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212 IL BUON CUORE


ria ricorre all’Associazione onde abbiano esecuzione i suoi Decreti riguardanti il ricovero del minore: l’Associazione a sua volta, ricorre al Magistrato affinchè i provvedimenti che essa ha preso, o che sta per prendere nell’interesse del fanciullo, abbiano autorità legale, siano assistiti, ove occorra, da esecuzione coattiva.

«In uno dei primi giorni di quest’anno, nell’occasione di una visita da me fatta alle carceri cellulari di questa città, mi fu presentato tra i detenuti un fanciullo di 12 anni, il quale, malgrado l’età sua poco più che infantile, era già stato condannato quattro volte, tre per furto ed una per rapina, e trovavasi da alcuni giorni in attesa del quinto giudizio: era un fanciullo pallido, esile, dagli occhi vivaci e nerissimi, dall’intelligenza aperta e precocemente svegliata: indossava l’abito caratteristico, a grosse righe, dei servi di pena; abito che era stato grossolanamente raccorciato in ogni sua parte, per potersi adattare à quella tenera corporatura.

«Mi si strinse il cuore dalla commozione e dal dolore, nel vedere quel piccino in quel luogo di disonore di infelicità!

«Provai ad interrogarlo sulle sue condizioni di famiglia, sui suoi precedenti: proveniva dalla provincia di Novara; il padre era quasi completamente a lui sconosciuto, perchè aveva passato gran parte della sua vita nelle carceri, e stava ancora espiando una pena di lunga durata: la madre, una donna oppressa dalla miseria e dagli stenti, traeva l’esistenza prestando qua là qualche servizio; ben poco, anzi nulla si curava del figliuolo, il quale e di notte e di giorno batteva le vie della città, associandosi a giovani randagi e pregiudicati: questi gli diedero di che sfamarsi, ma pensarono contemporaneamente di trarre profitto dalla sua precoce intelligenza, associandolo, anzi mettendolo in prima linea, nell’esecuzione di imprese criminose, che lo dovevano poi completamente demoralizzare, e rovinare per tutta la vita!

«Quel fanciullo non aveva mai varcato la soglia di una scuola: i primi rudimenti di istruzione li aveva ricevuti nel carcere, dalla scuola ivi recentemente istituita pei minorenni.

«Per quel giorno non ebbi più coraggio di proseguire nella mia visita: uscii da quel luogo di infelicità col cuore pieno di sconforto e di dolore, perchè mi parve iniquo che la società avesse lasciato condannare quel fanciullo abbandonato senza avergli prima apprestati i soccorsi necessari, senza aver esperito tutti i mezzi per salvarlo!

«Ed uscito di là, o signori, passato in più spirabil aere, il mio sguardo si posò sur un vasto edificio, che quasi a costante ammonimento nostro è collocato di fronte al carcere cellulare; ad un vasto edificio che al sommo delle sue porte ha scritta una parola, una sola parola, che è però tutto un vasto programma di buon governo: prevenire; e pensai al bene che si compie in quello ed in tutti gli altri consimili istituti; la mia mente corse subito a questa vostra Associazione, a questa casa di deposito, a questo santo asilo, e vide in esso, attraverso una atmosfera di pace e di gaudio, la numerora schiera dei vostri fanciulli, lindi, puliti, allegri, dimentichi della sventura che li ha colpiti, perchè hanno qui ritrovato quella famiglia che loro mancava, hanno qui ritrovato la buona e grande famiglia
dei loro benefattori! Pensai a tutte le istituzioni di beneficenza che fioriscono in questa città per l’assistenza della fanciullezza abbandonata: pensai a tutti quei minori che per avere a tempo trovato ricovero in essi, sono stati salvati, mentre abbandonati a se stessi, o in balia di genitori inumani, avrebbero inevitabilmente seguito la sorte di quel fanciullo disgraziato!

«E sopratutto pensai che il bene che si compie pel fanciullo, non è soltanto bene individuale, a vantaggio della sua persona, ma è bene sociale, perchè da esso consegue un vero utile, un grande beneficio per l’intera collettività.

«Curare l’allevamento e l’educazione del fanciullo vuol dire avere una maggiore moralità nella popolazione; perchè il fanciullo rappresenta il domani, il fanciullo è l’avvenire, il progresso della società nostra; curare l’allevamento e l’educazione di lui, vuol dire innalzare a più alti destini il Paese nostro, aumentarne il prestigio nella sua vita civile e politica, accrescerne la prosperità; vuol dire diminuire i bisogni di una vigilanza continua nell’agguerrimento della lotta contro il male; diminuire i giudizi, le case di pena; vuoi dire insomma realizzare una grande economia non solo sul bilancio morale, ma anche sul bilancio materiale ed economico dell’intera società.

«Ed ecco perchè io saluto col più lieto animo l’apertura di questi istituti, il loro ingrandimento, il loro continuo sviluppo. Ecco perchè io unisco di tutto cuore la mia parola riconoscente al ricordo dei loro benefattori: questi istituti per me rappresentano una conquista sociale sempre maggiore, ed una nuova promessa di miglior avvenire per la Patria nostra.

«E permettete, o signori, che al saluto che io mando a questa istituzione, unisca e confonda un saluto riconoscente, cordiale, vivissimo, al suo illustre Presidente, a questo valoroso pioniere che da tanti anni così fortemente, così sapientemente la dirige, e che ad essa ha dato tutta la sua grande anima ed il suo gran cuore! Permettete che io mandi un saluto riconoscente a tutti i Consiglieri che sì egregiamente lo hanno coadiuvato: alle dame gentili che, nuovi angeli della Carità, prestano la loro opera amorevole e pietosa a pro’ dei fanciulli abbandonati: a tutti i benefattori che fondarono o dotarono di censo la istituzione: e nelle lapidi e nei cuori siano sempre scolpiti i loro nomi onorati, a ricordo ed esempio della nobile opera compiuta! Permettete infine che io mandi un saluto a tutti i buoni che concorrono a sostenere l’istituzione stessa, ne favoriscono lo sviluppo benefico, e sentono nell’anima tutta la dolcezza infinita, l’altezza divina, delle parole del grande Galileo: «Sinite parvulos venire ad me.».

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(CURA DI SALSOMAGGIORE).

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Signora Galbiati Galimberti Belinda.