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382 il buon cuore
tutti, prima di affidarti all’ultima dimora, l’estrema, dolorosa parola. No, te lo ripeto: non è per questo; ciò ripugnerebbe alla tua ed alla mia sincerità. Qui è soltanto il cuore che parla: il cuore col suo palpito d’affetto, col suo impulso di compianto! Tu ci eri cara, Pierina nostra; cara per quell’affetto reciproco che univa cordialmente noi a te, te a noi; cara per le continue sofferenze che tracciarono il tramite spinoso della tua povera vita. Ed ora, dopo aver tanto sofferto con te e per te, specialmente in questi ultimi mesi, eccoci qui, addolorati e commossi, a darti l’ultimo saluto. Ma noi ti salutiamo non come una morta, ma come una partita; non come una perduta, ma come una cara lontana: e, come tale, sapremo farti vivere fra noi nella evocazione dei ricordi, dei pensieri, degli affetti; nella visione eterna di Dio. Il saluto ch’io ora ti porgo è l’espressione tenerissima de’ tuoi genitori adottivi che tanto ti amarono, della tua amata Teresina che ti fu,
fino alla morte, più che amica sorella; vi è insomma il cuore de’ tuoi superiori, maestri, delle persone che ti confortarono con attenzioni e cure nella malattia, specialmente della tua Angelica Suora e di tutte le tue fedeli compagne presenti e assenti. Addio, povera cara! La nostra preghiera ti assorga all’eterna pace dei giusti; la nostra lagrima melanconica, quale offerta e tributo di redenzione, ti dischiuda il Cielo.

«Armida Lambrughi

«Maestra Cieca».

PENSIERI


Sopportare in sé stesso con dignità le traversie e le amarezze, onde si riempie la vita, è segno di forza, e compatire, non in senso sterile e inerte, ma in senso attivo e benefico, gli errori, le colpe e le sventure del prossimo, è segno di amore, e ambedue sono i cardini, sui quali gira l’umana bontà.



IN MEMORIAM

Poco più di un anno è trascorso da che moriva nella sua villa di Torno, sul Lago di Como, la signora Maria Bernasconi Moja.

Le virtù dell’elettissima madre e consorte lasciarono di Lei tale rimpianto, che ancora oggi la famiglia tutta si riunisce, con non affievolito dolore, a commemorarne la santa memoria con una cerimonia mesta e gentile — il trasporto della povera salma nella nuova Edicola Mortuaria di Famiglia.

Il marito ragioniere Felice Moja, indovinando un supremo desiderio della defunta consorte, volle che la famiglia, la quale Ella in vita ebbe cara sopra ogni cosa, le fosse in morte sempre vicina e compagna. Tradusse così il pensiero in realtà erigendo un’Edicola Mortuaria nel Cimitero Monumentale di Milano.

E questa opera di devozione e pietà, verrà benedetta dal Rev.mo Monsignor Giuseppe Polvara che fu dell'Estinta, anche nei più tristi momenti, devoto consolatore.

Diamo qui sotto un disegno dell’Edicola, che, per la linea severa, semplice ed armonica, ricordante l’antica Arte Lombarda, si distingue, e risponde a quella mestizia e serietà, che è richiesta in tali monumenti.

La costruzione è tutta in pietra viva. Lo zoccolo, il basamento ed il coronamento sono in ghiandone, e li collega, sul fronte principale, un robusto portale che forma con essi come una grande tale croce; il corpo centrale ed il cappello sono in granito bianco.

Le tinte di queste due pietre, sullo stesso tono grigio ma di differente forza, producono un effetto distinto e gradevole.

La finestra e l'altare sono in marmo di Gandoglio (detto del Duomo), e l'interno è decorato in grafito tanto sulla volta a vela che sulle pareti.

L’edicola contiene sedici colombari, di cui sei sotterranei, chiusi da lastroni di marmo di Carrera contornati di bardiglio.

Il progetto è opera dell’ingegnere Regondi Ignazio di Milano; il cancello e le ferriate furono eseguite dall’Arcari, e le decorazioni dai pittori Jemoli e Felli.



La NONNA è un capolavoro di una freschezza e di una originalità assoluta.



Edicola Mortuaria nel Cimitero Monumentale di Milano.