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138 IL BUON CUORE


luminose, su ai più alti culmini in mirabili ascensioni. Erano quei momenti sublimi che lo trasfiguravano, dandogli l’aspetto di un profeta ispirato. Così la sua predicazione riuscì diffusione di santo amore, sostenuta dalla quotidiana assiduità, come opera di redenzione continuata nei rapporti individuali delle coscienze, nel sacramento del perdono. Quanti ricordano ancora la sua figura dolce e imponente al capezzale dei morenti! Fu Lui che prestò le estreme assistenze a Manzoni ed a Verdi; Lui che, impareggiabile consolatore, tra famiglie in lacrime, trovò sempre nel dolore stesso la ragione del conforto. Nel suo apostolato d’amore, dilezioni sue furono l’infanzia, l’adolescenza, gli sposi.

Il ministero del Catena s’integrava poi nell’apostolato di carità, una carità benefattrice dell’indigenza, livellatrice delle classi sociali, consolatrice nei dolori. La questione sociale egli intuiva con esattezza di criterio, non per mirare ad un’eguaglianza chimerica, irraggiungibile, ma per una parità di diritti e di doveri, per l’umana dignità.

Tra gli ammiratori del Catena l’oratore rammenta Contardo Ferrini, il quale da lontano sentiva la nostalgia dell’ambiente di San Fedele, e così scriveva da Berlino in un momento di sconforto e d’indicibile aspirazione al luogo nativo: «Oggi, domenica, vorrei poter volare, scendere in mezzo a Milano, entrare in San Fedele, sentir rinnovarmisi lo spirito al suono di parole che diresti ispirate».

L’oratore accenna poscia al valore artistico dell’opera letteraria del Catena, specie alle epigrafi, che rispecchiano la sua caratteristica personalità con quelle frasi granitiche, nelle quali vibra tutta l’anima del sacerdote, del pastore, del patriota, che ha stampato la vita del suo tempo e scolpito care fisonomie nell’identità dei loro tratti.

A questo punto il conferenziere che ha saputo assimilare e armonizzare le alte idealità del Catena, esprime il desiderio di veder profuso il tesoro della sua produzione letteraria che rimane nel silenzio. «È una vera nostalgia — egli esclama — che si prova per i suoi scritti!».

Ma noi, per la verità, ricordiamo come il Catena rifuggisse dal mettere la sua parola viva sulla fredda carta, ritenendo che essa perdesse troppo del suo effetto. Infatti il Catena era oratore ed epigrafista più che scrittore nel vero senso della parola, ed apparteneva ad un drappello di valenti, il Testa, il Maggioni, l’Annoni ed altri, che, come Lui, seppero affascinare intere generazioni colla parola viva e scintillante, eppur non lasciarono lavori facilmente pubblicabili. Il Catena, all’inizio della sua carriera sacerdotale, scrisse belle note intorno ad un pellegrinaggio da lui compiuto pedibus calcantibus all’eterna città col suo degno compagno don Angelo Stoppani; scrisse pure belle note sul fortunoso viaggio di una carovana milanese nel 1870 Da Milano a Damasco, e lasciò importanti appunti storico-filosofici, attinti alla scuola rosminiana del celebre Pestalozza: ma, pur ammettendo che gli studiosi possano far tesoro di quel prezioso materiale, noi dubitiamo che se ne possa fare una pubbli-
pubblicazione rispecchiante il Catena dalla vivida, fatidica parola.

Con affettuoso slancio poetico il conferenziere ha richiamato l’eremo dell’amato Prevosto, Lezza, il prediletto soggiorno di Lui, il luogo del suo tramonto, fatto di abbandono e di solitudine. Abbandono, perchè la madre, gli amici, il collega Testa, l’amato Stoppani erano scomparsi nell’infinito; solitudine, perchè Egli era troppo concentrato nella sua parte più intima, e si rammaricava per l’opera sua non sufficientemente efficace, come se non avesse fatto abbastanza per la sua famiglia spirituale, che sempre amava d’amore infinito!

L’oratore rievoca l’ultimo atto compiuto dal Catena appunto nella chiesina di Lezza, benedicendo nozze da Lui paternamente auspicate, quando imminente era la sua fine. Funzione straziante per il contrasto tra la limpidezza del pensiero e la decadenza fisica, per lo sforzo di Lui che voleva intonarsi alla letizia dell’evento famigliare, per la commozione di chi vedeva e sentiva chiudersi in quel giorno la missione dell’amato Pastore, che pur ebbe parole elevate, scendenti come testamento su quelle giovinezze inginocchiate ai piedi dell’altare.

Fu infatti l’ultimo suo saluto. Era il 5 di ottobre del 1902, e il 30 dello stesso mese la campana funebre annunciava il passaggio di quella grand’anima.

Quante famiglie rimasero inconsolabili per tanto bene perduto!

L’oratore concluse la sua bella e commovente conferenza rivolgendosi particolarmente alle signore, che si raccolgono in sodalizio intitolato a Catena per una opera di carità come quella della cura di Salsomaggiore ai malati poveri.

«Voi — disse — siete le interpreti del suo spirito, simbolo vivente dell’alleanza feconda del fervore religioso col senso di patria, perchè nell’ora di prova che attraversa l’Italia, estendete ai colpiti dalla guerra il vostro beneficio. Al vecchio senso di carità allacciate il sentimento di patria, sicure del suo pieno assenso!».

Applausi e congratulazioni coronarono la chiusa del nobile lavoro, che per unanime consenso sarà pubblicato a cura della presidenza dell’Opera Pia Catena.

La commemorazione terminò con un coro gentile, eseguito con grande sentimento dalle allieve cieche dell’Istituto.

Ora noi esprimiamo il voto di una funzione commemorativa, nel preciso giorno di ricorrenza del decennio dalla morte dell’indimenticabile Pastore: 30 ottobre.

A. M. Cornelio.

OPERA PIA CATENA

(cura di salsomaggiore).

OBLAZIONI.

Signora Bauer Carlotta |||
 L. 50 ―
Signora Ferrari Maddalena |||
   » 5 ―
Signor Anelli nob. avv. Carlo Annibale |||
   » 10 ―
Sorelle Beria-Hayez |||
   » 10 ―
G. nel genetliaco di R. B. M. |||
   » 15 ―
† Dott. Ermenegildo Rocchini (socio perpetuo) |||
   » 100 ―