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IL BUON CUORE 63


role che le balenarono nel cuore la luce dei sentimenti ad essi uniti, «Quella sera mi addormentai impaziente del domani».

È chiaro il metodo di Miss Sullivan. Ella le fece gustare le bellezze dei boschi odoranti, i fiori e l’erba, l’armonia delle linee e le fossette nella mano della sorellina. D’allora la febbre della vita non diede più requie alla futura scrittrice: furono anni di lavoro intenso: studi di lingue, di letterature, di storia: la filosofia le schiuse l’orizzonte della speculazione empiendola di serenità. L’idea di Dio l’accompagnò sempre onde il primo sgorgo del suo ottimismo è il sentimento di un dovere inconfortabile: quello di vivere per gli altri deririvando da sè tesori di esperienza.

«Io, cieca?, io sorda? È più difficile insegnare a pensare agli ignoranti che non insegnare a un cieco a vedere la grandezza del Niagara. Vi sono delle persone cieche di colori, sorde alle differenze dei suoni. Nelle gradazioni degli odori io percepisco il senso della distanza: in barca io sento tutta la solitudine e la vastità dell’oceano che riempie gli occhi. Noi ciechi possiamo volere essere buoni, voler amare ed essere riamati, diventare più saggi. Anche noi possediamo queste forze spirituali come tutti i figli di Dio, dunque anche noi vediamo i lampi e udiamo i tuoni del Sinai. Noi pure entrianio nella terra promessa».

Vedete a che meraviglioso sviluppo maturò la sua vita interiore, come si conciliò con l’esistenza. Negli Stati Uniti dove il suo nome è popolare e ricercato ornamento delle prime riviste; Elena Keller è la più infaticabile lavoratrice per migliorare la condizione dei ciechi, con gli scritti e con la presenza ella anima, consiglia, moltiplica energie. Accompagna il suo lavoro con un tono di profezia sicura: il suo periodare come il suo gesto sono così persuasivi da rendere vana ogni resistenza. È dunque duplice la sua efficacia perchè mentre scopre verità per la scienza le corrobora di un colore spirituale che è come un raggio di sole sul ramo carico di frutti. Dopo l’Histoire de ma vie — che è romanzo e trattato nello stesso tempo, documentato di tutti i particolari sfuggevoli — ci dà un’opera plasmata sempre col medesimo spirito ma di una originalità impressionante. Nel mondo in cui vivo. Per lei la mano è tutto: il suo udito e la sua vista, la mano le apre i giardini dei colori, l’innalza alle sfere della musica. «Se la musica si potesse vedere, io potrei indicare il punto ove vanno le note dell’organo».

Come ha studiato la società? in qual modo ella conosce l’animo della persona che le sta davanti? Col tatto: nella stretta amichevole quando accoglie e quando congeda. La mano della persona sensibile esprime con un solo tocco dei polpastrelli ogni finezza di pensiero; il moto nelle dita rivela l’utilità del lavoro: il dolore l’umiltà, la pazienza sono rivelate dalla stretta grave e calma: alcuni ricambiano la stretta con una parsimonia allettata come temessero che si voglia loro far del male: costoro sono diffidenti. Ci son mani che non lavorano eppure non sono belle: i movimenti delle dita infantili si possono chiamare i fiori campestri del linguaggio.

Oltre gli amici, tutti gli animali, oltre la tigre, hanno parlato nella mano di Elena Keller. Per lei come per nessun altro è giusta la definizione che dice la mano organo di prensione, dacchè ella per mezzo di questa afferra e tiene tutto quanto trova nei tre mondi: fisico, spirituale e intellettuale.

Il tatto è il senso più profondo e filosofico. Pei ciechi e pei sordi esso è la salvezza: compagno fedele, vigile insonne, mantiene quasi ininterrotta la comunione tra essi e il mondo.

Qual’è l’atteggiamento degli uomini di fronte alle cose? Guardano e basta: l’occhio pago, superficialmente pago, impigrisce la mano, sconsiglia la fatica di un passo per avvalorare la conoscenza dell’oggetto veduto. Il cieco non è pigro: il tatto sitibondo più della vista, vuole l’esperimento, sempre: ed egli con le mani che sono le sue antenne, varca l’isolamento e l’oscurità.

Se il mondo visibile è pieno di meraviglie, miriadi di sensazioni che il cieco percepisce, non possono essere dagli altri, nemmeno intuite: il bisogno che dà all’occhio la potenza visiva, dà all’intero corpo una potenza sensitiva. «A me pare talvolta che la stessa sostanza della mia carne si trasformi in altrettanti occhi aperti».

Dalle citazioni frammentarie che ho riportato, scelte qua e là nella vasta opera sua, apparirebbe un temperamento più scientifico che non sentimentale e filosofico. Ma Elena Keller ha nell’anima un centro luminoso dove raggia la più pura essenza d’amore. Passa a traverso del tragico quotidiano senza riportarne ferita: dovunque tocca scioglie un dramma, inspira la pace. E questa virtù sua, eccezionale le dettò un breve succosissimo libro su l’Ottimismo; per lei la vita è bella, ogni ora è seminata di felicità e riesce a convincere che l’esistenza è un gran dono per chi la sappia vivere amando.

Trasse dalla cagion prima delle sue sventure un rivo soavissimo di poesia: un inno al Buio che fa piangere d’invidia molti occhi aperti che vedono meno bene dei suoi:

Benedetto, tranquillo buio,
al solitario esiliato che in te dimora
tu sei benefattore ed amico,
tu dai splendore alle più umili cose.

Ellen Keller non scrive una pagina che non sia piena di tesori. Non fa dello stile: ci comunica semplicemente la sua vita, dandoci con grazia e con gioia cognizioni personali rarissime, sensazioni e sentimenti molto più alti del comune livello spirituale, infine pagine d’arte create nella lotta, tradotte senza sforzo, con getto primitivo e leale: tutto in lei è esattezza, convinzione, vittoria vissuta.




Il Municipio di Milano ha ordinato 150 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.