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IL BUON CUORE 27


zazione, tendenza questa favorita dalla febbrile attività moderna e dall’inquieta indagine scientifica, per cui nuovi mezzi si vanno senza posa apprestando, onde venire in aiuto alla multiforme miseria umana. Se ciò può esser bello da un punto di vista teorico e dove vi sia dovizia di forze, temo che in pratica questo eccessivo frazionamento, per cui il gran fiume della beneficenza si suddivide in troppo numerosi rigagnoli, abbia ad inaridire le fonti cui attingono quelle antiche e più semplici forme di beneficenza, alle quali hanno sempre provveduto e sempre dovranno provvedere la società e la carità privata. Il fanciullo, il malato ed il vecchio, queste le tre grandi debolezze dell’umanità, alle quali corrispondono e perennemente corrisponderanno le ferme primordiali dell’assistenza umana, forme queste necessarie alle quali si dovrebbe aver sempre pensato prima di escogitare nuovi provvedimenti più raffinati per soccorrere a bisogni meno impellenti e fors’anche troppo sottilmente cercati.

Fra esse l’assistenza al fanciullo è la più facile e la più accessibile al privato, ed io l’ho prescelta anche per un’intima simpatia ch’io nutro pel fanciullo. Non ho la fortuna di avere bambini miei; forse per questo amo quelli degli altri. E chi del resto non amerebbe i bambini? Potrà Mefistofele aver ribrezzo dello «sciame leggier degli angioletti», ma tutte le anime buone saranno sempre attratte da queste creature d’innocenza, di vivacità, di schiettezza e di grazia, da quesfe testoline bionde, che hanno sui capelli un riflesso del sole e negli aperti occhi azzurri la serenità del cielo.

E i bambini furono prediletti dal Divino Maestro. Ricordate Voi la commovente scena descritta nel Vangelo con tanta semplicità? «Furono presentati a Gesù de’ bambini» narra l’Evangelista San Marco «perché imponesse loro le mani e li toccasse e li benedicesse. Il che vedendo i discepoli, sgridavano quelli che li presentavano. Ma Gesù si sdegnò di quegli aspri rimproveri e chiamati a sè i bambini, disse ai discepoli: — lasciate che vengano a me i pargoli e non lo vietate loro; chè di questi è il regno di Dio. In verità vi dico, chiunque non riceverà il regno di Dio come bambino, non entrerà in esso. — Detto ciò abbracciò i bambini a lui presentati, e imposte loro le mani, li benedisse e passò di quivi. «Sinite parvulos venire ad me»; divine e dolcissime parole, nelle quali potremmo ravvisare l’istituzione cristiana degli asili d’infanzia.

Dal fanciullo trasse l’arte in ogni tempo le più squisite ispirazioni; nell’arte pagana era un fanciullo il faretrato Cupido, eran fanciulli gli amorini svolazzanti intorno al carro di Ciprigna; ma l’arte cristiana redense il fanciullo colla rappresentazione del Divino Infante, e per popolare i cieli tolse ai fanciulli le sembianze dei cherubini. E son bambini che occhieggiano dalla gloria luminosa di angeli frescata dal Correggio sulla cupola di Parma; sempre bambini i putti osannanti che il Della Robbia e il Donatello scolpirono per le magnifiche cantorie di Santa Maria del Fiore; incantevoli bambini il piccolo Gesù ed il S. Giovannino, che ingenuamente ci sorridono dalle tavole del nostro lombardo Luini; e per non dir che dei sommi, son pur fanciulli gli angeli meravigliosi che sollevano ai fulgori del paradiso l’Assunta di Tiziano; è Cristo bambino che in atteggiamenti sublimi ci commuove sulle braccia delle Madonne, che immortalarono il divino Raffaello; tutte un inno alla fanciullezza nella sua espressione più dolce sono le mirabili tele del soavissimo Murillo; lo stesso genio smisurato di Michelangelo, che sulle pareti della Sistina tracciava col Giudizio finale una delle più terribili visioni, che mente d’artista abbia mai concepito, senti tutto il fascino dell’infanzia e ne trasfuse le grazie nelle sue Sacre famiglie. Ancora a’ di nostri, coll’arte che scendendo dal soprannaturale s’è fatta più umana, quante volte non ci commossero in opere di pittura o di scultura scene di bambini ora dolorose, ora liete.

