Pagina:Il buon cuore - Anno XI, n. 04 - 27 gennaio 1912.pdf/6

30 IL BUON CUORE


così laboriosa, non tolse punto a San Francesco la sua allegrezza. Invece, essa gli dà gioia, sicurezza, libertà; egli si rallegra di aver scambiato le ricchezze con il nulla. La portata sociale della povertà francescana fu rilevata bene da Ozanam: «Facendosi povero, fondando un ordine nuovo di poveri come lui, egli onorava la povertà, vale a dire la più disprezzata e la più generale delle condizioni umane. Egli mostrava che vi si poteva trovare la pace, la dignità, la felicità. Egli calmava così gli astii delle classi povere, le riconciliava colle ricche, insegnando loro a non invidiarle. Egli pacificava la vecchia guerra di quelli che non posseggono, e ricostruiva i legami già rallentati della Società cristiana. Così non v’ebbe politica più profonda di quella di quest’insensato... Il popolo non ebbe mai migliori servitori degli uomini, che gl’insegnarono a benedire il suo destino, che resero la vanga leggera sulle spalle del lavoratore e fecero risplendere la speranza nella capanna del tessitore».

San Francesco è un ottimista. Quest’ottimismo candido e imperturbabile non è forse, nei nostri rapporti con gli uomini, la suprema saggezza? Il solo mezzo d’aver presa sugli uomini e di trascinare al bene non è forse quello di credere in essi e di amarli?

San Francesco ci ricorda imperiosamente che il vero legame sociale è la carità, è l’amore. La stessa giustizia, che è la prima regolatrice dei rapporti esteriori non saprebbe farne a meno, sotto pena di rinserrare gli uomini in un meccanismo rigido e freddo, sotto pena di essere es3a stessa incompleta, cieca e feritrice. «Tutto il male, dice Tolstoi, viene dal fatto che gli uomini credono che certe situazioni esistono, dove si può agire senza amore verso gli uomini, mentre tali situazioni non esistono affatto».

La dottrina cattolica, predicata da Francesco, apparendo, al mondo, non disse come Spartaco: levatevi, armatevi, rivendicate i vostri diritti; essa disse con calma e semplicità; amatevi l’un l’altro. Se v’ha qualcuno fra voi che si lagni di non essere amato, ami per il primo, perchè l’amore produce amore. Quello che vi manca non è un diritto, è una virtù.

La carità di Francesco si diffuse in una dolcezza pacificante, la cui efficacia sociale ha colpito gli storici. Egli fu pacificatore: il campo era vasto e il bisogno urgente. Fra l’agitarsi delle sette che pullulavano, eccitando i popoli alla ribellione e alla lotta, e di cui i nostri socialisti rivoluzionari sembrano i continuatori, questo pacificatore non aveva nulla del demagogo; e, davanti all’ideale nuovo proclamato da San Francesco, tutte le sette disparvero. Tale fu, dal punto di vista sociale, il compito personale di San Francesco: ma la morte non arrestò punto l’irradiarsi della sua influenza, perch’egli lasciò dietro a sè delle opere, che continuarono la grande eredità della sua missione.

Legando attorno a lui degli uomini, ch’egli preparava a tutti i sacrifici e a tutte le prove di devozione, egli dava al mondo dei veri apostoli.

Nè bastò: con quella concezione larga, propria di San Francesco, che considerava la perfezione cristiana come il patrimonio di tutti e non come l’appannaggio d’un piccolo numero di privilegiati, egli creò un’opera ardita e geniale, il Terz’ordine. Le sue regole, prescrivendo ai suoi membri la vita veramente evangelica, diventano un prezioso strumento di pacificazione sociale. Se è vero che la questione sociale è principalmente una questione morale, che non si può attendere da un’istituzione che non ha migliori ambizioni che restaurare nelle anime l’integrità stessa del Cristianesimo?

Tale fu il compito sociale di San Francesco.

Morendo, egli benedì la sua Assisi. Ma, dice il Venance, la benedizione del Patriarca varcò le mura della piccola città umbra, e si diffuse abbondante e dolce
sulle città di questo mondo, dove gli uomini che gemevano e soffrivano, impararono a sorridere, perchè alla scuola di San Francesco appresero a credere e ad amare.

Paolo Rinaudo.

Religione


Vangelo della domenica quarta dopo l’Epifania


Testo del Vangelo.

In quel tempo disse il Signore Gesù a Nicodemo: Iddio ha talmente amato il mondo, che ha dato il Figliuol suo Unigenito, affinché chiunque in lui crede, non perisca, ma abbia la vita eterna. Perciocchè non ha Dio mandato il Figliuol suo al mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo per mezzo suo sia salvo. Chi crede in lui, non è condannato, ma chi non crede in lui è condannato, perché non crede nel nome dell’Unigenito Figliuol di Dio. E la condanna sta in questo: che venne al mondo la luce e gli uomini amarono meglio le tenebre che la luce: perché le opere loro erano malvagie; imperocchè chi fa il male, odia la luce e non si accosta alla luce, affinché non vengano riprese le opere sue. Chi poi opera secondo la verità, si accosta alla luce, acciocchè si manifestino le opere sue, che sono fatte secondo Dio.

S. GIOVANNI, Cap 3.


Pensieri.

Attraverso i moltissimi nostri preconcetti ci riesce — non dico inesplicabile — ma per lo meno assai duro lo spiegarci come Gesù insista sul bisogno che il mondo ha di credere a lui, di ricevere la sua fede, la sua parola se vuol essere salvo. Diversamente il mondo perisce anzi — a suo dire — è già miseramente perduto.

Più sotto ribadisce ancor Gesù il concetto della luce che crea e dà la verità: dice che le opere fatte nella luce e nella verità sono buone, mentre tutte l’altre sono cattive. Strano davvero!

Più che un’arida speculazione della verità avremmo preferito formole chiare di morale, di vita pratica.

Di questo Gesù si cura assai meno, persuaso e convinto come egli è che le cosidette buone azioni, le opere che anche quaggiù hanno l’approvazione generale a poco servono, riescono inutili se non sono vivificate ed illuminate dalla fede. Ci ripete — in guise diverse — che se la pura fede speculativa non basta a salute, essa è pur sempre il principio, il germe di vita che queste opere rende degne e capaci di salute elevandole ad azioni di vita oltre tomba nel mondo soprannaturale: mancando invero la fede manca la carità il solo ed unico principio di vita religiosa, di vita degna di Dio.

Parmi Gesù si diletti di confrontare l’azione della fede all’azione della luce. Il raggio del Sole che sprigionatosi dal suo centro luminoso piove di cosa in cosa e nell’istante in cui cade suscita col calore la vita non fredda ma che noi sentiamo quasi con un calore d’esistenza, può darci l’idea dell’azione che la fede esercita sui nostri spiriti.