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IL BUON CUORE 171


pregar nello spirito di Gesù, ripetendo la sua sublime parola: La tua volontà sia come in cielo, in terra!

Sia sincera e sentita sulle nostre labbra la preghiera che Gesù ci ha insegnato e quando vien l’ora che si attua su noi un disegno di amore sempre, anche se è disegno di dolore, pieghiamo la fronte e ripetiamo l’altra grande parola: Se è possibile, passi da me questo calice, però sia fatta non la mia, ma la tua volontà.

«Ho manifestato il tuo nome agli uomini che a me desti nel mondo».

Ecco la parola che dovrebbe esser quella di ogni apostolo, la testimonianza che ogni anima sacerdotale dovrebbe poter rendere davanti a Dio: ma è pur la parola che dovrebbe dire e la testimonianza che dovrebbe rendere anche ogni cristiano.

A ogni creatura Dio ha dato qualcuno da guidare, da educare: come adempiamo noi questo divino mandato? Dio ci ha dati questi suoi figli, come figli nostri, come nostri discepoli, nostri amici, perchè noi ad essi, si manifesti il suo nome. Quale predicazione cristiana scaturisce dal nostro insegnamento, dalla nostra parola, soprattutto dalla nostra vita? Oh, dar Cristo ad un’anima è darle la vita vera, quella che non vien meno mai, è darle forza nel dolore, rifugio nell’affanno, serenità nella contradizione, è il benefizio massimo che ad un uomo si possa fare! E questo vuole da noi il Signore!

Siam noi preparati a rispondere alla nostra vocazione? Oh, che Cristo viva in noi, che da noi irradii anche sui nostri fratelli e che tutti s’entri un giorno nel gaudio del Signore!

Educazione ed Istruzione


UNA PRIMIZIA DEL “DON BOSCO„



Ci è data facoltà di pubblicare alcune fra le prime pagine del libro «Don Bosco» di Filippo Crispolti che uscirà fra giorni, edito dalla «S. A. I. D. Buona Stampa» di Torino. Il libro incomincia così:

L’8 dicembre 1841, un giovane prete, Don Giovanni Bosco, accoglieva nella sagrestia della chiesa di S. Francesco d’Assisi in Torino un ragazzo povero ed abbandonato, proponendo d’insegnargli tutte le feste un po’ di catechismo. Questi minimi inizi ebbe l’opera esteriore di lui.

Quali ne fossero gli sviluppi, si può vedere da una statistica compilata vent’anni dopo la sua morte, che avvenne il 31 gennaio 1888. Presso all’agonia egli aveva detto: «Si sarebbe potuto fare di più, ma lo faranno i miei figli.» Con ciò egli aveva adottato per suo anche quello che in suo nome si sarebbe fatto dopo di lui. Ed a ragione, poichè rare volte nella storia si è visto che i continuatori di un uomo abbiano
serbato altrettanto forte ed amato il suo spirito: che siano stati obbedienti con altrettanta giocondità alle parole di lui vivente. Quindi tutte le istituzioni, che s’intitolano da D. Bosco oggi, si debbono a lui riportare, non solo perchè egli le fondò e le condusse a buon punto, ma perchè anche negli ulteriori accrescimenti egli le volle e le ispirò.

L’opera sua messa in cifre è dunque questa: In Italia i suoi sacerdoti conducono 32 ospizi di beneficenza per giovani studenti e artigiani, vere scuole professionali d’arti e mestieri, 29 collegi-convitti, 19 pensionati e scuole pubbliche con un complesso di 10,923 alunni; oltre a ciò 61 oratori festivi con 13530 giovani. All’estero, cioè nelle regioni civilizzate d’Europa, d’America, d’Asia, d’Africa, 72 istituti per educazione agricola o industriale con 5170 alunni: 106 collegi con 5888, 95 Esternati con 12819, 115 oratori festivi con 24883.

Nelle missioni pei selvaggi della Pampa, delle Patagonie, della Terra del Fuoco, di Medez e Qualaquiza nell’Equatore, del Matto Grosso nel Brasilepun migliaio circa di questi sacerdoti, coll’aiuto delle sue Suore di Maria Ausiliatrice, reggono parrocchie, chiese, collegi, ospedali, asili, osservatori, che in pochi anni hanno elevato alla luce nostra 80000 indigeni. Nei vari luoghi poi ove si estende l’emigrazione italiana sorgono case che fondate appositamente, o cumulando questo ufficio cogli altri, assistono circa 150.000 connazionali nostri nell’Argentina, 6o,000 nell’Uruguay, ioo,000 nel Brasile, 70,000 negli Stati Uniti dell’America del Nord, 35,00o in Europa.

Ciò, per dare un’idea della beneficenza di Don Bosco. Quanto all’attività per il culto, basti dire che da lui e dai suoi preti furono erette circa trecento chiese e cappelle nuove. Quanto alla sua attività per la cultura, basti Aggiungere che egli non contento d’aver scritto di sua mano volumi e volumi di storia civile ed ecclesiastica, di pietà, di svariatissimi ammaestramenti, sparse per il mondo ventiquatto scuole tipografiche, la maggior delle quali è a Torino con dodici macchine sempre in moto; scuole da cui escono opere di liturgia, teologia, oratoria e soprattutto libri scolastici e letture per la gioventù ed il popolo. Ed egli lo fece, senza che i milioni assorbiti allora e di continuo da questa opera immane, siano provenuti e provengano da nessun patrimonio stabile, da nessuna rendita fissa. Il pensarci fu ed è rimesso alla Provvidenza.

Senonchè le cifre non possono dare che un lato dell’opera stessa. È necessario trarre dalla loro materialità ciò che contengono di valore spirituale.

Tanti numeri d’edifici, d’uomini, di monete significano pane, lavoro, dignità, sapere, fede, virtù dati ad una gioventù copiosissima, che non avrà il dolore di dover ripetere come un rimpianto ciò che a Don Bosco sacerdote novello dissero alcuni giovani carcerati:

«Se vi avessimo conosciuto prima, non saremmo qua dentro.»

Significano beneficio a selvaggi per farli diventare cristianamente civili, e ad emigrati cristiani e civili per salvarli dal pericolo di farsi in qualche modo selvaggi.