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44 IL BUON CUORE


per importanza, ed ho poi continuato nella collaborazione di altri.

Ma la grande obbiezione è questa: si fa così perchè il pubblico vuol così! Niente affatto: lo ripeto, rudemente se volete ma chiaramente, la canaglia dorata o scamiciata non è il pubblico; e rendersi schiavo di quella, lordarsi di fango per piacere a quella, non è un bel vanto, nè un titolo di gloria per un gioinale che si rispetta. Ci sono certi giornali i cui lettori più assidui sono quelli ascritti alla mala vita, che li leggono appunto per appagare la loro turpe curiosità, per poter tener dietro a tutte le gesta della teppa, e poterne, a tempo e luogo, trarne profitto. Si lasci a loro il non invidiabile vanto!

Come deve esser superbo un certo giornale di aver sentito dire, parecchi anni or sono, in piena Corte d’Assise, dall’infame assassino della Marietta Goretti, una fanciulletta di 12 anni, che al delitto atrocissimo era stato spinto dalla lettura dei delitti così minuziosamente narrati in quel foglio quotidiano!

Spesso non solo le persone colte, e delle classi elevate, ma lo stesso popolino onesto ho sentito inveire contro questa mania giornalistica, questo sfoggio di luridume, nauseati anch’essi, quei lavoratori onesti, che pur si dice sempre di voler educare, manifestavano, e non a me, così fra loro parlando, la propria indigna. zione con i termini di cui il vernacolo fiorentino è così ricco, e che naturalmente non mi è permesso di riportar qui per rispetto ai miei lettori e anche per riguardo a quei giornalisti ai quali s’indirizzavano quegli accenni e quelle riflessioni.

Senza esser dei colli torti nè dei bacia pile, siamo ormai a tal punto che bisogna dir apertamente, come l’egregio signor C. I. D. — il quale è del resto un avvocato e pubblicista stimato assai a Firenze — che «i giornali sono agenti provocatori d’immoralità e di violenze, e che, nella genesi del delitto, è un elemento etiogenico importantissimo il quotidiano avvelenamento della stampa o perversa od inconscia del male che alimenta». E scusate se è poco! o perversa od inconscia: nel primo caso, dunque questione d’onestà; nel secondo.... d’intelligenza. A scelta, Signori! Voi già sapete che la prima io l’escludo, benchè accetti pienamente tutte le ragioni e le conclusioni del dotto artiticolista. E dico dotto perchè Egli non è venuto a parlare di questa, che è veramente una cattiva azione del giornalismo, in nome della morale cristiana, del catechismo o dei dieci Comandamenti; Egli ha tratto i suoi argomenti stringentissimi dalla psicologia e dall’antropologia; non ha fatto questione di Fede, ma di Scienza; in nome della fratellanza umana ha chiesto a chi ne ha il dovere di curare l’igiene dello spirito, come, in nome della salvezza della popolazione, si cura l’igiene del corpo. Ogni interesse particolare ceda davanti a questa; ceda così ogni altra considerazione personale davanti alla prima; e quali siano queste considerazioni lo abbiamo veduto. È questione di solidarietà umana, di salvezza sociale.

Poichè, lo dico a lode del Comm. Ghelli, c’è stato un Direttore di giornale serio e autorevole come la
Nazione, la quale ha avuto il coraggio di pubblicare quell’articolo, che nella sua serenità è la più terribile requisitoria contro questo continuo delitto sociale della stampa quotidiana, abbia Egli, il Direttore della Nazione, il nobile coraggio di farsi iniziatore di questa santa crociata, a cui tutti, da chi è al sommo della scala sociale fino a chi e nel più basso scalino, hanno il dovere di concorrere. Cessi una buona volta il ruffianesimo della quarta pagina.

— Ah, ma noi l’abbiamo affittata! — si dice — che ci possiamo fare?

— Sta bene rispondo — ma quando un padrone di casa onesto sa che i suoi inquilini subaffittano per usi equivoci li licenzia, di punto in bianco. A una persona per bene ripugna di rendere certi servizi: nessuno dei proprietari di giornali che affittano la IV o VI pagina del proprio giornale si adatterebbe.... a reggere il moccolo; eppure!... Finiamola con certi annunzi che puzzano di spedale: e finiamola pure con l’apoteosi dei delinquenti nella riproduzione delle loro sozze figure, delle scene di sangue dei loro delitti! Tutto ciò è lurido; e i Giornali più reputati devono continuare a farsi gli espositori del luridume? E la famosa Missione della stampa dove va a finire così? È una frase magnifica questa, che fa capolino spesso spesso nelle colonne dei giornali, come il «bene del poppolo» nelle bocche dei più grassi e aristocratici socialisti; ma, come questa, anche quella pare non abbia senso. Ogni tanto, è vero, qualche Giornalista, da buon Missionario, salta in pulpito e snocciola il suo bravo predicozzo che fa pianger di tenerezza gl’ingenui e fa ridere sotto i baffi i più furbi: parla della necessità dell’educazione popolare, si strugge di compassione per i bimbi poveri, fulmina la teppa e la malavita, perora per le colonie alpine, strepita contro la sempre crescente delinquenza dei minorenni ecc, ecc.; ma, sceso di pulpito ci serve caldo caldo i particolari più lubrici dell’adulterio; riempie le pagine del fattaccio; corre in traccia d’una sgualdrina della più bassa sfera, protagonista d’un dramma passionale, per averne la fotografia da riprodurre nel giornale signorile, intellettuale, insieme con quella del ladro, del magnaccia più laido! Rideccolo; torna in pulpito il Missionario, e sciorina un bel discorso contro la mania suicida; poi, per il primo ragazzaccio, magari di 15 anni, che ha preso a coltellate la madre perchè lo ha dolcemente rimproverato, e quindi si suicida; per la prima civettina a cui il babbo ha detto di troncare la tresca, con uno scavezzacollo, e che per fare dispetto al babbo eroicamente s’impicca; esso, il Missionario, cava fuori il vecchio bagaglio dei fiori retorici per spargerli, tra le lagrime dei piccoli teppisti, delle civettine novelle, ma promettenti, su le giovani salme pallide, esangui, strappatesi così violentemente ai sorrisi della vita, alle carezze dell’amore, per dormire per sempre sotto la terra fredda, mentre le stelle.... Acci....dempoli!

Senz’accorgermene infilzavo giù le frasi solite con cui finiscono i pistolotti su i suicidi delle ragazze, e che forse il reporter scrive ridendo come un matto, fumando, e che le sartine leggono coi luccioloni agli occhi, e pensando tra sè e sè.... anch’io forse un giorno!... Ma chǝ