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IL BUON CUORE 172


Significano un’anonima ed umile e munificente prodigalità suscitata in cooperatori innumerevoli, sull’esempio di quei primissimi che, quando Don Bosco doveva vestirsi chierico, gli donarono chi il cappello, chi la veste, chi il pastrano, chi le calze o le maglie o le scarpe, un commutatore della ricchezza e un elevatore di essa.

Significano migliaia di suoi sacerdoti e di sue sorelle, che abbandonarono tutto per seguire lui; per dare al bene, da lui promesso agli uomini, la testimonianza delle loro vesti, dei loro voti, del loi o improbo lavoro e anche della loro vita. Poichè fra le opere sue vi è pur quella dell’assistenza dei lebbrosi in Colombia, cioè ad Agua de Dios, a Contratacion e a Cano de Loro. E chi si chiude in quei lazzaretti sa quale sorte gli può essere serbata: sa che probabilmente dovrà morirvi per lenta distruzione, oggetto di ribrezzo a sè ed agli altri, non meno degli assistiti.

Ora, non è opportuno conoscere bene addentro come visse ed agi un uomo capace di cose così straordinarie? Parrebbe a prima vista che l’aver a fare con un nostro contemporaneo, di cui avemmo sott’occhi la persona e le azioni, ce ne dia già notizie sufficienti; ma è un’illusione. Per lo più i contemporanei famosi non si conoscono se non dal giorno in cui la loro fama sorse, restando così nell’ombra quei loro primi anni, dai quali precisamente questa fama successiva trasse gran parte della sua ragione. Dippiù la gente che assiste allo svolgersi delle loro grandi opere pubbliche, abituandosi ora per ora ad un tale progresso, abbia pur esso del prodigioso, non ne prova quell’improvvisa meraviglia, che è stimolo a rendersi conto minuto dei fatti e degli uomini. Cosicchè avviene spesso che i personaggi meno ben conosciuti siano appunto quelli che ci passarono accanto.

Don Bosco ebbe una fortuna, o meglio l’ebbero coloro che un giorno avrebbero cercato notizie minute dell’esser suo. Si raccontò da sè stesso e fu raccontato da molti altri. Dirò anzi che intorno a lui si organizzò presto un sistema regolare di storia continua. Quindi è fra gli uomini famosi uno dei pochi di cui pochissima parte sia rimasta nell’ombra; uno dei pochi, che con tenue fatica possa venir ricordato tutt’in una volta ad un pubblico vasto. ............

La copia delle notizie certe che si hanno di lui è tanta che la difficoltà non sta nel raccogliere ma nello scegliere. Senonchè chi affronta una tal difficoltà ha il compenso di prevedere che qualunque sia la sua arte di scelta ne risulteranno sempre alcune cose immancabilmente utili o piacevoli.

Infatti, come nella musica sembra di tanto in tanto che le combinazioni delle note siano esaurite, e poi viene un genio a trarne armonie o melodie imprevedibili, così nelle industrie della carità sembra a volte che non ci sia più spazio ove abbiano campo d’insinuarsi i novatori, e vengono gli uomini, quali Don Bosco a mostrare coll’esempio che v’era spazio ancora che essi hanno potuto muoversi con singolare ampiezza e libertà. E chi contempla e ne resta ammirato, prova un grande conforto; poichè ne impara, che non vi sono
età e condizioni pubbliche le quali possano rendere impossibile o superflua l’azione della santità; che essa appena si mostra sa trovare il luogo suo.

Nè minore è il conforto, se si osserva che variando i tempi questa santità non ha da essere fabbricata con ricette nuove, nè preparata con radicali riforme di quella religione di cui deve alimentarsi. Quando si vede Don Bosco, vissuto ai nostri giorni, in mezzo alla stessa inquietitudine spirituale donde nascono le tentazioni di tutto rinnegare o di tutto rinnovare; quando, dico, lo si vede trarre le sue attitudini ai tempi nuovi da una virtù che non si deriva da nessun tempo perchè è di tutti i secoli cristiani, allora si comprende che può bensì variare il terreno ove esercitarla, ma non ha bisogno, nè ragione nè diritto d’esser variata essa stessa, tanta ne è perpetua la fecondità e l’adattabilità.

E intanto si gode il meraviglioso spettacolo d’una vita tutta coerente dall’infanzia alla morte; che non è composta d’eroismi saltuari, come quella di gran parte degli eroici profani anche ammirabili, ma è un eroismo solo senza interruzioni che lo spezzino; senza vanaglorie che distraggano dalla meta lo sguardo dell’eroe per farlo indugiare in ozi di compiacenza sopra sè stesso; senza impacci di passioni che disperdano la sua attività in molteplici strade. Si gode il meraviglioso spettacolo d’una vita in cui una tale unità non sta soltanto nel dominio unico della virtù; ma nella armonia delle virtù più diverse e talvolta apparentemente opposte fra loro; le quali non sono raggiunte da una volontà che corra loro dietro una per una e poi le tenga serrate fra loro con agitazione scrupolosa e a fatica; ma sono colte tutte insieme, per un ardore di carità che tutte insieme le supera e le fonde, restando distinta, spontanea, e sopratutto amabile, l’indole dell’uomo che è fatto così loro suddito e loro padrone.

F. Crispolti.

L’ELOGIO DEGLI ALBERI

Un tempo gl’italiani amavano davvero, d’un amore vigile e profondo, i loro alberi che rendevano più magnifici i nostri paesaggi, e più ridenti le altitudini silenziose dei nostri monti, ma quest’amore parve, poi, spegnersi, un poco alla volta, nell’anima loro, sì che essi hanno potuto assistere, con impassibile e triste indifferenza, allo scomparire lento e inesorabile dei meravigliosi e rigogliosi boschi, che sino ad un’epoca non troppo remota, popolavano ogni angolo della nostra regione, rendendola ancor più bella e più pittoresca.

Sembra, ora, che quest’amore per gli alberi vada novellamente facendosi strada nello spirito italiano: e a far sì che una coscienza forestale risorga, al fine, e si affermi vigórosamente, il Touring pubblicava poco tempo fa una bella monografia illustrata da quadri e da fotografie. Questa interessante ed utile pubblicazione parve rispecchiare bellamente le intenzioni di quanti aspirano, oggi, a veder di nuovo le pendici dei nostri