo Dio quando la nostra azione s’ispira ad altri criteri, umani, gretti, egoistici. Imitate la misericordia del Padre — ultimo, solo modello di giustizia, non sostituendoci noi a lui pretendendo che gli altri uomini si modellino sopra di noi, noi ciechi e pretenziosi in nostra superba follia da vedere — così pronti — la pagliuzza altrui, noi che abbiamo l’occhio occupato dalla grossa trave della nostra persona, del nostro essere, di noi.

B. R.

Educazione ed Istruzione


NELL’ANNIVERSARIO DI UN GRANDE


NICCOLÒ PAGANINI

(Dal Corriere d’Italia).

(Continuazione e fine, vedi n. 22).

Egli aveva allora quarantasette anni, ma ne dimostrava assai di più. Altissimo, magro, d’un pallore cadaverico, aveva lunghi capelli neri spioventi sul colletto dell’abito, un gran naso aquilino, occhi vivi, penetranti; bocca rientrante e sarcastica, gote cave, su cui venivano a disegnarsi due grandi rughe, profonde come solchi, che ricordavano gli f del suo violino.

Aveva un’andatura dinoccolata, e il fianco sinistro più sporgente; e questo spostamento dell’anca — che ci viene tramandato anche nelle caricature del Mantoux e del Dantan — appariva evidentissimo quando egli prendeva la posizione per suonare.

L’esito del concerto sorpassò ogni più lieta previsione: il pubblico sembrò in preda ad entusiasmo delirante, a una vera follia di esaltazione, che si tradusse in grida, in applausi interminabili, in pioggia di fiori. Nessun artista fu mai oggetto di tanta ammirazione.

Si dice che all’uscire da questo primo concerto, la Malibran parlando con un amico di Paganini della preghiera del Mosè, ch’egli aveva eseguita, lamentasse che il grande violinista, meraviglioso di abilità, non sapesse «cantare».

Paganini riseppe il giudizio, piuttosto avventato, della cantatrice e nel secondo concerto improvvisò una variazione sulla quarta corda così calda di sentimento e vibrante di commozione, che gli ascoltatori ne furono scossi fino alle lacrime. Si vuole anche che proponesse alla Malibran di eseguire lo stesso pezzo egli sul violino, ella con la sua dolcissima voce; ma la celebre cantante si dichiarò vinta, e l’originale sfida non ebbe seguito.

Esattissimo nell’intonazione, prodigioso nel meccanismo, Paganini sapeva trarre dal suo strumento una ricchezza incomparabile di timbri, così da rendere la sua esecuzione straordinariamente varia e ricca.

Un giorno Paër — di cui Paganini si diveva «obbligatissimo allievo» — aveva eseguito un duo col sommo violinista. Alla fine Paër, entusiasmato domandò a Paganini il favore di rieseguire il pezzo, ma trasportandolo sulla quarta corda. E l’altro, sorridendo: «Caro maestro — rispose — è solamente sulla quarta corda che ho eseguito tutto il brano!».

Paër, che non era certo il primo venuto, non se ne era accorto!

Dai suoi giri artistici a traverso l’Europa, e specialmente dai suoi concerti in Francia e in Inghilterra, Paganini raccolse una fortuna enorme: e alla sua morte, avvenuta a Nizza il 27 maggio 1840, suo figlio ereditava oltre diverse possessioni, tra cui notevole la villa Gaiona vicino a Parma, un patrimonio valutato oltre un milione e mezzo.

Ma la storia di Paganini non s’arresta con la sua morte; e come se il destino avesse voluto che ogni cosa riguardante quest’uomo di genio fosse straordinaria e desse adito alla leggenda, la sua spoglia mortale dovè passare per molteplici peripezie prima di essere definitivamente composta nella pace del sepolcro.

Subito dopo la sua morte l’arcivescovo di Nizza, forse tratto in errore da tutto ciò che sul conto del celebre artista si era andato inventando da oltre un trentennio, credette opportuno negargli la sepoltura ecclesiastica. Il corpo del Paganini fu allora imbalsamato ed esposto per parecchi giorni nei suoi appartamenti, su una specie di predella, dinanzi alla quale sfilarono ininterrottamente i visitatori.

Dopo qualche giorno il cadavere fu deposto in una cassa; ma era tale il numero degli ammiratori accorsi da ogni parte del mondo a Nizza per rivedere ancora una volta il grande scomparso, che fu dovuto applicare alla cassa un coperchio di cristallo.

Ci fu perfino un affarista che offrì 30.000 lire per trafugare il cadavere allo scopo di andarlo ad esporre in Inghilterra!

Intanto l’autorità, per tagliar corto, fece prendere il cadavere, e sotto scorta armata lo fece trasportare al lazzaretto di Villafranca alla punta di Saint-Hospice.

Un’altra versione afferma che il corpo di Paganini fu trasportato per mare a Genova, dove però, causa il colera chè infieriva a Marsiglia, la piccola nave non fu ammessa a libera pratica; nè mancarono altre leggende.

Finalmente, sollecitata l’autorità del Papa, la salma di Paganini potè essere sepolta cristianamente nella villa Polevra presso Genova, dove il Pontefice autorizzò una sepoltura provvisoria.

Il cadavere fu esumato nel 1853, e i resti mortali di Niccolò Paganini furono trasportati nel ducato di Parma e sepolti nella villa Gaiona, dove rimasero fino al 1876, anno in cui vennero trasferiti al cimitero di Parma.

Ma sembra che la pace sia negata alla salma, e nel 1893 la tomba fu ancora aperta alla presenza del figlio