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IL BUON CUORE 51


ricordare l’uso degli aeroplani e quello dei dirigibili per convincersi che le battaglie odierne si combattono e si vincono con mezzi ben diversi da quelli in uso quando la guerra era nelle consuetudini di ciascun popolo alacre e vigile dei suoi destini.

Ora ai tanti mezzi ignoti ai prodi guerrieri antichi, un altro se ne aggiunge sul quale si fa il più grande affidamento: il cane.

Quando a Roma, nei giorni scorsi, venti cani, accompagnati dai loro educatori, si avviarono alla stazione, diretti a Napoli, il popolo non nascose il suo stupore. Egual meraviglia suscitò la breve scolta quando attraversò le vie di Napoli, con quella gioconda irrequietezza che segue ai lunghi periodi di inerzia. Il popolo vedeva passare i venti cani alti e robusti, dal pelo rosso nerastro, con la testa grossa, pelosa, simile a quella dell’orso nero, con la bocca aperta e armata da potentissimi denti e aguzzi, sapeva che erano diretti alla guerra e si domandava a che cosa potessero giovare, se non a lanciarli, dopo averli affamati, contro i polpacci dei turchi. Magra risorsa, osservava il popolo, quando si posseggono mezzi molto più efficaci per gettare lo scompiglio e la morte nel campo nemico.

Tanta sorpresa era legitlima, poichè pochi conoscono i servigi che il cane può rendere in guerra.

Le meravigliose qualità del cane, il suo fiuto, la sua intelligenza, la sua devozione all’uomo, sono state molte volte utilizzate per la preservazione della vita umana. Chi non conosce l’ammirevole cane del San Bernardo educato dai religiosi a rintracciare nella notte e nella neve i viandanti sperduti? Chi non sa quante vite umane hanno essi salvate? Ebbene, in tempo di guerra il cane è ancora più utile: esso diviene un sagace informatore, un guardiano vigile, un aiuto possente e instancabile.

L’Italia non impiega per la prima volta il cane alla guerra. Ne usarono già i francesi in Algeria e nel Messico e ne usò ultimamente il Giappone nella guerra contro la Russia. Innumerevoli volte i soldati dovettero al fiuto dei cani che li accompagnavano di poter sfuggire a sanguinose imboscate.

L’educazione del cane per la guerra rimonta al 1888 e pare sia stata tentata primieramente dalla Francia. Si costituì allora una pattuglia di cani informatori destinata a servire nelle ricognizioni di fanteria. Nelle manovre essa precedeva il grosso dell’esercito, correndo in ogni senso, esplorando ogni accidentalità del terreno. La notte essa era a guardia degli avamposti, poichè l’acuità del suo senso permette al cane di percepire i più leggeri rumori che sfuggono all’orecchio umano. In seguito si pensò a utilizzare i cani per il trasporto delle munizioni e per la trasmissione degli ordini sul campo di battaglia.

Come staffetta, il cane è particolarmente prezioso: esso può percorrere tre chilometri in meno di cinque minuti e può fare, inoltre, ciò che non è consentito al cavallo, scalare monticelli di terreno friabile, discendere precipizi a picco, saltare, internarsi in folte boscaglie, esplorare sotterranei e buche anguste e profonde.

In una delle ultime manovre francesi, una compagnia in ricognizione, composta di pochi soldati di fanteria accompagnata da cani di guerra, esplorò una regione ascosa in concorrenza con un gruppo di cavalleggeri.

I cani trasmisero la notizia dello approssimarsi del nemico trentacinque minuti prima della cavalleria.

Ma è dopo la battaglia che il cane diventa ancora più utile: è allora ch’esso è per l’uomo un ausilio incomparabile nella ricerca e nel soccorso dei feriti.

Pensate, infatti, a ciò che è la guerra moderna. Con le antiche regole di combattimento i soldati erano disposti in linee, su terreni scoperti, stretti l’uno all’altro e i feriti si trovavano così raccolti in uno spazio abbastanza ristretto, nel quale era facile trovarli e raccoglierli. Ma nella guerra odierna, l’ordine sparso, necessario per offrire minor bersaglio alle spaventevoli devastazioni dell’artiglieria e dei fuochi a salve dei fucilieri, sparpaglia i combattenti su una vasta zona, li dissimula dietro le dune, nei boschetti, nei fossati. Quelli che cadono colpiti sono lontani dagli altri e assai spesso restano nascosti dal riparo che avevano scelto e che non è valso a salvarli. Il compito dei soldati della sanità è, in tal modo, difficile e non esclude che qualche ferito possa rimanere abbandonato senza soccorsi, perchè non è possibile ritrovarlo.

E’ in tal caso che il cane può rendere segnalati servizii, sol che si provveda a sviluppare, con una acconcia disciplina, il suo istinto che lo guida verso il punto in cui giace un ferito.

Io non so se i cani mandati a Tripoli dal governo italiano sieno addestrati a questo pietoso lavoro come a quello di messaggi, scoprire il nemico, rintracciare armi e munizioni. Ho buone ragioni, però, per credere che non sia stata trascurata questa importante funzione che il cane può compiere, come si è fatto già dai giapponesi e dai tedeschi.

In Germania, difatti, il servizio dei cani di ambulanza, è da parecchi anni definitivamente organizzato.

Ciò che si è ottenuto dal cane è che fra tutte le accidentalità del vasto campo di battaglia, esso scopra il ferito e lo segnali alla ambulanza. Tutto, nella sua educazione, deve avere per iscopo di abituarlo a questo compito.

Il cane viene munito d’un particolare corredo che consiste in un sacco a due tasche posato sul suo dorso e fissato con una cinghia intorno al corpo. Una delle tasche contiene un po’ di nutrimento e una bottiglia piena di un cordiale, l’altra delle bende chirurgiche. Sul sacco è disposta una copertura la quale reca su fondo bianco il segnacolo della pietà: la croce rossa.

Così equipaggiato, e dopo una certa pratica fatta sui campi di manovra, il cane è pronto a rendere i suoi servigi in guerra. Dopo una battaglia esso viene slanciato alla ricerca di quei feriti che potrebbero essere rimasti occultati all’occhio della Sanità dalle asperità del suolo o dalla abilità stessa del soldato nel cercarsi un rifugio da cui colpire non visto. I cani vanno, vengono, corrono in ogni senso, con la testa bassa, fiutando il terreno, esplorando ovunque. Quando hanno scoperto una pista si slanciano e giungono presso al