Pagina:Il buon cuore - Anno XI, n. 15 - 13 aprile 1912.pdf/6

118 IL BUON CUORE


duzione mistica e teologica, consentendole atteggiamenti ed efficacie di cui dovrà tener conto chiunque voglia abbracciare e approfondirne l’anima nella stia integrità e pienezza.

Ernesto Tanlongo.

(Continua).

Religione


Vangelo della prima domenica dopo Pasqua


Testo del Vangelo.

Verso sera del giorno in cui Cristo era risuscitato, due discepoli suoi da Gerusalemme si recavano ad Emmaus. Lungo il cammino un viandante li raggiunse ed andava con loro. Essi non lo conobbero e discorrevano con lui. Quei due dicevano d’aver sentito dire dalle donne come il sepolcro di Cristo fosse trovato vuoto ed Egli apparso ad esse, ma che loro non ci credevano come.a sogni di menti esaltate e si lamentavano perchè Cristo — come speravano — non avesse redento Israele.

Ma il Viandante ch’era con loro li rimproverava della loro incredulità ricordando ad essi le parole dei profeti e dello stesso Gesù, eccitandoli a credere nella sua risurrezione. Intanto ch’Egli parlava quei due discepoli sentirono in cuore molto conforto, e giunti ad Emmaus lo pregarono di trattenersi con loro essendo già sera. Il Viandante accettò e sedette a cena con loro. Ma mentre erano a mensa quell’Uomo d’un tratto cangiò aspetto, prese un pane, lo benedí e divisolo lo diede ad essi. Quei due, meravigliati, riconobbero che era Cristo, ma Questo benedettili di nuovo scomparve dai loro occhi, lasciandoli ripieni di consolazione.

Dopo ciò i discepoli s’affrettarono a ritornare a Gerusalemme per narrare agli altri la risurrezione di Cristo e come essi l’avessero riconosciuto nel dare a loro il pane.

S. GIOVANNI, Cap 23.


Pensieri.

«Speravamo....» Così i discepoli che mesti, desolati sfogano con Cristo — a loro ascoso — la loro crudele disillusione. Avevano aspettato la salute d’Israele... la gloria del regno temporale, l’antico splendore del tempio, ritornata l’antica maestà del culto e del rito, liberi i figli d’Israele di cantare sugli spalti di Gerusalemme l’antiche e liete canzoni di gloria. La stella fulgida di Cristo — uomo potente nella dottrina e nell’opera presso Dio ed il popolo — aveva risvegliato un momento le assopite speranze. Meteora fulgidissima sparve — colpita più duramente — ricacciando in un bujo più denso, nero, disperato quel popolo che aveva sperato. Crudele sogno! amara disperazione; incomincia ora l’avvilimento dell’ormai abbandonato al destino, al durissimo fato.

«Speravamo....». Chi è che in questi giorni non abbia raccolto simile, desolato grido dei peccatori che la Chiesa invita a rifugiarsi in Cristo?... Non è il
grido di tutti gli illusi del piacere, del fasto della vita? Non è duro, disperato il dolor cupo e nero di questa parola dopo la vivacità delle feste, dopo l’ebbrezza e la follia delle passioni, dopo il sacrificio — durato una vita intera — in cerca d’un vero umano, d’una morale di convenienza?

La vita di Cristo aveva ridestato l’antiche speranze: la sua morte ignominiosa, il paragone coi furfanti aveva svelato il trucco enorme delle dottrine ed opere.... eccoli i fedeli discepoli ripiombati nello scetticismo, nella sfiducia, nell’avvilimento. Se Cristo nol potè....!

Una verità alla mente, il piacere al senso, l’onore, l’incenso delle lodi, delle adulazioni, il plauso dei compagni, il consenso delle folle può inebbriarci e può darci un senso di gioia, può lusingarci fino a credere di scusare senza Dio, senza il vero religioso, senza il dogma, la morale di Cristo. Ci pare — nel regno dei suoi nemici, dei peccatori, degli avversari alla rigidità del dogma, della morale — di averne evacuata ed ormai finita la fede, tutt’al più, buona, necessaria alle folle violenti e barbare, non agli spiriti più alti.... Sogni! null’altro che sogni, che contro le effimere e vaghe parvenze di vero umano e terreno stanno le grandiose e potenti realtà spirituali.

Negate finchè vorrete, negate sempre il mondo spirituale. Di sotto alla congerie del positivismo, della materia, dello scetticismo, del sarcasmo troverà lo spirito pur sempre una via d’uscire e affermarsi nel mondo intero — dotto od indotto, ricco o povero, — come una realtà contro cui invano si lotta e cozza. È Cristo che vive, che regna, di cui non si può far senza mai, mai come della luce, dell’aria, della libertà.

E Cristo parla ai suoi discepoli: li invita a riflettere sui profeti da Mosè fino al loro tempo: fa osservare il fatto nel loro svolgimento, li obbliga a pensare rimproverandoli della loro pigrizia nel credere!

Nel frangere del pane lo riconoscono: Cristo! Pieni di gioia ritornano sui loro passi in Gerusalemme a raccontare la visione che li ha inondati di gioia vera, piena, che in loro ha creato una vita di fede con cui lotteranno fino alla morte per Gesù Cristo.

Una parola, uomini! Illusi, dolenti, sfiduciati di questa vita nelle sue sconfitte, nei suoi dolori, nelle sue grame soddisfazioni, in una lotta terribile abbiate coraggio! Osservate i profeti.... osservate come unica sola aleggi sulle umane filosofie, sui mutabili veri degli uomini il vero di Cristo.... osservate il fatto.... osservate il dilatarsi del regno cristiano, regno che esclude la violenza, che lega le menti, che incatena e doma le energie del cuore!... Cristo è Dio!

Mai discepoli lo conobbero in fractione panis: quando li ha pasciuti del suo pane, del suo sacramento.... Anime sitibonde — comunque sia questa sete di vero, d’amore, di vita — ponetevi in suo contatto, gustate Gesù, di Lui cibatevi nel sacramento d’amore, nella sua Eucaristia!... Ne sarete i vinti della libertà e della bontà, ne sarete domani gli apostoli buoni, infaticabili.

R. B.