Pagina:Il buon cuore - Anno X, n. 10 - 4 marzo 1911.pdf/7


IL BUON CUORE 79


col tuo piede nella pietra. Gesù gli disse: Sta anche scritta: non tenterai il Signore tuo Dio. Di nuovo il Diavolo lo menò sopra un monte molto elevato: e fecegli vedere tutti i regni del mondo, e la loro magnificenza, e gli disse: Tutto questo io ti darò, se prostrato mi adorerai. Allora Gesù gli disse: Vattene Satana, imperocchè sta scritto: Adora il Signore Dio tuo, e servi Lui solo. Allora il Diavolo lo lasciò, ed ecco che gli si accostarono gli angeli, e lo servirono.

S. MATTEO, cap. 4.


Pensieri.

Al principio del tempo quaresimale, tempo di penitenza e di meditazione secondo lo spirito della Chiesa, ci si invita a riflettere su alcune verità austere e fondamentali della vita cristiana.

«Non in solo pane vive l’uomo, ma in ogni parola che procede dalla bocca di Dio».

Questa è la verità, ma la ricordiamo sempre? Non la dimentichiamo mai?

Nel turbinio dell’esistenza quante volte essa s’è offuscata agli occhi nostri e, quante volte abbiamo trascurata la parola che procede dalla bocca di Dio per il pane!

Quante volte abbiamo, allo spirito, proposto la materia!

Nella lotta per la vita, il povero: nell’agio delle ricchezze il facoltoso, hanno tutt’e due, subita la tentazione tremenda del visibile e del caduco che stimola a non pensar più all’invisibile e all’eterno!

Il lavoro opprimente, il bisogno stringente o anche, a volte, l’avidità del lucro da un lato; il molle, ignobile uso della ricchezza dall’altro abbrutiscono l’uomo, che piega sempre più verso la terra, insensibile alle attrattive del cielo.

A questa tentazione siamo esposti tutti: tante volte, anzi, vi abbiamo ceduto...

Come l’esule, in terra straniera, risospira la patria; come un cuore amante, nella lontananza, è però sempre unito a chi ama in una misteriosa, eppure reale unione dell’anima, così noi uomini, noi cristiani, pur vivendo fra le lusinghe del mondo, non dobbiamo dimenticare l’eternità pur dovendo lottare per l’esistenza terrena, non dobbiamo lasciar estinguere in noi la vita eterna!

Nella cura doverosa per la conservazione della nostra vita corporea, non soffochiamo quella spirituale; nel lavoro fra le tenebre di quaggiù, non spegnamo l’ardore per la luce di lassù.

Sarebbe ben misera la vita nostra, se ridotta al soddisfacimento col godimento dei soli desideri e bisogni terreni: con la vita del corpo freme in noi quella dello spirito che ci grida — con che grida, a volte! — i suoi bisogni ineffabili?

Non siam crudeli verso quel che in noi c’è di migliore e saziamo quella sacra fame: saziamola in noi, saziamola sui fratelli. Non neghiam loro luce di vero di amore, quando la sospirano, quando, ed è mirabile cosa a vedersi! tutte lasciano le cose terrene per quella. Non contristiamo gli spiriti. Non diam solo pane a chi cerca un cuore e un affetto; non diam solo carità di denaro a chi chiede soccorso anche di verità
e di giustizia. Non di solo pane vive l’uomo: ricordiamolo e per gli altri e per noi.

«Non tenterai il Signore Dio tuo.» Ammonisce, questa frase evangelica, due generi di persone: coloro che peccano d’audacia e coloro che peccano di sfrontatezza.

Ci sono anime pie, e insieme tremendamente vane, che non si ritraggono da nessuna opera, che accettano provocano ogni invito, ogni incarico, che metton mano alle cose più ardue senza mai nemmeno pensare di dare uno sguardo alla propria deficienza, alla propria misura e impreparazione.

O, se ci pensano, lo fanno in un modo speciale: Io non valgo nulla, ma lavoro per il Signore, Egli mi benedirà e mi farà vincere per la sua gloria. E non s’avvedono, povere illuse, come soavemente confondono la gloria divina con la propria e il trionfo di Dio con il loro trionfo personale o quello delle loro idee!

Non è tentare Iddio un operare così? E quanti operano in tal modo e nelle grandi e nelle piccole cose!

Stiamocene umili nella nostra miseria e saremo almeno nella realtà: se Dio avrà bisogno del nostro povero intervento pe’ fini suoi, Egli saprà trarci dall’ombra; Egli saprà, pur nell’ombra, portarci a dargli ciò che richiede.

E c’è un’altra classe di persone, che non oso più chiamar pie, però, alle quali torna rimprovero solenne la frase evangelica. È quella di coloro che s’ammantano di virtù, di pietà, quasi per farsene un passaporto, che poi abusano di un’autorità, di una stima usurpata con l’ipocrisia per far più sicuramente il male. Chi, più di costoro, tenta il Signore? Chi, più di essi, deve star nel timore del giorno della sua giustizia?!

«Adora il Signore Dio tuo e servi luí solo.»

Oh, la tentazione di adulare i grandi, i potenti, per averne guadagni, onori, privilegi! La tentazione di farlo a scapito anche della verità e della giustizia!

Siam noi immuni da questa colpa, in proporzioni più meno gravi, concediamo pure, ma pur sempre in colpa ignobile e vile e indegna di quella libertà propria dei figli di Dio?

Sia che noi indaghiamo in noi o che guardiamo intorno a noi, noi abbiamo il desolante spettacolo: l’adorazione del cuore degli uomini non è solo per Dio non solo a Lui va il loro servigio.

Quando un potente parla la menzogna, sappiamo noi santamente ribellarci? Quando un grande impone l’ingiustizia, sappiamo resistere? Sappiamo noi, come gli apostoli, rispondere: Noi ubbidiamo a Dio prima cho agli uomini? Risponderlo, anche a costo di veder rotta la nostra carriera, infranta la nostra vita, soffocata la nostra attività?

Rispondiamo sinceramente davanti a Dio e poi guardiamo con ammirazione e riconoscenza a Pietro, a Giovanni, a Paolo, a tutti i santi, più o meno noti, che con dignità di vita e di parola han fieramente risposto all’uomo che a Dio solo spetta la adorazione e la dedizione dell’uomo.