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14 IL BUON CUORE


ECHI E LETTURE


Anche le signorine giapponesi conoscono quell’amabile preoccupazione o problema o inquietudine o disgrazia che sia, che si chiama il corredo. E il corredo delle spose giapponesi è ancora più... disgraziato e complicato di quello delle nostre; basti dire che ce ne vuole uno per ogni mese e che i mesi non sono meno di dodici, come per noi: e si comincia coi gelsomini e si finisce nè più nè meno con ghiacciuoli e colla cammomilla! Questo benedetto corredo si compone di lunghi abiti che servono per la toeletta, ed uno specchio, di seta, di stole, di coperte, di guanti, di tappeti, di cinture e di asciugamani. In tutto questo nulla vi è di veramente straordinario, ma vi si aggiunge un sacco contenente un miscuglio di frumento, di crusca e di erbe secche, una scatoletta contenente dei medicamenti ed un pacco di stuzzicadenti. Dodici abiti formano parte indispensabile del corredo e sono destinati ad essere portati ognuno durante ciascun mese dell’anno con ordine invariabile. Nel primo mese la giovane sposa indossa una veste azzurra tutta cosparsa di gelsomini e di ramoscelli di bambù. Il secondo mese essa porta un abito a quadretti ricamato a fiori di ciliegio. Il terzo mese veste un abito rosso chiaro con rami di salice. Il gris-perle è il colore del quarto mese: la veste è adorna di caratteri e geroglifici rappresentanti l’uccello cucù, che nel Giappone è di buon augurio pel matrimonio. La veste del quinto mese è di color giallopallido, con ricami che imitano le foglie dell’iride e di piante acquatiche. Pel sesto mese l’abito è di color arancio con cocomeri ricamati, il che significa che a quell’epoca comincia la stagione delle pioggie. Nel settimo mese la veste della sposa è bianca e seminata di fiorellini rossi, detti kammatis, che hanno una certa virtù medicinale. L’abito dell’ottavo mese è rosso e ricamato di foglie di mimosa. La veste del nono mese è violetta, sparsa di fiori di camomilla. Nel decimo mese è oliva, ed un bizzarro paesaggio, composto di campi coperti di spighe recise, attraversati da sentieri e da strade, si dilegua nelle sue pieghe. L’abito dell’undicesimo mese è nero, ricamato a ghiacciuoli: è la veste del mese in cui cominciano i grandi freddi. Gli stessi emblemi — conclude il Tit Bits — vengono ripetuti sul dodicesimo abito, che però è verde, e raffigurano i rigori dell’inverno.

UCCELLI LUMINOSI


Gli uccelli luminosi, alati messaggeri di luce e speranze... Ricordate? Le lucciole vive che secondo la leggenda francescana, sono parole d’amore disseminate nel buio del mondo... Ma questa è poesia. E dai cultori scientifici dell’ornitologia, è stato segnalato e discusso il fenomeno singolare presentato da alcuni uccelli, le cui penne appariscono dotate di una fosforescenza che rende l’animale luminoso; e siccome gli uccelli suddetti appartengono in genere ai gufi, ai
barbagianni e alle civette, questa strana luminosità acquista agli occhi del volgo un carattere piuttosto misterioso. Gli antichi naturalisti hanno fatto spesso menzione di uccelli fosforescenti nell’oscurità; ma è in particolar modo nelle leggende popolari che siffatta fosforescenza vien di sovente menzionata, attribuendole origini soprannaturali. Anche di recente un cacciatore che si trovava su di un altipiano nei Pirenei, durante una mattinata molto, buia vide nel cielo due luminosità che si spostavano rapidamente, accompagnate da una specie di rombo; l’osservatore credette dapprima ad un passaggio di aeroplani, ma presto si accorse che trattavasi di due grossi uccelli, la cui apparizione era spesso avvertita dai pastori del luogo. Altre osservazioni analoghe fatte più volte in Francia e in Inghilterra provano che si tratta veramente di rapaci notturni, dei quali la presenza in certe epoche e in certe località si palesò qualche volta con una insolita frequenza. Si capisce subito che la luminosità in questione non è propria degli uccelli — afferma la Gazzetta — ma che essa dipende da sostanze attaccate alle penne e che persiste anche dopo la morte dell’animale; bisogna dunque pensare che la materia fosforescente sia prodotta dalla putrefazione del legno e che contro questo legno in via di decomposizione gli uccelli vengano per caso a stropicciarsi. Tuttavia anche sostanze animali decomposte debbono concorrere in certi casi alla luminosità degli uccelli, perchè sono stati segnalati degli aironi fosforescenti, e gli aironi non sogliono frequentare i tronchi d’albero, ma hanno bensì continuo contatto coi pesci, nei quali si sa che la fosforescenza dopo morte apparisce rapidamente. Si deve dunque trattare di batteri luminosi: salvo che la loro per sistenza in alcuni casi sarebbe straordinaria, come nel caso ricordato da Spencer e Purdy, i quali nel Norfolk videro una civetta mantenersi fosforescente per più mesi di seguito. Secondo una spiegazione data dal Pycraft, la luminosità sarebbe invece prodotta da un fungo particolare proprio alle piume; e la luminosità più forte che si osserva sul petto degli uccelli dipenderebbe dall’urto e dalla maggiore ossigenazione dell’aria durante il volo, analogamente a quanto si osserva quando si agita l’acqua che contiene microrganismi fosforescenti.

Religione


Vangelo della domenica prima dopo l’Epifania


Testo del Vangelo.

E quando Egli fu arrivato all’età di dodici anni, essendo essi andati a Gerusalemme, secondo il solito di quella solennità, allorchè passati quei giorni, se ne ritornarono, rimase il fanciullo Gesù in Gerusalemme e non se ne accorsero i suoi genitori. E pensandosi, che Egli fosse coi compagni, camminarono una giornata, e lo andavano cercando tra i parenti e conoscenti. Nè avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme a ricercarlo.