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254 IL BUON CUORE


Antonio Nibby diede tutta l’opera sua, tutto se stesso allo studio della storia della città eterna: e con numerose pubblicazioni, che raggiungon quasi la trentina, ha recato un contributo grandissimo alla conoscenza del nostro passato glorioso. Amantissimo degli studii archeologici, per cui fu allievo di Lorenzo Re, a soli ventitrè anni cominciò i suoi lavori coi quali passò in rassegna tutte le questioni più importanti, illustrò i luoghi più famosi di Roma e dintorni, commentò i monumenti nostri più celebri. Esso fu di un’attività e di una versatilità senza pari: con la più gran disinvoltura passava dalla traduzione della Grecia di Pansana alla descrizione delle Vie degli antichi, dallo studio su La forma e le parti che costituivano le antiche chiese cristiane alla illustrazione storico-archeologica del Museo Pio-Clementino.

Nei suoi studi ebbe a predecessori i celebri E. Q. Visconti, Filippo Aurelio Visconti e Giuseppe Guattani e di costoro il Nibby uguagliò, se non superò, la profondità della dottrina e l’acutezza della critica. Il bene che egli ha fatto alla nostra città è immensurabile: poichè egli per primo l ha iniziato i lavori di costruzione storica, topografica, archeologica della campagna romana e si può ben dire che se egli non fosse stato, il Gregoriovus non sarebbe così grande come è ed il Tomassetti, testè rapito a noi, non ci avrebbe potuto dare così completa quella poderosa sua opera sull’Agro romano. Dico questo poichè il Nibby è stato l’esploratore di questa parte della nostra storia: è stato colui che ha saputo tracciar le vie principali, togliendo via i primi ingombri, spiandone le più grandi difficoltà, agevolando così e di gran lunga il lavoro ai suoi successori, come realmente è stato.

E con le descrizioni altresì di Villa Adriana, di Subiaco, della villa d’Orazio, ecc., ecc., egli ha fatto conoscere cose a tutti ignorate, rendendo note, specie all’estero dove i suoi libri venivano e vengono ancora molto apprezzati, le bellezze interne ed esterne, dirò così, della nostra città invogliando gli stranieri a visitarle.

E con tutto ciò, con tutto il suo lavoro, egli, a soli 47 anni, morì poverissimo. La pietà di un amico pensò a fargli onorevoli funerali. La famiglia numerosa rimase così nel lutto e nella povertà, aiutata nei bisogni più urgenti da qualche amico pietoso e da qualche Accademia a cui l’illustre estinto apparteneva. Ma ora le Accademie più non esistono: gli amici pietosi saranno tutti morti e la povera Sestia dovrà finire così, solo ottenendo per il suo cadavere il conforto dell’altrui pietà?

Mi auguro di no. Sono tanti gli Istituti di beneficenza, sono tante le persone in Roma che si ascrivono a dovere la tutela di questi poveri derelitti della fortuna, e che questo dovere compiono e con letizia. Noi additiamo loro questa grande miseria ignorata, sicuri che vorranno rendere meno amari gli ultimi giorni di vita che il cielo assegna a questa infelice. E’ questione di cuore e di gratitudine: e, fortunatamente, per la maggior parte degli uomini, cuore e gratitudine non sono ancora parole vane e senza soggetto. Diano essi que-
sto frutto di carità e faccian sì che un uomo così benemerito della nostra nazione in genere e della nostra Roma in ispecie abbia almeno in ispirito la soddisfa. zione di vedersi rimunerato di tanto amore e di tanta attività nell’ultimo avanzo della sua stirpe infelice.

Guglielmo Ferri.

Religione


Vangelo della nona domenica dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

In quel tempo, mentre intorno a Gesù si affollavano le turbe per udire la parola di Dio, egli se ne stava presso il lago di Genezaret. E vide due barche ferme a riva del lago: e ne erano usciti i pescatori, e lavavano le reti. Ed entrato in una barca, che era quella di Simone, lo richiese di allontanarsi alquanto da terra. E stando a sedere, insegnava dalla barca alle turbe. E finito che ebbe di parlare, disse a Simone: Avanzati in alto, e gettate le vostre reti per la pesca. E Simone gli rispose, e disse: Maestro, essendoci noi affaticati per tutta la notte, non abbiamo preso nulla: nondimeno sulla tua parola getterò le reti. E fatto che ebber questo, raccolsero grande quantità di pesci: e si rompeva la loro rete. E fecero segno ai compagni, che erano in altra barca, che andassero ad aiutarli. Ed andarono, ed empirono ambedue le barchette, di modo che quasi si affondavano. Veduto ciò, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: Partiti da me, Signore, perchè io son uomo peccatore. Imperocchè ed egli, e quanti si trovan con lui eran restati stupefatti della pesca che avevan fatta di pesci. E lo stesso era di Giacomo e di Giovanni figliuolo di Zebedeo, compagni di Simone. E Gesù disse a Simone: Non temere: da ora innanzi prenderai degli uomini. E tirate a riva le barche, abbandonata ogni cosa, lo seguirono.

S. LUCA, Cap. 5.


Pensieri.

«Intorno a Lui s’affollava la gente per udir la parola di Dio».

Ci sono uomini privilegiati, divini, ricchi di una ricchezza interiore ineffabile che hanno il mandato sublime, non solo di conservare, sulla terra, una pura corrente spirituale, un anelito inténso verso l’infinito e l’eterno, ma hanno anche quello, scaturiente dal primo, di risvegliatori di anime, di guide nella vita spirituale, di maestri a’ fratelli.

Quando essi parlano, scuotono cuori, destano sopite energie, promuovono moti di ascensione, non in singole anime appena, ma anche fra società e nazioni!

Benedetti siano codesti risvegliatori di coscienze,