Da che dunque proviene tanto fascino? Forse che puramente estetico ne è il motivo, o non v’ha in esso un’alto elemento morale? Si è che dietro al fanciullo noi intravediamo già l’adulto;
si è che nelle ingenue carezze, nelle adorabili moine dei bimbi, come nelle loro bizze, nei loro scatti, nella loro piccole ribellioni noi presentiamo l’uomo e la donna futuri. Ed ecco dove l’assistenza al bambino assorge ad importanza di provvedimento sociale; perocchè nel bambino si trovano latenti tutte le energie che formeranno i futuri caratteri, energie del bene che assecondate e fecondate faranno l’uomo onesto, energie del male che non distrutte o mal compresse potranno fare l’uomo delinquente.

Perciò, in attesa che la scuola possa esercitare la sua efficacia volgendosi all’intelligenza, è d’uopo che fin dai primi anni queste tenere creature siano sorrette da un’educazione, che sviluppandone le forze fisiche, diriga al bene le forze morali. Questa educazione spetta alla madre per naturale istinto e per impulso d’amore, ma quando le speciali condizioni sociali o le necessità del lavoro non le permettano di dedicare ai figliuoli tutte le vigili cure, che questi continuamente richiedono, viene in aiuto l’Asilo, che ricoverando il bambino e allontanandolo dai pericoli della strada, lo dirozza, lo ingentilisce, ne coltiva le buone tendenze, ne acuisce le facoltà d’osservazione, aprendone il cuore e la mente alla vita, che appena comincia ad affacciarglisi nella sua complessa attività.

Questo compito veramente materno, nobile e delicatissimo noi abbiamo voluto affidare alle Suore di carità, convinti che per la stessa loro vocazione, per l’altissimo sentimento del dovere e l’elevato spirito di sacrificio che le muove, e che solo dalla religione procede, esse siano particolarmente chiamate ad una missione, ch’è tutta di pazienza e d’amore. Animate da tanto fervore esse educheranno gli animi infantili a quella disciplina della volontà, a quel rispetto per tutto ciò che è santo e giusto, che soli potranno formare cristiani timorati di Dio e cittadini utili alla patria.

E se, come spero, verrà giorno che questo Asilo possa aver vita autonoma, sarà mia principale cura disporre come condizione essenziale ed imprescindibile della sua costituzione, che sempre la direzione ne abbia ad essere affidata alle Suore. Né mi trattengono gli scrupoli d’un esagerato liberalismo, che in questo argomento, come in quello affine dell’insegnamento religioso, suole ostentare il grande rispetto, che dovrebbe aversi nella educazione del fanciullo alla libertà di coscienza dei futuri cittadini; ingenui davvero, se in buona fede, non s’avvedono gli avversari, ch’essi non vorrebbero che altri abbia ad arare il campo, per poter essi pei primi spargere nelle zolle ancor vergini i semi di dottrine più o meno sovvertitrici.

Ora noi vogliamo che ogni cura sia data al bambino, consci della sua debolezza presente, consapevoli dell’avvenire che lo attende. In tutti gli idiomi le parole più dolci sono riservate ai bambini; nella Toscana gentile li chiamano anche gli innocenti. E l’innocenza è la loro più bella caratteristica, e appunto perché innocenti, perché destinati al bene, perché capaci di bene, meritano i bambini ogni più delicato riguardo,

Io penso alle idee singolarmente fini e profonde che su questo argomento della educazione del bambino ebbe spesso a manifestare la nostra graziosa Regina, Elena di Savoia; — alla Maestà Sua piacemi in questo momento in nome di tanti bambini, pei quali essa è una madre amorosissima e pietosa, porgere l’omaggio di un’affettuosa devozione. Diceva l’Augusta Signora ad una valente educatrice che la visitava: «Tutto ciò che si vuole, si ottiene dai fanciulli. Io non credo che vi siano bimbi cattivi: tutti, anche quelli che hanno nel sangue germi corrotti, si possono rendere buoni. Basta amarli più degli altri; basta allevarli nella gioia». Ed aggiungeva: «il bambino è proprio come un fiore, che non dobbiamo brancicare troppo bruscamente, perché non si sciupi». Ed insisteva nel concetto che conviene evitare di far conoscere troppo da vicino ai bambini le tristezze della vita, «ora il loro diritto e il loro dovere» diceva «è di crescere robusti, sereni e forti per poterle affrontare». Perciò, per quanto è possibile, noi dobbiamo ai bambini aria, luce, moto e letizia.

I paesi più progrediti, quelli nordici in ispecie, dimostrano per