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260 IL BUON CUORE


de tutte le spese di Corte e sulle relative liquidazioni opera opportuni tagli. Queste sono le virtù veramente apprezzabili dell’Imperatrice tedesca.

Malattie, veleni, accidenti, asinerie di medici e di chirurghi hanno, in tutti i tempi, cospirato a far morire i sovrani. Luigi XIII è morto di una enterite tubercolare; sua moglie Anna d’Austria di un cancro al seno; Luigi XIV di una cancrena senile; Maria Teresa d’Austria, sua moglie, di un ascesso alle ascelle; il reggente duca d’Orléans di una apoplessia cerebrale; Luigi XV dal vaiuolo; dei figli di Luigi XVI, il primo fu rapito fanciullo ancora dalla tubercolosi, il secondo che fu detto Luigi XVII o morì, come è più probabile, al Tempio o, evasone, fini i suoi giorni oscuramente; tra le falsificazioni della storia devono porsi tutti i pseudo-delfini che pullularono nella prima metà del secolo scorso, non esclusi i Naundorff; Napoleone I di una epatite cronica e di un cancro allo stomaco; Luigi XVIII di una cancrena senile; Carlo X di cholera; Luigi Filippo, il re borghese, di una borghesissima pleuro-polmonite; e Napoleone III di calcolo vescicale.

Tutto ciò può sembrare della semplice erudizione — nota il Momento a proposito dei noti studi recenti del dott. Cabanis. Ma non è così. Intanto molte di queste pagine riescirebbero preziose per lo studioso che rintracci negli esaurimenti nervosi delle vecchie dinastie le stimmate degenerative. Ma non poche dovrebbero aver sapore di forte agrume pei seguaci di Esculapio troppo fiduciosi nella propria scienza. La morte della moglie di Luigi XIV è sotto questo aspetto assai istruttiva: assalita dalla febbre e da improvviso malessere che rapidamente si aggrava, i medici le trovano un tumore sotto l’ascella sinistra. Diagnosticano un reumatismo; e la salassano. La malata si aggrava: i dolori e la febbre crescono. I medici di Corte, D’Aquin, Fagon e Moreau si riuniscono a consulto; discutono lungamente e poi decidono un altro salasso ai piedi! Il chirurgo scongiura, invano, Fagon di ricorrere ad un altro rimedio: l’altro è incrollabile. Alla sera la regina è morta: l’ascesso ascellare si è esteso ed è penetrato nella pleura: una breve incisione chirurgica al tumore, aprendo la via al «pus», sarebbe bastato a salvar la vita della povera Maria Teresa. Ma il chirurgo a quei tempi non aveva alcun diritto d’iniziativa, era un semplice esecutore delle prescrizioni dei medici, e la sua

Scommetterei il marengo che il Romanzo della domenica (un anno L. 4,00 agli abbonati del Corriere, due soldi al numero) offre ai suoi lettori e giuocatori: e vi dico che c’è qualche lettrice alla quale dolgono i denti. E’ male di stagione: ebbene, io mi permetto — con rispetto parlando — di rammentare la vecchia ricetta raccomandata da Carlo de l’Orme, primo medico di Luigi XIII, per il mal di denti: «Prendete dello sterco d’oca, fatelo friggere con grasso di maiale maschio, e applicatelo caldo sul dente malato sopra un pezzo di garza». Proprio cosi! Se si pensa a quali strane teo-
riche e a quali singolari rimedi ricorrevano i medici d’un tempo per alleviare le piaghe della sofferente umanità, c’è veramente da rallegrarsi d’esser nati molto tardi nel giro dei secoli. A parte il fatto che l’astrologia aveva una parte preponderante nella medicina, tanto che venivano stabiliti i più strani rapporti fra la salute del corpo, i segni dello zodiaco e i movimenti dei pianeti, ciò che può darci un’idea dei sistemi degli esculapi antichi è il formulario delle loro ricette. Per guarire un imbarazzo gastrico — secondo il The Lancet — era indicatissimo un olio ottenuto facendo bollire viva in una miscela di purganti, una vecchia gallina. Si cercava poi di aumentare l’efficacia dei rimedi complicandone la composizione. L’elettuario che Sermert consigliava pei mali di cuore, conteneva ben trentadue sostanze, fra le quali l’oro, lo smeraldo, le perle, lo zaffiro, l'ambra e il corallo. Un elettuario di questa natura confortatif de pierres précieuses clystères dorés costavano 40-50 franchi, quelli, non dorati 4 franchi... E l’epidemia del salasso? Guy Patin, che ne fu l’apostolo, credeva con Botal «che il sangue è nel corpo umano come l’acqua in una buona fonte: quanto più se ne attinge, tanto più ne sprizza». Perciò egli salassava infaticabilmente: praticò tredici salassi in soli quindici giorni a un ragazzo di sette anni, non risparmiò nemmeno i bambini di tre mesi, e una volta ne salassò uno di tre giorni. Ma tutto ciò si capisce quando si pensi che agli studenti di medicina, anzichè la pratica negli ospedali, si richiedeva la soluzione di problemi di questo genere: «Gli eroi nascono dagli eroi? Hanno temperamento bilioso?» — «E’ buona cosa ubriacarsi una volta al mese?» — «La donna è una opera imperfetta della natura?» — «Lo sternuto è un atto naturale?» — «Bisogna tener conto delle fasi della Luna per il taglio dei capelli?» — Lo studente doveva battagliare per sette ore in questo torneo sillogistico prima di ottenere il dignus intrare.

BALLATE

A GIOVANNI MARRADI.


Gentil poeta, cui sì dolce suona
e sì soave l’armonia del verso
e in onda malinconica sommerso,
canti piangendo la sorella buona,

che, appena madre, le pupille chiuse
aprendole alla rosea bambina,
e che t’inebrii nelle ombrìe canore
le voci udendo delle alate Muse,
ed aneli alla tomba ove supina
dorme tua madre, e dove, orando, smuore
l’affanno e il grido dell’uman dolore,
oh! sempre, nella triste ara del pianto,
mi sospira nell’anima il tuo canto,
che piange e invoca, e in mesta eco risuona.