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IL BUON CUORE 85


Segn de Primavera

Quand te sentet quell’arietta
Che l’è anmò on poo freschinetta,
che st’aria in d’on moment
La se cambia in d’on gran vent,
Ch’el te suga tutt i strbd
Cont on para de boffad;


Quand te sentet sulla peli
Tutt i pori, insti beli beli,
A derviss e a purisnatt,
Obbligandei a grattatt;
Quand tirand indent el fiaa
Te se sentet consolaa:


Quand in l’aria ghè on odor
Che l’è minga quell de fior;
on profumm che sfuma via
Come de... no savaria...
Ma ch’el ghè; ma ch’el se sent
Intaii o realment;


Quand te vee, liron, liran,
Tegnend foeura tutt do i man
Di saccocc del paletò,
Che a desmettel conven no;
Ma te tocca sbottonali
Perché el pesa sora i spali;


Quand te sentett della gent
A sfogass allegrament
In del rid o in del cantà,
Che se scalden a parlò,
Come pur in del gestì
Appoggiand sul dass del ti;


Quand te vedet la servetta
Cont su el palmo la capietta
Che le mett sora al poggioeu
Per dagh aria al rossignoeu
poca quand la va in cantina
La ghe da ona cantadina;


Quand, ligaa sul lavorà,
Te ven voeuja de scappà
Da quell’afa che tarnega
Dell’Offizi o de Bottega,
ch’el sangu el gha on calòr
Ch’el te rend de bon umór;


Quand te sentet per Milan
Come a cress pussee el baccan,
Perchè eress el moviment
Come on sintom de ferment;
Ché pu dubbi ch’el sia vera,
Vei... semm dent in Primavera.

Federico Bussi.

La marina italiana contro i turchi

nell’opera di P. Guglielmotti

(Continuazione, vedi n. 9)


Nei mari d’Oriente.


Conoscitore profondo di cose marinaresche e di scienze fisiche, egli volse i remi verso il mare fatidico d’Oriente: i lidi di Grecia, d’Africa, d’Egitto esplorò con singolare veggenza di passione, e Atene e Rodi, Gerusalemme e Costantinopoli, Malta e Siracusa, Tripoli e Tunisi, non porto, non città del Levante, non isola del mare latino che egli non visitasse, indagando, indugiando, interrogando uomini e cose: le cose, le cose — documenti, marmi, monete — affinchè gli offrissero i segni indelebili dell’indelebile gesta; gli uomini, affinchè col racconto delle tradizioni e delle memorie locali, e, più ancora, colla genuina documentazione del loro proprio linguaggio — parole, termini guerreschi, marinareschi — rivelassero al filologo geniale, le traccie parlanti della lotta undici volte secolare.

Lotta magnifica che andava svelata nell’anima e riallacciata vigorosamente al destino di Roma. Da quando Maometto raccogliendoli sotto una spada e sotto una fede assegnava ai Saraceni il compito di soggiogare l’Occidente cristiano fino alla vigilia di Navarrino, la lotta superba s’era adempiuta organica e sonoro come un inno. La Mezzaluna aveva attaccato con una forza spaventosa tutta la cristianità, battendo inesorabile contro tutti i contrafforti dell’Unione cristiana, Grecia e Ungheria, Italia e Spagna: e dietro, trepidante, spaurito ancora dalla catastrofe di due imperi, tutto l’Occidente.

E tutto l’Occidente si leva, tutto combatte ed in quattro secoli e mezzo schiaccia l’ardimento fiammante di tutto un popolo di guerrieri. Col 1087 — vittoria di Afrediso — riscossa di Zavilla, sottomissione di Timino — l’offensiva dei Saraceni è frantumata per sempre. Le navi di Pisa e Genova hanno combattuto eroicamente- fiancheggiando una coorte di galee romane in mezzo alla quale il Principe Pietro, comandante in capo, sventola un vessillo crociato. Egli è il capitano del Pontefice, le galee che lo circondano sono romane, il vessillo è il vessillo benedetto di San Pietro. Ed è anche esso la chiave di volta di tutta la storia di una civiltà.

Il Principe Pietro porta, come singolari trofei di guerra, una moltitudine di schiavi liberati: i duci di Roma imperiale avevano trionfato portando cento e cento prigionieri; i duci di Roma cattolica vanno orgogliosi di uomini liberi. È la rivoluzione cristiana che ha adempiuto il prodigio.

E dopo il trionfo di Pietro, tutta un’epopea, le Crociate: s’aprono col trionfo di un eroe leggendario, Pier l’Eremita, e si chiudono coll’olocausto di un eroe di verità: San Luigi re. Coll’ultima Crociata i Saraceni scompaiono dalla scena della storia nostra. Tolemaide è perduta, l’occidente cristiano non libera il Sepolcro divino ma finanche il nome dei Saraceni scompare: la loro vittoria e distrazione. I soldati crociati sconfitti a