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140 IL BUON CUORE


sta, signorine in eleganti toilette, frati, suore, soldati, bambini dell’asilo e delle scuole elementari: un mondo di gente di tutte le confessioni religiose: cattolici, mussulmani, protestanti, ebrei, greci scismatici, cofti eretici.... Il Vescovo procede in mezzo a questa folla con la mitra gemmata in capo e col pastorale in mano.

Commosso e sorridente benedice. Gli indigeni con delle trombe di legno, con dei flauti di nuovo genere, con un tamburo a forma di barile mandano un suono

lacerator di ben costrutti orecchi.

Tutti cantano e salutano con profondi inchini l’entrata dell’Abuna (Vescovo). Nella chiesetta della missione dopo il canto del Te Deum, il Vescovo imparte a tutto il popolo raggiante di gioia la benedizione del SS. Sacramento. La cerimonia d’ingresso era finita.

Al mattino del martedì (4 aprile) mons. Carrara faceva visita a sua ecc. il governatore Salvago Raggi, persona di vasta cultura e di modi distintissimi.

Il giorno seguente sua ecc.za il Governatore col cavaliere Alessandro Allori, direttore degli affari civili, restituiva la visita al vicario apostolico. Molto gradita tornò pure al Vescovo la visita del colonnello marchese Salazar che tante simpatie seppe acquistarsi nel suo ancor breve soggiorno nella colonia. Ci fu pure uno scambio di visite tra monsignore e le persone più ragguardevoli del luogo, sempre improntate dalla massima cordialità.

Il Vescovo, che tanto amore nutre per la gioventù, volle onorare di una sua visita l’asilo e le scuole dirette dalle buone suore, e ne riportò ottima impressione, poichè quelle creature ebbero voci di affetto, inni di gioia sincera e il dolce idioma della patria nostra rivelò per le loro labbra molte e soavissimi cose.

Ed ora dovrà esplicarsi su questa terra africana tutta l’attività del nostro apostolico ministero. Qui dove già risuona una nota gentile della nostra lingua italiana, dove la mano dei nostri operai rompe la dura terra, dove la bandiera tricolore, simbolo di civiltà, distende libera al vento le sue pieghe e ricorda le eroiche virtù del gagliardo esercito nostro; qui noi continueremo l’opera del cardinal Massaia e di P. Michele da Carbonara, quell’opera che conosce tutte le gentilezze, tutte le devozioni, tutti i sacrifici per la riconquista di un popolo agli splendori della fede e della civiltà cristiana.

(P. E. D. I.)


ISTRUZIONE PROFESSIONALE AGRARIA


(Continuazione e fine, vedi n. 17).


Di questo, vedremo quale soluzione pratica saprà trovare il Consiglio Superiore di Agricoltura.

Su un punto ci pare di dover insistere, concludendo, ed è l’igiene rurale.

Questa parola pare un’ironia. Se i principi di igiene sono così trascurati in città, non sono completamente misconosciuti in campagna? Senza dubbio il sole, l’aria
libera, i venti forti s’incaricano di quello che si potrebbe chiamare il lavoro più.... grosso dell’igiene; ma essi richiedono un minimum di collaborazione umana. Ora questo minimo troppo spesso difetta.

Uomini e bestie vivono ancora, in molte campagne, in una promiscuità poco favorevole all’igiene. I recipienti in cui s’abbeverano gli animali e dove s’attinge l’acqua per la famiglia è troppo esposto alle peggiori infezioni. La casa rurale si distingue sopratutto per sporcizia e assenza d’ogni preoccupazione d’igiene.

Il dottor Landouzy segnala i pericoli d’infezione che porta con sè il ritorno ai campi di un cittadino tubercolotico. Quando il bacillo della tubercolosi penetra in una casa di campagna, non ne esce più. E infatti, non di rado si vedono famiglie intere sparire in seguito all’importazione di codesto bacillo. Sarebbe più facile liberarsene usando certe precauzioni. Ma l’ignoranza e l’incuria sono tali che il male trova libero ingresso in tutti gli organismi della casa.

I circoli di studi rurali dovrebbero occuparsi altresì di far penetrare nelle campagne i principi più indispensabili dell’igiene. V’ha quivi un soggetto di studio, che non mancherà di interessare i membri di un Circolo se si ha cura di lasciar cercare da loro stessi e definire le regole pratiche d’igiene rurale.

Le scuole di massaie avranno una grande influenza nello stesso ordine d’idee, se si bada di adattarle ai bisogni del paese.

L’iniziativa dei sindacati agricoli si manifesterà utilmente con lezioni, conferenze, concorsi. Se essi diffondono fra i contadini, le nozioni d’igiene animale e d’igiene vegetale, perchè non cercheranno di volgarizzare le nozioni elementari d’igiene umana?

I proprietari soddisferebbero un dovere sociale, se sorvegliassero con maggior cura alla buona installazione dei locali, dove confinano i loro servi e alle case, dove alloggiano i loro contadini. Questi dovrebbero esigere nell’interesse della loro famiglia, con una clausola particolare del contratto, che la casa, in cui dovranno abitare, risponda alle esigenze dell’igiene, e che durante il tempo del contratto si eseguiscano ripuliture periodiche, come l’imbiancamento dei muri e le lavature con latte di calce.

L’attuale insegnamento agricolo, bisogna riconoscerlo, fa tutti gli sforzi più lodevoli per penetrare dovunque e per convertire ogni giorno de’ nuovi gruppi di giovani agricoltori. I nostri professori delle cattedre ambulanti rivalizzano in zelo per diffondere intorno ad essi la buona semente e insegnare alle popolazioni rurali a che servano le leggi, che si fanno per loro e che esse, troppo sovente, ignorano.

Dal punto di vista tecnico e scientifico, codesto insegnamento è eccellente, ma noi crediamo che lasci ancora molto a desiderare per lo scopo che si propone, perchè qui non si tratta soltanto d’istruire i nostri agricoltori; bisogna altresì trattenerli nel paese natio, e condurre all’agricoltura delle nuove reclute. Per giungervi, occorre un altro genere d’insegnamento, che può dirsi estetico, al quale accennammo in principio e sul quale insistiamo; il suo scopo sarebbe quello di