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il buon cuore 339
coll’incertezza di trovar asilo nella notte tempestosa e di esser forse costretti a continuare il viaggio fra il gelo e l’oscurità.

Si può considerare il gaudio da lui provato giungendo, dopo un pellegrinaggio di tal sorta al luogo di beatitudine.

Non aveva sempre ritenuto che tutto dovesse approdare a buon fine. Talvolta non si era potuto impedire di dubitare e di sentirsi inquieto, non riuscendo a comprendere come, essendo il Signore padrone e rigeneratore del mondo, dovesse sopportare e fargli sopportare un esistenza tanto dura.

Adesso l’impazienza non lo tormentava più, egli si sentiva pienamente lieto. Soleva ridere di tutte le pene che aveva sopportate insieme al Signore; cosa meschina di fronte alla letizia presente.

Una volta erano stati colti dalla mala ventura in modo tale, ch’egli credeva di non poter durare più a lungo; ma il Signre presolo seco aveva cominciato a salire un alto monte senza dire quel che avrebbero fatto lassù.

Erano passati dinanzi alle cittadelle giacenti ai piedi del monte, ai castelli argentini e a maggior altezza, erano giunti ai cascinali e alle masserie lasciando dietro loro la grotta dell’ultimo boscaiolo.

Infine eran giunti dove il monte è nudo, senza piante nè alberi, ivi un eremita aveva costruito una capanna per soccorrere i pellegrini bisognosi d’aiuto. Poi andarono sopra i ghiacciai, dove dormon le marmotte e su su fino ai massi di ghiaccio deserti innalzatisi come torri, ove appena Io stambecco può penetrare.

Proprio lassù il Signore aveva trovato un uccellino dal petto rosso, intirizzito sul ghiaccio, un piccolo fringuello, ch’Egli raccolse e ripose. San Pietro ricordava di aver dubitato che quell’uccello potesse servirgli da colazione. Per lungo tratto avevano scivolato sul ghiaccio, e San Pietro riteneva di non esser stato mai così vicini al regno della morte, perchè un vento di morte gelido e una nebbia cupa come la morte li avvolgeva: nulla di vivente appariva nè dappresso nè da lungi.

E non avevano toccato che la metà del monte. Il santo pregò il Signore di lasciarlo tornare addietro. «Non ancora, rispose il Signore, perchè ti voglio mostrare quello che ti darà coraggio a sopportare tutte le pene». Seguitarono a camminare fra nebbia e finchè giunsero a un muro altissimo che impedì loro il passo. «Questo muro gira intorno al monte — disse il Signore — e tu non puoi attraversarlo da nessun punto. Parimente nessun uomo non può scorgere quel che vi è al di dentro, da esso comincia il paradiso; perchè sulla sommità di questo monte hanno dimora i beati. San Pietro non potè trattenere un senso di diffidenza che trapelò dalla sua faccia: «La dentro non vi è buio e freddo come qui — disse il Signore — li vi è l’estate verde e vivi splendori di soli e di stelle» Ma San Pietro non poteva credere.

Il Signore trasse fuori l’uccello trovato sulla pianura gelata e, piegatosi all’indietro lo gettò sopra il muro si che cadde in Paradiso.

Poco dopo San Pietro udì un gorgheggio festoso e giocondo, riconobbe il canto d’un fringuello e rimase profondamente meravigliato.

Si volse al Signore e disse: «Scendiamo di nuovo sulla terra a sopportare tutto quello che dev’essere sopportato, ora vedo che hai detto il vero: esiste realmente un luogo ove la vita vince la morte». Scesero il monte e ripresero il loro pellegrinaggio.

Per molti anni San Pietro non vide più il Paradiso, seguitò il suo cammino pensando ardentemente alla dimora circondata dall’alto muro. Vi era finalmente giunto, non aveva più nulla a desiderare; poteva tutto il giorno attingere a piene mani la gioia da fonti inesauribili.

Ma solo dopo quattordici giorni dacchè l’apostolo era in Paradiso, un angiolo andò dal Signore che stava seduto sulla Sua seggiola, s’inchinò sette volte dinanzi a Lui, e gli disse che a San Pietro doveva esser sopravvenuta una grave sciagura. Non voleva nè mangiare, nè bere, e aveva gli occhi cerchiati di rosso, come se non avesse dormito da parecchie notti.

Saputo questo il Signore si alzò e andò subito a cercare il santo. Lo trovò lungi, all’estremo limite del Paradiso, giacente a terra, tanto spossato da non poter stare in piedi, colle vesti strappate e il capo coperto di cenere.

Vedendolo così triste il Signore si sedette a terra accanto a lui e gli parlò, come aveva fatto quando soffrivano insieme nel mondo.

«Che cosa ti rende tanto mesto, San Pietro?» gli chiese. Ma il santo, sopraffatto dal dolore, non potè rispondere.

«Perchè sei tanto mesto?» ripetè il Signore. A questa seconda domanda San Pietro si tolse dal capo la corona d’oro e la gettò ai piedi del Sommo Dio, quasi avesse inteso dire ch’egli non avrebbe, d’allora in poi, voluto più partecipare nè all’onore nè alla magnificenza di Lui.

Il Signore capì subito che San Pietro era troppo disperato per sapere quel che faceva perciò non si mostrò sdegnato.

«Mi devi dire finalmente qual cosa ti tormenta» gli disse con la consueta dolcezza e con voce rivelante un amore sempre più vivo.

Allora San Pietro balzò in piedi e il Signore s’avvide ch’egli non era solo turbato, ma eziandio irato.

«Voglio esser licenziato dal tuo servizio» disse il Santo. «Non posso rimanere in Paradiso nemmeno un giorno». Il Signore cercò di calmarlo come aveva dovuto fare sovente quando il discepolo s’incolleriva.

«Non t’impedisco di andare ma prima mi devi dire qual cosa vi è qui che non ti aggrada».

«Ti posso dire che delle pene sopportate insieme sulla terra mi aspettavo miglior ricompensa».

Il Signore vide che l’anima di San Pietro era piena d’amarezza e non si adirò contro lui.

«Ripeto che sei libero di andare dove vuoi basta che tu mi dica quel che ti appena».

San Pietro si decise a raccontare la cagione del suo dolore. «Avevo una vecchia madre — disse — che è morta due giorni sono».

«Ora comprendo quel che ti tormenta — disse il Signore — tu soffri perchè tua madre non è venuta qui».