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60 IL BUON CUORE


Quella luce, sul cadere del giorno, era del tutto rosea, pareva mista a sangue e, penetrando nell’angusta strada, coloriva tutto quello che incontrava. Coloriva le brocche del vasaio, le assi che scricchiolavano sotto la sega del falegname e il candido lino che avvolgeva il volto di Maria. Ma sopratutto quella luce di sole era bella a vedersi riflessa dalle piccole pozze d’acqua raccolta fra le pietre grandi e scabrose che selcia vano la strada. Ad un tratto Gesù tuffò la mano nella pozza più vicina a lui. Gli era venuto in mente di dare ai suoi grigi uccelli quella scintillante luce di gole che aveva donato un sì bel colore all’acqua, alle mura della casa, a tutto ciò che stava lì dintorno. E per la luce era una gioia farsi prendere come il colore dalla tavolozza d’un pittore, e mentre Gesù la stendeva sopra i suoi piccoli uccelli d’argilla essa rimaneva immobile, e li copriva dalla testa ai piedi, d’uno splendore simile a quello del diamante.

Giuda, che di tanto in tanto gettava un’occhiata dalla parte di Gesù per vedere se faceva uccelli più belli e più numerosi dei suoi, emise un grido d’ammirazione quando scorse Gesù intento a dipingere i suoi cuculi colla luce del sole che prendeva dalle pozze della strada. Immerse egli pure la mano nell’acqua tentando di prendere quella stessa luce. Ma la luce non si lasciò afferrare da lui. Scivolava dalle sue dita e per quanto egli si affaticasse a muover le mani per ritenerla, essa fuggiva ed egli non ne potè procacciarne ai suoi uccelli nemmeno un tantino.

«Aspetta Giuda» disse Gesù «voglio venir io a dipingere i tuoi uccelli.».

«No» rispose Giuda «non li devi toccare. Sono abbastanza belli così.»

Si alzò, corrugò la fronte, strinse le labbra, pose il suo largo piede sopra gli uccelli e li mutò uno dopo l’altro in un mucchietto di creta. Dopo che li ebbe distrutti tutti se ne andò a Gesù che stava seduto, dipingendo i suoi cuculi, scintillanti come gioielli. Giuda li mirò un istante in silenzio, poi alzò un piede e ne calpestò uno. Quando ritrasse il piede e vide che il piccolo uccello era mutato in grigio fango, provò una gioia inebriante, rise e sollevò il piede per calpestarne un altro.

«Giuda» gridò Gesù «cosa fai? Non sai che son vivi e che possono cantare?»

Giuda rise e calpestò un secondo uccello. Gesù guardò intorno in cerca d’aiuto: Giuda era robusto e Gesù non aveva forza di trattenerlo. Cercò la madre, non era lontana, ma prima che giungesse Giuda avrebbe potuto distruggere tutti i suoi cuculi. Gli vennero le lagrime agli occhi. Giuda ne aveva già calpestati quattro, non ne rimanevano che tre. Gesù non poteva sopportare di vederli stare così tranquilli e lasciarsi calpestare invece di mettersi in salvo. Per destarli battè le mani e gridò loro: «Volate, volate!» Gli uccelli cominciarono a muovere le loro piccole ali e svolazzando timidamente giunsero sull’orlo del tetto, dov’erano al sicuro.

Quando Giuda vide che alle parole di Gesù i cuculi si erano mossi ed erano volati, cominciò a piangere, a strapparsi i capelli come aveva veduto fare ai vecchi
quando erano in gran pena e angoscia. Si gettò ai piedi di Gesù e lì rimase avvoltolandosi fra la polvere come un cane, baciando i piedi di lui e pregandolo a calpestarlo come egli aveva fatto con i cuculi. In quel mentre Giuda amava Gesù, lo ammirava, lo pregava e al tempo stesso l’odiava.

Maria, che aveva seguito durante tutto il tempo, i giuochi dei due fanciulli, si alzò, sollevò Giuda, se lo mise in grembo e lo accarezzò.

«Povero fanciullo!» gli disse «tu non sai che hai tentato di fare ciò che non è in potere di persona alcuna. Non arrischiarti più in simili cose se non vuoi divenire il più infelice di tutti gli uomini! A che può mai andare incontro quello fra noi che voglia gareggiare con Colui che dipinge colla luce del sole e anima col soffio di vita la morta argilla?»

Samarita.


PER GIUSEPPE CANDIANI


Tutti ricordano l’affetto e le cure che portò alla istituzione della Casa dei Veterani di Turate, il comm. Giuseppe Candiani, valoroso combattente per l’unità della Patria, prima, fecondo ed operoso lavoratore per la redenzione industriale della nuova Italia, poi.

Era doveroso adunque per la Milano industriosa ed operosa, memore degli uomini che concorsero ad illustrarla, a portarla all’alta considerazione, di cui oggi meritamente gode, il ricordare con un omaggio postumo, il più cospicuo benefattore della Casa di Turate, nel primo annivesario della sua morte.

Il comm. Candiani, dopo lunga e penosa malattia, sopportata con quella fortezza che Egli manifestò in indicibili traversie, circondato sempre dalle più affettuose cure della diletta moglie, delle amatissime figlie e dei figli distintissimi, cristianamente confortato, cessò di vivere il 16 marzo 1910.

Una delle più simpatiche caratteristiche della Casa dei Veterani di Turate è quella serie di busti dei benefattori della patriottica istituzione, sparsa nei magnifici viali del grandioso parco.

Era quindi naturale il pensiero di ricordare in quel posto il Candiani con un monumento. A questo scopo si costituì un Comitato, che tenne una importante adunanza la scorsa domenica.

Il Pro-Sindaco on. Greppi assunse la presidenza della riunione. La signora Teresita Friedmann Coduri, segretaria del Comitato, lesse le moltissime adesioni fra cui notevoli quelle dei senatori Giuseppe Colombo, marchese Ettore Ponti, Golgi, Speroni, Pirelli, del Prefetto sen. Panizzardi, dell’assessore Scherillo, di Guido Baccelli, della principessa Trivulzio, ecc.

Il Presidente del Consiglio, on. Luigi Luzzatti, inviò il seguente telegramma:

«Faccio plauso a codesto Comitato che ebbe la felice idea di ricordare degnamente il compianto comm. Candiani e sono lieto di poter partecipare al Comitato stesso».