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134 IL BUON CUORE

Il servo grave e jeratico, con un sommesso «proszen pana: — prego signore», che sonava più assai l'ossequio pel padrone che l'ospite, mi mostrò l'uscio dello studio, aperto. Nella penombra, libri, carte, fotografie, stampe d'arte s'accumunavano attorno, in ordine, in una quiete raccolta.

Attesi un poco, in piedi, guardando all'uscio dal quale immaginavo dovesse uscire il grande uomo: e lo vidi entrare poco dopo, non alto come me lo ero figurato, ma smilzo ed eretto, con una bella testa grigia a cui il pizzo alla moschettiera prestava la fierezza dei suoi eroi.

Il colloquio fu breve. Si parlò innanzitutto e sopratutto, di lui, dei suoi romanzi, delle loro infedeli traduzioni italiane; della Polonia, poi — e lo fece in termini recisi e brevi, quasi pauroso a dir troppo — e dell'Italia, dove il romanziere ha abitato un anno e mezzo.

Quando io volli portare il discorso sulla moderna letteratura polacca, il grande romanziere se ne uscì con poche frasi, evasive e severe, — tanto che io non ebbi più il coraggio di rientrare quell'argomento — e ritornò a parlarmi di sè, con una strana insistenza, con una passione non scevra d'asprezza, e a domandarmi in quale stima egli fosse tenuto in Italia, ancor oggi, con una certa avidità di particolari...

In ultimo, come io domandavo al romanziere qualche notizia sul suo romanzo, che veniva pubblicando, il Kurjer Warszawski, egli me ne accennò con soddisfazione la trama: le avventure di due fanciulli nell'Africa del Sud...

(Continua).

Religione


Vangelo della domenica terza dopo Pasqua


Testo del Vangelo.

Disse Gesù ai suoi discepoli: Un pochettino e non mi vedrete: e di nuovo un pochettino e mi vedrete, perché io vo al Padre. Dissero però tra loro alcuni de' suoi discepoli: Che è quello che egli ci dice: — Non andrà molto e non mi vedrete, e di poi, non andrò molto e mi vedrete, e me e vo al Padre? Dicevano adunque: Che è questo ch'egli dice: Un pochettino? non intendiamo quel ch'egli dica. Conobbe pertanto Gesù che bramavano di interrogarlo, e disse loro: Voi andate investigando tra di voi il perché io abbia detto: non andrà molto e non mi vedrete, e di poi: non andrà molto e mi vedrete. In verità, in verità vi dico, che piangerete e gemerete voi, il mondo poi godrà; voi sarete in tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gaudio. La donna, allorché diventa madre, è in tristezza, perché è giunto il suo tempo: quando poi ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'affanno a motivo dell'allegrezza, perché è nato al mondo un uomo. E voi adunque siete pur adesso in tristezza; ma vi vedrò di bel nuovo, e gioirà il vostro cuore e nessuno vi torrà il vostro gaudio.

S. GIOVANNI, cap. i6

Pensieri.

In queste parole di Gesù — dette a modo oscuro — due sono le interpretazioni da tenersi: la prima l'interpretazione secondo il senso letterale, profetica l'altra maniera.

Ad ottenere il senso letterale — osservato a chi, in quali di circostanze furono detti tali parole — facile si scopre come Gesù volesse, parlando ai suoi apostoli, prepararli al grande episodio finale di sua vita: la passione. Ove Egli l'avesse loro manifestato in tutta l'enormità delle sofferenze e delle torture ch'avrebbe sopportato, essi — deboli e troppo umani ancora — avrebbero avuto scandalo e sconforto: avrebbero creduto bene la prima profezia riguardante i dolori e le umiliazioni del Cristo: avrebbero dubitato e fors'anco negata la posteriore risurrezione e gloria: avrebbero capito il proprio dolore ed avvilimento, la gioia de'nemici, non avrebbero creduto mai alla gloria che sarebbe sopravvenuta al disinganno ed alla sconfitta del mondo. Usa però Gesù le parole di colore oscuro, che — a fatto compiuto — brillano invece d'una vivissima e candida luce. Annunciava loro la vicina sua morte, a cui avrebbe fatto — dopo tre giorni — seguito glorioso la sua resurrezione.

Nel senso ed interpretazione profetica Gesù non parlava solo agli apostoli, ma a tutta l'immensa turba dei suoi futuri seguaci, in quel momento dagli apostoli rappresentata: questi non debbono più credere che Gesù morto es asceso al cielo ci lasci soli e indifesi ,perpetuamente privi di lui. No, ci si mostra in quelle parole tutto il suo spirito buono e preoccupato di noi come allorché disse: Vado al Padre mio: non vi lascerà orfani: vado e ritorno da voi, con voi fino al termine dei secoli.

Partito di qui nelle sue vesti mortali, Gesù sarenbbe tornato a noi in una vita più pura eppur realissima, in una vita arcana e verissima, nella vita sacramentale, eucaristica, in una vita migliore poiché noi di Lui vivendo, lui desiderando e seguendo, l'avremmo in un vivo, vero reale contatto colla nostra mente, col nostro cuore, col nostro spirito, colla nostra vita in una sola parola. Liberi da minori considerazioni, il nostro spirito avrebbe vissuto e palpitato solo di Gesù e per Gesù così da strappare a S. paolo le grandi parole: per me vivere è Cristo! Più di questo non può sognarsi unione di vita maggiore, quando sopprimo la mia vita per vivere la vita in Cristo.

E tale è la grazie della vita cristiana, il bisogno di lui, che l'assenza di Gesù — del suo spirito, delle sue verità, della sua virtù — è tristezza indicibile a noi, è gaudio pei tristi, pei cattivi.

La storia delle nazioni ce lo prova. Regioni e popoli d'ieri, civili finché brillò su loro la luce di Cristo, sono ripiombati nell'abbruttimento, nella ferocia, nella più profonda barbarie allorché s'impallidì e s'oscurò l'astro radioso della fede. La terra d'Origene, di Tertulliano, di S. Cipriano, di S. Agostino, la terra che