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IL BUON CUORE 11


vedrai i giacigli con le soffici pellicce che tu a loro preparavi.

Avrai la sensazione di portare attorno al collo un monile di un peso enorme; sarà l’espiazione per i collari d’oro e di gemme che compravi ai tuoi danesi, ai tuoi levrieri: piangerai, e nessuno asciugherà le tue lagrime! E ciò per 500 anni! Questo dice la Giustizia di Dio!

Frate Santo Francesco era commosso nel rivelare all’Anima la terribile ma giusta sentenza; e però non potè trattenersi dal soggiungere:

― Confortati, poverella mia! Abbi fede e speranza! Forse Dio se ti vedrà contrita accettare la prova che da te stessa ti sei preparata, può abbreviarla; i suffragi dei viventi ti aiuteranno; e sopratutto abbi carità per il tuo prossimo. Anche nel tuo misero stato puoi amare, puoi aiutare il prossimo tuo!

― Santo Francesco — gemette quella infelice Anima singhiozzando — sia fatta la volontà di Dio! Espierò; ma voi Padre Santo abbiate pietà di me: fui sempre francescana, ebbi tanta venerazione per Voi!

― E già — mormorò sorridendo il mite Poverello d’Assisi — lo so che adesso io sono di moda laggiù!

— Ma io vorrei un po’ di francescanesimo di quello vero in tutti! Le cose anderebbero meglio nel mondo! Addio, sirocchia mia. Pax et bonum!

E in così dire, Santo Francesco alzò la destra scarna e bianca dove una stella brillava su le Stimmate Sante, col segno della Croce benedisse l’Anima e poi disparve.

L’Anima della Contessa riprese la parvenza del suo corpo e in un baleno fu di nuovo sulla Terra, a Parigi, davanti al suo palazzo, mentre proprio usciva dal portone il ricco feretro che ne chiudeva il cadavere, e un lungo stuolo di preti intonava: Requiem aeternam dona ei, Domine, non sapendo che questa requie doveva aspettarla per un bel pezzo la povera Morta! Dietro il carro funebre, subito dopo i parenti più stretti, un servo conduceva a mano un magnifico levriere, il favorito della Contessa, sul quale aveva gettato un velo di crespo nero sotto cui mandava iridescenze e bagliori il collare d’oro e diamanti dei giorni di gran gala. Avevano voluto scimiottare i funerali di Re Edoardo VII d’Inghilterra, dove oltre al solito cavallo di battaglia bardato a lutto, un lacchè reale e imperiale guidava pure un cagnolino che sgambettava dietro la regia salma del suo Sovrano ed amico!

L’infelice Anima, invisibile a tutti nella sua parvenza umana, fremette; lacrime cocenti di pentimento le caddero dagli occhi, e sentì tosto, intorno al collo, come un peso enorme di un monile di piombo che glielo cingesse! La via dolorosa dell’espiazione cominciava così!

Firenze.

Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.

La Capanna dello Zio Tom

Questo lavoro insuperato e insuperabile ci si presenta in veste novissima e splendida tanto da affascinare coloro che rivedono in esso una cara, vecchia conoscenza trasformata e ringiovanita, come i pochi che non hanno avuto mai la ventura di vederlo.

Ma ci può esser qualcuno che non abbia letto La capanna dello Zio Tom? Forse. La passata e la presente generazione hanno versato lacrime su quelle pagine, ed i pochi che ancora non conoscono quel poema di dolori indicibili, saranno grati a chi loro presenta un lavoro veramente incomparabile.

L’autrice, Harriet Beecher, fu davvero un genio del bene, e lo fu quasi senz’avvedersene, come avviene ai grandi ingegni che studiano e producono con semplicità, mirando ai più nobili obbiettivi, e riuscendo ad ottenere successi impreveduti.

Il risultato ottenuto da Harriet Beecher fu grande sotto diversi aspetti. Ella si proponeva di segnalare colla semplice efficacia dell’affetto alcune scene strazianti della schiavitù per elevare il sentimento dei buoni alla capacità comprensiva dei doveri imposti dalla dignità umana, e offriva il suo lavoro ad un editore come un semplice prodotto del suo cuore gentile; e quel lavoro, accettato come opera comune, s’imponeva tanto in tutto il mondo civile, da centuplicarne le edizioni e da arricchire l’editore, nonchè la benefica autrice; più ancora, quel semplice lavoro riusciva un colpo formidabile alla più grande barbarie, e così si avverava il voto espresso con queste parole: «È con solante il pensare che, un giorno, il ricordo della schiavitù si perderà nel tempo insieme a quello di altre iniquità; allora i racconti simili al nostro non avranno altro pregio che l’evocazione di cose fortunatamente trascorse».

L’edizione attuale, ideata dall’Hoepli, è qualcosa di veramente distinto come lavoro d’arte per splendide, parlanti tavole e illustrazioni, che presentano le scene più toccanti e drammatiche; come lavoro letterario, ha il pregio inestimabile di essere tradotta nel nostro idioma da una penna veramente italiana, la penna di Fulvia, che ci ha dato lavori smaglianti come Troppo fiera, Realtà, Tempeste dell’anima e una grande quantità di giojelli letterari, sparsi nelle più accreditate riviste. Così La capanna dello Zio Tom,interessantistissima per sè stessa, levandosi ogni asperità, si è resa ancor più meritevole di entrare nelle famiglie che comprendono l’importanza dei libri educativi in buona lingua, e Fulvia, compiendo fedelmente il faticoso lavoro con quell’entusiasmo che trapela dalla sua magnifica introduzione, si è resa per fermo benemerita.

«Possa l’eterea Evangelina, la più luminosa figura che a queste pagine sorviva, l’angelo di bellezza e di pietà, che si spense perchè l’ombra del male la raggiunse, la bimba soave — petalo di rosa bianca, troppo rara per sbocciare in terra — dire ai figli dell’Africa nostra, ai piccoli fratelli dispersi e sofferenti, la buona parola di speranza e di salvezza».

Così Fulvia conclude la sua introduzione, e noi non aggiungiamo parola.

A. M. Cornelio.