Pagina:Il buon cuore - Anno XI, n. 19 - 11 maggio 1912.pdf/6

150 IL BUON CUORE


struoso apparato d’infiltrazione e quindi di circolazione sotterranea. Due condizioni esige il fenomeno d’infiltrazione: penetrazione lenta dell’acqua attraverso le fenditure e gli interstizi del suolo e la permeabilità dei terreni. Quando le due condizioni si avverano, presto o tardi si forma la zona acquifera, che Lapparent chiama nappe d’infiltration.

Il dono del Nilo

Mirabile la zona acquifera!

Due strati impermeabili la chiudono come fra due pareti, gelosamente. L’elemento vitale è lì, scorre silenzioso, come un monaco nel solingo corridoio del suo chiostro. Per uscirne non ha bisogno che di un cenno. Se la mano dell’uomo arriva a perforare la sua prima parete, essa gli salta al collo nell’impeto vivo dell’amore, che ritrova il fratello (non chiamava S. Francesco sirocchia l’acqua?) e allora abbiamo il pozzo artesiano. Se poi la pressione del suolo viene a coincidere col suo alveo, allora esce, zampillando o scrosciando, non offesa però di essere tolta alla sua calma, al suo ritiro: ma lieta per la letizia, che arreca: e allora abbiamo la sorgente.

Ma donde le acque sotterranee del Sàhara? Sarebbe forse troppo il dire che la scienza si trova innanzi a un mistero; ma il problema non è uno dei più facili della dinamica terrestre interna. Russeger attribuiva al Nilo il dono delle acque nel Sàhara Libiano. Per lui non solo l’Egitto, ma le aosi di Khargeh, Dokhar, Farafrah sarebbro doni del Nilo, che loro passerebbe l’eccesso delle sue acque. Le oasi poi della depressione nordica sarebbero per Russeger il dono delle acque, che cadono sugli altipiani della Cirenaica. Nessuna difficoltà per quest’ultima, ma per le prime Zittel insorse a sfrondare dell’aureola di padre il Nilo. Davano appoggio alla sua controtesi e la temperatura delle acque più alta della media dell’Alto Egitto, e le condizioni stratigrafiche delle oasi libiche per cui si potrebbe avere una affluenza da queste al Nilo, giammai dal Nilo all’oasi.

Checchè ne sia di queste opinioni geologiche, l’acqua esiste. Metereologicamente parlando il Sàhara parrebbe condannato ad essere in tutto, quello che gli arabi dicono della sua atmosfera, di fuoco. Ma l’acqua vi è. Lesseps ci dice che fra Biskra e il golfo di Gabes a 1200 metri dal mare, nel 1883, si scopri a 30 metri una polla d’acqua, che dava 8000 litri al minuto.

Non per nulla il Sàhara ha il suo sistema orografico. E Dio, ci dice nel più epico dei Salmi (103) «dagli alti palagi innaffia i monti e dai monti l’acqua scende». Martin, che descrive il torrente che esce dalla montagna, si allarga, diventa poi piccolo ruscello, perchè il terreno lo beve, e scompare e le cui acque poi l’arabo, scavando, ritrova sotto la sabbia, pare faccia un commento geologico al salmo biblico. Anche una volta i monti, che circondavano il Sàhara, dai cui fianchi escono torrenti che creano i deserti di erosione, come lo chiamò la prima volta Desor. I monti ci danno la più accettabile spiegazione delle acque sotterranee.

Queste parole ci determinano quello che Stoppani chiamò il sistema idrografia interna, cui si deve se il
deserto può essere abitato, a cui l’Africa tenebrosa dovrà un giorno il suo incivilimento. Le condizioni climatologiche del Sahara sono tali, che favoriscono la evaporazione più la intensa e la più rapida. Se si potesse inondarlo da farne un lago navigabile da battelli, che pescano molto, in poco tempo sarebbe prosciugato, sì forte vi è la evaporazione. Innanzi a questo, che ha fatto la Provvidenza? Ha attuato il sistema di idrografia interna. Ha nascosto le acque, perchè il sole non le bevesse, fossero così conservate alla conquista dell’uomo. Di qui i pozzi di cui è così grande traccia nella Bibbia, nel commovente racconto di Agar, nella storia dell’alleanze di Abramo, nella vita di Isacco cui l’invidia dei Palestini ostruiva i pozzi del padre suo, e che hanno somministrato ad Isaia la vivida immaginazione per rappresentarci la letizia, la vita della Redenzione (35, C). In una parola, gli antichi conoscevano e scavavano i pozzi. Fazio ci ha conservato le parole di Olimpiodoro: «Nell’oasi del Sahara gli abitanti usano praticare degli scavi di 30 a 80 metri in circa dai quali spiccia in alte colonne un’acqua limpidissima».

L’Africa di domani

Se uno spazio maggiore ci fosse consentito noi vorremmo descrivere minutamente le condizioni attuali, del Sàhara, e ciò che presumibilmente esso potrà rappresentare nell’avvenire e potrà essere quando la civiltà avrà tutto compenetrato il continente nero. Pure per la mia esperienza, per la mia lunga permanenza in quelle regioni interessanti e meravigliose posso avventurar dei presagi, che sono basati su fatti ed osservazioni che qui non è possibile riferire.

Non tutto è nero nel nero continente. Possiede anzi risorse, che sono utilizzabili in larga scala. All’Ovest e al Nord ha il mare. Abbondanza alla periferia e nell’interno di acque sotterranee, che aspettano di essere chiamate per rispondere con slancio alla voce dell’uomo, e correre apportatrici di letizia e di vita. Oasi fertili, che sotto la mano di laboriosi e intelligenti operai centuplicheranno la loro attività, i loro prodotti. Per di più le ferrovie potrebbero con poco e presto, diventare una rete, che allacciasse l’Algeria, la Tunisia e la Tripolitania al Senegal e alle regioni bagnate dal Niger e dal Nilo.

Ho detto con poco e presto. Senza dubbio piene di difficoltà sono le costruzioni di ferrovie in regioni desertiche. Le difficoltà però che presenta il Sàhara, e diciamolo pure, la Tripolitania, a questo punto di vista, non sono così gravi come quelle che ebbe la Russia a combattere nell’Asia.

Le solitudini terribili fra il Caspio e Mery furono vinte. Si ricordi per giustificare il mio con poco e presto che i deserti asiatici si trovano in peggiori condizioni dei deserti sàhariani. Non hanno acque sotterranee, non fertili oasi e sono separati dal mare, il che vuol dire che sono lontani dai centri di pressione barometrica, poichè gli oceani si riscaldano meno, diventano centri di permanenti depressioni e i continenti sono causa di elevazioni forti nella temperatura. Il lavoro dell’uomo, nel Sàhara, ha per questo minori difficoltà da vincere. Avanti dunque. E’ tutta una visione di creazioni no-