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234 | IL BUON CUORE |
Nello intento di provvedere simultaneamente ad aumentare alquanto le nostre risorse finanziarie ed a contenere il numero dei ricoverati nel limite del nostro bilancio, noi fummo finora costretti a richiedere ai ricoverati stessi i piccoli contributi a quota fissa di L. 20 all’atto di ammissione. Questa misura inibitrice allontanava da noi verso l’Ospedale Maggiore il più gran numero di malati bisognosi di ricovero: e questa misura ha testè annunziato il benemerito Consiglio vostro di voler togliere in parte coll’anno nuovo; in parte, cioè per una determinata categoria di ammalati più gravi e non suscettibili di assistenza d’ambulanza, ossia per quelli che hanno bisogno di atti operativi; il benefizio viene esteso a tutti i comuni della provincia in conformità ai confini assegnatici dal nostro Statuto.
Così intendiamo noi elevare la mano al nostro massimo confratello col piccolo obolo della nostra collaborazione; così intendiamo noi devolvere a benefizio dei poveri i nuovi proventi della eredità Frova-Francetti.
Frattanto siano ringraziati coloro che nel nostro mandato di beneficenza ci hanno assistito durante il decorso 1910. E prima fra tutti la nostra Cassa dì Risparmio, il cornucopia, l’astro di guida della beneficenza lombarda: il prof. comm. Elia Lattes, il più generoso fra i nostri attuali benefattori privati, che in questi ultimi tre anni elargì all’Istituto la somma complessiva di L. 17.500, costituendo così un letto di fondazione perpetua: gli eredi di Adele Rocca vedova Forti con L. 1000; gli eredi del compianto comm. Egidio Gavazzi, gli eredi di Serafino Biffi con L. 500 ciascuno; l’Eredità Pisa L. 300; gli Eredi dell’azionista nostro ing. Emilio dei conti Alemagna L. 300; il duca Uberto Visconti di Modrone, il Monte di Pietà con L. 100 ciascuno: la signora Isabella Osculati ved. Maggioni con L. 200; la signora Usellini ved. Grugnola; la signora Mombelli ved. Bambergi; la signora Freganeschi ved. Borella; ed una lunga schiera di altri nostri costanti benefattori.
Pur troppo anche nella schiera dei nostri benefattori miete e fa vuoti ogni anno la morte; e già nel corrente anno noi dobbiamo rimpiangere la perdita del sig. Bassolini Cesare, azionista; del sig. ing. cav. Cesare Pian-E mi si permetta ancora che io rivolga una amichevole parola di ringraziamento a tutti i miei collaboratori, ai colleghi medici, ai sigg. impiegati, alle RR. Suore, ed a tutto l’ottimo e lodevole nostro personale.
L. Ferri.
Per l’assistenza sanitaria agli emigrati
NELL’AMERICA DEL SUD
(Continuazione e fine, vedi n. 29).
«E non parliamo delle ricette! I prezzi che ho accennato si riferiscono a medicinali considerati da soli: un po’ di cremor di tartaro, un purgante semplice, un’acqua salina; guai se si tratta di una combinazione, se la ricetta del medico portasse qualche cosa di composto! Allora si perde addirittura la cifra. Appunto come avviene pei medici quando devono metter mano al bisturi, quale che sia l’entità dell’operazione. Allora i compensi, si tratti pure di proletarii, diventano paradossali. Di modo che, l’assistenza sanitaria è così triste che si può perfettamente riassumere in una frase di un colono che fu consacrata dal Console di Porto Alegre in un rapporto al nostro Ministro degli Esteri: Signore, quando la malattia penetra nella casa di un colono, questi deve raccomandarsi a Dio, perchè l’entrata del medico significa la miseria della famiglia!...».
Fin qui l’on. Pantano, che anche raccontò in pieno Parlamento dolorosi casi di dissesti finanziarî prodotti da questi elevatissimi costi di medici e di medicine.
Il peggio si è che la legge non garantisce in nessun
modo il paziente, il cliente, in nessun Stato dell’America
del Sud. La nota del medico ha forza di legge, il magistrato non fa altro che darle valore esecutivo e non
c’è altro scampo che rimettersi alla carità del medico.
Soltanto a Buenos Ayres vi è un Consiglio d’igiene
che qualche volta corregge un po’ le cifre, ma non si
tratta che di piccole correzioni.
Dovranno dunque i nostri connazionali, poveri contadini e operai, mandare in rovina la loro azienda, il loro lavoro; dovranno oltrechè esaurire il gruzzolo che hanno accumulato, contrarre dei debiti per curare sè o la famiglia, oppure dovranno rinunciare ai mezzi che