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IL BUON CUORE 263


mescolata colla mia; spesse volte, nelle mie frequenti assenze, l’ha sostituita. In questo esercizio io ebbi campo di constatare le elette qualità che adornavano la sua mente e il suo cuore.

«Una qualità era eminente presso di lui, l’amore che egli portava all’Istituto: l’Istituto era la sua famiglia: il bene dell’Istituto, la sua grandezza, i suoi trionfi, egli li considerava come grandezze, come trionfi propri. Questo amore, convertito in zelo, era più ardente allora quando qualche impegno speciale chiamasse l’Istituto dinanzi al pubblico: in quelle circostanze il cav. Ghisi si moltiplicava: tutto prevedeva, e a tutto provvedeva. E quando l’Istituto ne usciva cresciuto nella stima del pubblico, favorito di maggiori mezzi, egli ne godeva come se l’onore, come se il vantaggio fossero toccati a lui.

«In una speciale circostanza l’opera del cav. Ghisi tornò di notevole particolare vantaggio all’Istituto: nel mantenere verso l’Istituto inalterata, costante l’affezione delle sorelle Zirotti: affezione che valse un patrimonio. E se le benefiche signore, persuase dell’opera sua zelante, vollero attestargliene la riconoscenza con un compenso, facendolo arbitro ira diverse forme di. questo compenso, il cav. Ghisi scelse quella che a scapito suo tornava di maggior vantaggio all’Istituto.

«L’Asilo Infantile, ultima delle istituzioni aggiunta all’Istituto, ebbe nel cav. Ghisi una valida collaborazione: non ebbe la prima parte nell’onore; ebbe quella, che più monta, del lavoro paziente dell’amministrazione.

«Gli venne fatto l’appunto di usare alle volte forme troppo risolute e vibrate: egli stesso ne ammise la verità. Ma correggeva subito l’asprezza colla dolcezza, e gli animi erano tosto rappacificati e contenti, perchè a tutti appariva che se la parola era dura, il cuore era paterno; che l’asprezza era transitoria, e permanente e sincera la bontà del cuore.

«Era stato assai lieto in questi ultimi tempi dei miglioramenti da lui molte volte invocati alla Casa di Binago: ne vide gli inizi, se ne compiacque: il compimento non potrà vederlo più!

«L’opera del cav. Ghisi, proficua per l’Istituto nel passato, non lo sarebbe stato meno nel futuro, pel vantaggio della acquistata esperienza: ne crescerà il pregio quando in seguito se ne avvertirà la mancanza.

«Ma il mio pensiero vola con trepida commozione a qualcuno, a cui la mancanza del cav. Ghisi torna di indimenticabile cordoglio, la consorte, da lui sempre teneramente amata: come egli amò i ciechi, essa con lui li amò coll’amor di madre. I ciechi la compensano colla riconoscenza di figli. Valga questo pensiero a lenire il suo dolore, il dolore dei parenti e degli amici: il culto dell’amicizia era un’altra sua nota caratteristica, altra prova del suo cuore nobile schietto generoso.

«Addio, caro e vecchio amico; noi ci ricorderemo di te dinnanzi a Dio, come tu dinnanzi a Lui ti ricordavi de’ tuoi genitori: questo connubio dell’amor domestico col sentimento della fede, salga come profumo di preghiera e di merito dinnanzi a Dio, e coll’amore che hai portato e hai fatto ai ciechi, diventi il diadema della tua gloria in Cielo!»

L. Vitali.

«A chi fu compagno, amico, fratello al nostro Economo, nel lungo periodo dell’operosa sua esistenza; a chi ha avuto campo d’ammirarne l’ingegno, la forza, ed anche i non pochi sacrifici sostenuti, onde tenere sempre alto il prestigio della provvida nostra istituzione, abbiam lasciato il compito di tessere l’elogio di sua vita. A noi, siccome espressione dell’affettuoso estremo saluto, a noi si permetta manifestare a Lui, l’omaggio della grande incancellabile nostra riconoscenza. «— Il signor Economo per tutti, ma specialmente per noi, ha un cuore buono, sensibile, generoso — era questo l’unanime grido di quanti ciechi hanno avuto il bene di conoscerlo ed apprezzarlo nel lungo periodo in cui visse della nostra vita, dedicando a nostro vantaggio energia, mente e cuore. Vorrei che tutti i ciechi sparsi nelle diverse parti d’Italia, già allievi dell’Istituto nostro, vorrei che tutti potessero qui convenire per porgere l’estremo saluto al caro estinto; oh come lo farebbero di cuore! perchè tutti avrebbero a ricordare dei favori, dei benefici ricevuti dalla generosa sua bontà.

«Da poco principiate le vacanze nell’Istituto, molti ciechi trovansi presso le loro famiglie; sono partiti lasciando il nostro signor Economo in buona salute; quale senso di tristissima angoscia proveranno nel ricevere il crudele annuncio dell’inattesa sua dipartita!

«Cari compagni, che al par di noi piangerete la perdita del nostro benefattore, cari amici il cui pensiero in quest’ora d’amarezza sarà certamente unito al nostro, è anche per voi ch’io gli porgo l’affettuosa parola d’un riconoscente saluto. E per voi pure, piccoli ciechi dell’Asilo Infantile, devo io esprimere l’omaggio di gratitudine, di benevolenza, d’addio, al benemerito che qui si piange; poichè anche a voi ha fatto ed ha voluto tanto bene nella nascente vostra istituzione. E quando vi si dirà: bambini, il signor Economo non è più, voi pure proverete un senso d’amaro sconforto, ed elevando l’innocente anima vostra a Dio, pregherete pace all’immortale suo spirito.

«Oh in quanti cuori l’improvvisa tua dipartita, o nostro caro Economo, in quanti cuori ha lasciato il vuoto, lo scoraggiamento, lo sconforto! Con quanta riconoscente tenerezza l’Istituto nostro avrebbe ancora fruito dell’opera tua intelligente laboriosa indefessa! Come sereni e tranquilli sarebbero scorsi ancora al tuo fianco i giorni alla diletta compagna della tua vita! Oh potesse l’espressione dell’affetto che per te e con te noi le serbiamo, potesse alleviarla nel grande inconsolabile suo giusto dolore! Ma ciò che a noi è impossibile, lo potrà l’ardente preghiera che da innumerevoli cuori da te beneficati, s’innalzerà costantemente al buon Dio, perchè doni alla tua Cara rassegnazione, forza e coraggio; a te, l’eterno gaudio del cielo, dove speriamo raggiungerti un giorno, ed ivi ripeterti l’inno della riconoscenza e dell’amore».

Maestra Carolina Venturelli.