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30 IL BUON CUORE


midabile al Manzoni, ed è la necessità di una legge, di una sanzione assoluta, e di validi e sicuri sussidi alle fralezze e alle dubbiezze della volontà umana che lo conducono a riconoscere in Gesù il Maestro divino delle anime e nella Chiesa la madre saggia e feconda di tutte le energie buone e belle.

Non un problema estetico, quindi, nè sentimentale, ma il problema morale in tutta la austera drammaticità della sua forza, il problema religioso tutto intiero, il massimo dei problemi, battè, palpitando, tutta l’anima di lui.... Che se la severa disciplina del temperamento suo, se la gelosa signorilità del suo riserbo, se la generosità del suo conforto che agli altri lo rendeva si facilmente maestro di serenità, valsero a dissimulare sotto il placido manzoniano candore della fronte incontaminata, le asprezze mirabili delle magnifiche lotte interiori, non è davvero menomata la tragica grandezza di questo pieno e consapevole ritorno alla fede che alla nuova Italia cristiana ricondusse un figlio ed elesse un maestro.


PITTURA MODERNA



..... Se i pittori, quand’hanno terminato
Un qualche loro quadro, o bene o male,
Scrivesser: questo è il tal, questa è la tale,
Questo è un asino, un bue, questa è una pianta,
Farebbero una cosa onesta e santa.


Allora io capirei addirittura
Le cose, senza avere a strologare
Come or fo, nel veder qualche pittura,
Per saper quel che vuol significare;
E molte volte ella è talmente scura
O, per dir meglio, tanto irregolare,
Tra lo stil de’ moderni e lo stil prisco,
Che quanto studio più, men ne capisco.


Molti pittori del tempo moderno
Certe figure fan, certi ritratti,
Che gli angeli talvolta io non discerno
Da mascheroni, tanto son ben fatti;
E paiono talor furie d’averno
Al volto, al guardo, a’ crini, a’ panni, agli atti
Certe pitture lor rappresentanti
Or le virtù cristiane, ed ora i santi.....


In certi quadri si distingue appena
Dalla Ciprigna dea la Maddalena.

(Dal «Cicerone», c. XVI).




Il Municipio di Milano ha ordinato 150 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.



UNA PIETOSA AVVENTURA DEL POETA MILLEVOYE


L’opera letteraria di Millevoye (1782-1816), pur senza i superbi fulgori dei massimi poemi francesi, ancora non pare destinata all’oblio; la sua fluida espressione, l’estrema dolcezza del suono, qualcosa di morbido, di vellutato, al cui contatto anche lo spirito sembra dilettarsi come in un godimento dei sensi; sopratutto la verità e naturalezza dell’arte placida e contenuta nel dipingere scene e sentimenti della vita comune, daranno al poeta di Abbeville una ancor lunga resistenza contro l’opera demolitrice del tempo.

Certo lo spirito sereno che domina nei versi di Millevoye ha contribuito ad attirargli e tenergli fedele una turba di lettori; quel suo genere di poesia ha fatto del bene a molti di essi, li ha istruiti, li ha educati, sollevati. Se il nostro poeta non avesse scritto altro che i pochi versi estremamente deliziosi di cui diremo più innanzi e che non potremo rendere perfettamente nella nostra traduzione libera, avrebbe meritato di sopravvivere al naufragio di tante reputazioni e glorie letterarie da molto tempo scomparse. Perchè quei versi, pur non essendo letterariamente e per se stessi dei gioielli assoluti — date anche le circostanze sfavorevoli di salute in cui furono scritti — tuttavia hanno fatto ciò che dovrebbe essere precipuo ufficio della poesia, cioè giovare.

Ma qui non ci dilungheremo soverchio a fare un esame critico dell’opera poetica di Millevoye. Nostro scopo è di riferire uno dei tanti casi in cui la poesia è impiegata e fatta servire ad una buona azione. Ed ecco come:

Un terribile inverno Millevoye, non ostante tutti i mezzi che la grande capitale francese poteva offrire per distrarsi e premunirsi contro le insidie della natura nemica, ammalò, e tanto che fu creduto miracolo se potè uscirne vivo. E allora i medici avvisarono che non appena si fosse aperta la bella stagione, il poeta doveva lasciare la metropoli francese e portarsi a passare la convalescenza tra le arie pure e balsamiche dei campi. Scelse i dintorni di Vincennes, dove, la cura severa del latte, le lunghe passeggiate, e un assoluto ripoio mentale, gli avrebbero ridonato la primitiva salute.

Religiosamente fedele alle prescrizioni dei medici, Millevoye sul finire di aprile era già al suo posto ed in piena esecuzione dei savi precetti dell’arte salutare. Ai primi albori usciva di casa per internarsi nelle folte boscaglie che circondano Vincennes. Di buon passo spingevasi in questa o quella direzione; e l’orecchio era teso a raccogliere le mille voci di giubilo di infiniti esseri in fremito al sorgere del nuovo giorno; ma erano in festa anche i polmoni che aspiravano l’aria ossigenata, tutta profumata dagli aromi esalanti delle nascenti erbette e dal tenero fogliame delle piante che si affrettavano a indossare quel nuovo verde ammanto quasi per un dì di festa; l’occhio ammirava la scena incantevole di bellezze, di colori della natura in palpito al suo passaggio e sotto il bacio della sorgente luce.

Certo, il suo spirito si ricreava, ma specialmente il