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IL BUON CUORE 69


valli alpine sanno qualche cosa; tutti gli altri ne ricordano il nome per averlo letto nei testi di Geografia, quando frequentavano le Elementari, e null’altro.

Di ciò la colpa non è da attribuirsi tutta al pubblico italiano trascurato o indifferente delle cose proprie; si può anche trovare in parte nel naturale inerte attaccamento delle genti montanare alle loro valli natali, che genera una specie di neofobia e talora di antropofobia, per cui la sola cosa importante per esse è di vivere tra i loro monti, non di farli conoscere ed amare. Questa forza conservatrice è per certi rispetti elemento utilissimo e preziosissimo, per certi altri dannoso quanto mai.

Ma il mondo cammina, e a poco a poco le valli alpine si svegliano e s’affacciano alla vita, dapprima con l’aria trasognata di chi appena si desta, poi a poco a poco con vigoria d’opere e con lampi di pensiero.

Una di queste valli alpine rinate è la Valle Canmonica, bagnata dall’Oglio tra il lago d’Iseo (l’antico Sebino) e il monte Tonale. A nulla erano valse le sue bellezze naturali, e i monti dalle cime acute o dalle gigantesche testate, e il fiume mugghiante, e i torrenti impetuosi e le cascate e i laghi alpini, e le foreste e i ghiacciai, e i borghi pittoreschi sparsi per le coste, le chiesuole accennanti dai poggi ventosi, e i vecchi castelli ancor minaccianti dall’alto. Era rimasta lassù, segregata dal consorzio umano, lontana da Brescia più d’un giorno di faticosissimo viaggio in diligenza per poco più d’un centinaio di chilometri. Il camuno che giungeva al capoluogo, dopo una simile prova, si tastava il corpo per assicurarsi di aver tutto a posto, si guardava intorno spaurito, sbrigava in fretta in fretta le sue faccende e si tornava ad imbarcare nella sua arca di Noè, dove nell’inverno i piedi dei viaggiatori eran tenuti caldi da una brancatella di fieno, che il postiglione generoso serbava al pasto dei magri cavalli.

Ora non più: la ferrovia fischia su per le pendici verdeggianti, e dove la ferrovia non giunge, sbuffa l’automobile. A Pontedilegno si sono dati quest’anno convegno i touristes della neve; Pontedilegno (o più propriamente: Pontedallegno) è all’estremo limite settentrionale della Valle Camonica. Un nuovo fervor di vita ha preso tutta la valle: le enormi forze d’acqua muovono rotanti congegni; i paesi si ripuliscono e si ammodernano; sorgono ovunque nuovi edifici, e una benemerita associazione, la Pro Valle Camonica, che raccoglie in un fascio tutte le forze vive della valle, muove, dirige, rinforza, aiuta il maraviglioso risveglio della regione.

E non mancano i poeti che ne cantano le bellezze le glorie; a un volume di Poesie camune s’è aggiunto ora un volume di Ritmi dell’Oglio; e non mancano gli storici: oltre le Chiese di Val Camonica del Putelli mentre si attende una compiuta storia della Valle, oggi è apparso un volume ricchissimo ed elegantissimo, illustrante i monumenti camuni, opera del
professore Fortunato Canevali, R. Ispettore onorario ai monumenti per il circondario di Breno1.

Sfogliando questo libro, nel quale sono passati in rivista per ordine alfabetico tutti i paesi della valle con quanto hanno di notevole per l’arte e per la storia, vien fatto di pensare che enorme danno e che enorme ingiustizia era il lasciar nell’ombra tanti tesori, e che nobile e veramente benemerita opera abbia compiuto il Canevali traendoli così bellamente e magnificamente alla luce.

Chiese, castelli, lapidi, caminiere, portali, cornici, palliotti, affreschi, medaglie (merita una lode e un elogio speciale il medagliere dello stesso prof. Canevali, in quest’opera degnamente illustrato), placchette metalliche, capitelli, statue, cripte, chiostri, pievi, campanili, case, tutto è qui sapientemente raccolto, con quanto può essere utile allo studioso e allo storico, che volesse anche trarne monografie e illustrazioni particolari.

Il prof. Canevali, che è anche abilissimo fotografo, ci ha dato oltre quattrocento incisioni, di cui non si saprebbe qual più lodare, se la nitidezza o la precisione o il buon gusto della prospettiva e dell’insieme.

Ecco Breno col suo castello e con le sue chiese; ecco Cemmo con l’antica pieve e Capodiponte col suo monastero a me diletto, e Cerveno con le sue cappelle, ed Edolo con gli affreschi bellissimi del Romanino, che pure fioriscono anche a Borno, ad Erbanno ed altrove.

Ogni paese ha una gloria, un ricordo, un monumento; nelle viuzze strette sul cacume delle colline, nell’ombra dei templi, sotto le arcate dei chiostri, per le balze scoscese, è tutta l’anima e la storia dell’antica età, che ancor vive e balza fresca e quasi ringiovanita dal nuovo culto di chi la va amorosamente ricercando.

Così la Valle Camonica entra definitivamente nel consesso delle regioni sorelle; essa non si lascia sopraffare dalla nuova vita, ma la incontra, la investe, la fa sua; l’oscuro popolo alpino ha già fatto la sua vigilia d’armi ed ora s’arma da sè cavaliere.

Fortunato Rizzi.

La marina italiana contro i turchi

nell’opera di P. Guglielmotti


Diciotto anni fa, il 31 ottobre 1893, moriva a Roma, nella casa generalizia dei domenicani, a San Sebastiano al Pincio, il P. Alberto Guglielmotti, teologo casanatense. Alle onoranze funebri che susseguirono, prendevano parte i più cospicui uomini di scienza presenti a Roma; ed uno stuolo immenso di ufficiali di marina rendevano l’onore delle armi alla bara umilissima del vecchio frate cristiano, auspice lo stesso ministro della marina che partecipava ufficialmente al lutto grande e glorioso.

Alberto Guglielmotti, infatti, spirando serenamente a

  1. Fortunato Canevali - Elenco degli edifici monumentali, opere d’arte e ricordi storici esistenti nella Valle Camonica con 426 illustrazioni — Milano, Alfieri e Lacroix, 1912.