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il buon cuore | 311 |
Ne fu cacciata e la matrigna che la cacciò, rise.
Nel ripassare per l’orto non ne potè più; si abbandonò presso quel fico, il posto del quale è segnato anche oggidì dalla tradizione e custodito con giusta tenerezza; strinse al suo il capo del figlio. «Io sentii allora la tentazione, lasciò detto molti anni dopo: vidi che non mi sarebbe mancato nulla, se avessi voluto ritornare al passato, ma oh mio Dio, voi mi parlaste allora e fui salva».
Dio l’aveva condotta là per mortificare lo stesso movimento naturale del cuore.
Riprese i campi senza sapere per dove, camminò, camminò. Nel sospiro sollevò lo sguardo; vide le mura torrite di Cortona in alto. Non so qual voce le parlasse nell’anima, ma ella vi si sentì chiamata; pensò aí figli di S. Francesco; ne fu attratta. Da quella sera il suo nome e quello di Cortona si legarono insieme per non disgiungersi più. Entrò per porta Berarda. Dio le aveva mandato incontro due angeli: le nobili signore Marinaria e Raineria della famiglia Moscari, che sentirono la sua storia e capirono l’onore al quale Iddio le chiamava. Ah che la vostra misericordia, o mio Dio, e la vostra bontà hanno i loro riflessi sopra la terra! Quelle pie piansero con lei; la vollero loro, le diedero una camera nel loro palazzo, la ebbero vicina quasi tutta la vita.
O prima sera in quella camera! Primo scroscio di pianto al di là della porta chiusa! Primo bacio veramente casto sulla fronte del figlio legittimato da un divino amore! Ma sopratutto oh primo incontro con Dio nel cadere in ginocchio a giurare una lotta e una guerra implacabile a sè stessa!
Ma ci voleva chi dirigesse quell’anima e Dio si incaricò di farla incontrare in un cuore degno de’ suoi grandi ideali. E’ questa, una delle prove più manifeste dell’amore divino per un’anima, essendo in questo modo che Dio si rende visibile e sensibile sulla terra, e che sorveglia e dirige ogni passo e ogni batter di ciglio con voce diventata umana, con cuore che sa tutte le vie umane. Ci sono orizzonti nella vita spirituale, specialmente ai primi sguardi dopo una conversione, che spaventano per la loro stessa bellezza; cosi per contrario ci sono ricordi ed echi di canti passati che hanno fascini terribili; ci sono anche imprudenti fervori; c’è di solito una soverchia facilità a credere nell’umana bontà; ci sono dubbi e timori e titubanze che danno martirii; ci sono solitudini e abbandoni, mille cose da dire e da far sottintendere, da chiedere e da farsi comandare senza chiederle, Dov’è, dov’è quell’anima che capisca tutte queste cose, dov’è quell’anima tenera e forte e pura come un amico, ne come una madre, meglio, come Dio, come Dio.
Ah qual tesoro un confessore così!
(Continua).
Can. Pietro Gorla.
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Il Conte Gener. LUCHINO DEL MAYNO
Dopo una penosa alternativa di speranze e di sconforti, a Mariano Comense, nella notte di lunedì 18 settembre, è cristianamente spirato il conte generale Luchino Del Mayno, senatore del Regno.
La dolorosa notizia ha suscitato vivo dolore in tutti, ma specialmente negli aggregati all’Opera Bonomelliana di Assistenza ai nostri operai emigrati.
Il conte Luchino Del Mayno nacque a Milano, dalla storica famiglia che porta lo stesso nome, il 4 marzo del 1838.
In breve tempo percorse la carriera militare sino ad uno dei gradi supremi, lasciando ovunque di sè il ricordo di una pers ma colta e appassionata alle armi.
Il generale Del Mayno combattè da giovane ufficiale, sul campo di battaglia meritandosi elogi, medaglie ed altri onori: fu un prode, ma anche in tempo di pace seppe brillare per le sue felici attitudini che gli fecero guadagnare l’affetto dell’esercito e la stima generale.
Come comandante del IV corpo d’armata a Genova, dimostrò in più occasioni il proprio valore personale e la sua insuperata competenza: ma la patria a lui ricorse ancora una volta, in un’epoca triste, dopo Adua. Recatosi in Africa colla nuova spedizione, egli fu un prezioso collaboratore del generale Baldissera e contribuì efficacemente a far ritornare la calma negli animi, rialzando le sorti militari della colonia. Al processo Barattieri fu chiamato come presidente, ufficio delicato e ingrato, in quel momento, ma che egli seppe tenere abilmente, con tatto, con dignità e con giusta severità, dando prova di alto senno ed anche di patriottica abnegazione, tanto che si meritò lodi universali per essere riuscito a far superare felicemente all’Italia uno dei sui momenti più critici.
Il generale Del Mayno — che contava a Milano numerose conoscenze — nel 1905 veniva nominato senatore e in tale carica continuò a dedicarsi al bene dell’esercito, nel quale egli spiccava come una delle figure più gloriose e più amate.
Egli voleva altresì che gl’italiani all’estero portassero in alto e ben onorato il nome della patria; perciò, negli ultimi anni, dedicò tutte le sue mirabili energie, il suo cuore leale di soldato, tutte le benefiche influenze del suo carattere di gentiluomo all’Opera di Assistenza degli Operai Italiani Emigrati in Europa e nel Levante, riuscendo, d’accordo coll’illustre Presidente mons. Geremia Bonomelli, a dare alla nobile, patriottica e benefica intrapresa un impulso superiore ad ogni previsione.
La scomparsa del generale Del Mayno è una grave perdita per i nostri emigranti, come quella dell’indimenticabile generale Revel per i Missionari italiani.
Pur troppo scompaiono nobili, grandi, benefiche figure di uomini integerrimi che non si possono sostituire.