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262 IL BUON CUORE


I funerali del cav. VESPASIANO GHISI

Nella loro voluta modestia, riuscirono degni dell’uomo cui si voleva prestare l’estremo tributo di riconoscenza di ammirazione. Il Consiglio direttivo dell’Istituto dei Ciechi; mons. Luigi Vitali, Rettore; i colleghi tutti di ufficio e un eletto stuolo di amici convennero, sabato mattina, alla mesta cerimonia. Altri amici, in numero rilevante, sorpresi dalla triste notizia fuori di città e quivi trattenuti, si associarono con telegrammi e lettere alla affettuosa dimostrazione.

Nel corteo funebre notavansi una rappresentanza della Società di M. S. fra i Ciechi, di cui il cav. Ghisi era stato promotore e cassiere, e una folta schiera di allievi e allieve, Maestri e Maestre dell’Istituto dei Ciechi. Sulla fronte della Basilica di S. Babila, ove si compie il rito funebre, leggevasi la seguente iscrizione dettata da mons. Vitali, nostro Rettore:

DIO PREMII NEL CIELO

IL CAV. VESPASIANO GHISI

PER 34 ANNI ECONOMO CASSIERE

NELL’ISTITUTO DEI CIECHI

ALLE DOTI DISTINTE DI AMMINISTRATORE

UNIVA LO ZELO E L’AFFETTO DI PADRE

LASCIA INCONSOLABILI

LA SPOSA, I PARENTI, GLI AMICI.

Al Monumentale, prima che la cara salma si avviasse al cimitero di Musocco, ove Egli volle essere tumulato, il Presidente dell’Istituto, prof. cav. Francesco Denti, mons. Luigi Vitali, Rettore, e la maestra Venturelli, dell’Asilo infantile, con commosse parole dissero l’estremo vale. Riportiamo qui appresso i tre discorsi perchè in essi, con la parola che vien spontanea dal cuore, è rievocata la figura buona e geniale, l’opera alacre e benefica del compianto nostro Economo-Cassiere.

«Dentro questa bara, riposa il sonno eterno, un uomo buono, una coscienza retta, un cuor d’oro, il cav. Vespasiano Ghisi, da ben 34 anni Economo-Cassiere dell’Istituto dei Ciechi.

«Patriota zelante, quando nel 1866 l’Italia mosse in armi contro l’Austria, noi lo troviamo fra le balde schiere giovanili, che, duce Garibaldi, fronteggiarono e vinsero il nemico fra le montagne del Trentino: Egli combattè si distinse nel sanguinoso scontro di Bezzecca.

«Tornato a Milano, fu prima impiegato nell’amministrazione del Convitto Nazionale Longone, quindi passò nel nostro Istituto dei Ciechi che non lasciò più fino alla morte.

«Uomo modesto, dai costumi semplici, dalle abitudini antiche, amministratore intelligente ed integerrimo, divideva il suo tempo fra l’ufficio e gli affetti famigliari, portando sempre e dovunque un senso di rettitudine esemplare ed una eletta coscienza del proprio dovere: poichè la sorte non gli aveva dato figli, dell’Istituto dei Ciechi si era fatta la propria Famiglia, lo scopo della sua esistenza, e ad esso dedicò tutte le proprie cure, tutto il proprio affetto, tutto il proprio entusiasmo, come un padre si compiace nel vedere il proprio figlio crescere in virtù ed in fama, così Egli si compiaceva nel vedere l’Istituto dei Ciechi da modeste origini,
crescere d’anno in anno in riputazione ed in potenza benefica, ed amava riconoscere e far rilevare, con senso di ben giustificato orgoglio che, almeno in parte, ciò era il portato anche delle proprie fatiche, oltre che, e sopratutto, della valentia e delle doti impareggiabili dell’esimio Rettore Don Luigi Vitali. E quelle cure e quell’affetto che portò sempre all’Istituto dei Ciechi nel curarne l’incremento, ebbe poi anche per l’Asilo Infantile al quale dedicò, quale membro del Comitato fondatore, un lavoro assiduo, amoroso, disinteressato, che non ristette se non quando vide questa nuova opera di illuminata carità, ben consolidata ed assicurata per gli anni avvenire.

«I vari Consigli che si succedettero, riconobbero però i meriti notevoli del cav. Ghisi e lo tennero sempre in considerazione di una fra le personalità più importanti dell’Istituto, gli affidarono mansioni delicate e di fiducia, gli accordarono titolo ed attribuzioni di Rettore ad honorem dell’Istituto, e per il suo 25° anno di servizio, sollecitarono per Lui il cavalierato della Corona d’Italia, ben meritato compenso alla sua onorata carriera.

«Tale fu l’uomo che noi accompagnammo all’ultima dimora, al quale, coll’animo profondamente commosso, io reco qui il saluto doveroso e riconoscente del Consiglio dell’Istituto dei Ciechi che io ho l’onore di presiedere, e di quanti Consigli si succedettero nei 34 anni di sua preziosa collaborazione a vantaggio dell’Istituto: io qui reco al cav. Ghisi l’attestazione di perenne, affettuosa gratitudine di tutta la Comunità, di tutta quella serie numerosa di infelici che si succedettero nell’Istituto nei 34 anni di sua carriera, e che ebbero sempre da Lui cure affettuose e paterne.

«Possa il largo rimpianto ed il grato ricordo che il cav. Ghisi, per le sue virtù e per i suoi meriti, lascia fra di noi, alleviare almeno in parte il dolore profondo della di lui amata Consorte, che le fu sempre compagna affettuosa ed esempio di virtù e di bontà nell’Istituto, e che oggi nella desolazione della sua solitudine trova unico conforto nel pensare che lo spirito dello sposo diletto non l’abbandonerà mai fin che Ella vive, e che un giorno potrà riunirsi a Lui là ove più non si soffre, ove più non si muore».

F. Denti.

«Io non avrei mai creduto di essere chiamato a rendere il tributo dell’estremo commiato all’amico e collega cav. Vespasiano Ghisi. Questo ufficio toccava più giustamente a lui per me, per me di lui tanto più innanzi negli anni e di cagionevole salute.

«Una parola sola vale a far comprendere la strettezza dei rapporti che esistevano fra me e lui: sono trentaquattro anni che noi abbiamo vissuto insieme nella vita di comunità.

«L’Istituto in questo periodo di tempo ha subito una notevole trasformazione di progresso e di ingrandimento, passando dall’umile dimora sul Corso di porta Nuova, allo splendido edificio di Via Vivajo: quante speranze, quante difficoltà incontrate, vinte; quanti trionfi! L’opera del cav. Ghisi si trovò in questo lungo tempo