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Anno X. Sabato, 7 Gennaio 1911. Num. 2.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Sac. C. Orsenigo. Le onoranze a S. Carlo nel 1910 — D. Pietro Gorla. Una linea della fisonomia spirituale di S. Carlo — L’aviazione nei sogni — Dei cattivi discorsi, poesia ― Echi e letture — Uccelli luminosi.
Religione. —Vangelo della Domenica prima dopo l’Epitania — Per l’Asilo Infantile Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi — Opera Pia Catena.
Società Amici del bene. —Elargizioni della settimana — Pei malati dell’ospedale — Pei Carcerati — Certificati dell’Unione Cooperativa — Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


Le onoranze a S. Carlo nel 1910

Il nostro sommo poeta lombardo, sostando quasi attonito e dubbioso dinanzi alla gigantesca figura del Conquistatore, che il suo genio aveva evocato in una potente improvvisazione, si chiese: «Fu vera gloria?»

Questo richiamo non deve sembrare inopportuno al chiudersi di un anno, che la pietà milanese volle sacro alla rievocazione di un suo Santo Concittadino. Che anzi vorrei dire non solo è lecito questo richiamo, ma s’impone un raffronto fra l’aureola del santo arcivescovo e la gloria del Conquistatore, poichè anche la loro vita si richiama vicendevolmente.

Apparsi l’uno e l’altro in mezzo al loro popolo in uno dei momenti più scabrosi della storia, ebbero entrambi precoci gli onori e le cariche più alte; a ventidue anni Carlo Borromeo è cardinale, a ventiquattro Napoleone afferra il comando militare, e dirige l’assedio di Tolone.

L’uno e l’altro sortirono da natura aperto e poderoso l’ingegno; al genio strategicamente innovatore del guerriero fa riscontro il genio pratico del riformatore morale e religioso; in entrambi è manifesto il predominio delle facoltà volitive, mirabile l’arte del governo e del comando. Dell’uno e dell’altro il poeta avrebbe potuto cantare «il concitato imperio, e il celere ubbidir».

Napoleone strinse attorno a sè i più abili generali, i
più dotti giuristi, i filosofi più celebri dell’epoca; San Carlo si circondò dei migliori uomini del tempo, che egli prendeva da ogni regione fino a meritarsi quel titolo di «ladro rapacissimo di uomini» che gli regalò San Filippo Neri.

L’uno e l’altro, il conquistatore di regni e il riformatore di popoli, legarono il loro nome ad una raccolta di leggi, che oggi ancora è norma di governo, e non soltanto nelle loro nazioni: gii Atti della Chiesa milanese e il Codice napoleonico. Come precoce la gloria, così ebbero immatura la morte: a 46 anni S. Carlo scende nella tomba, e a 46 anni anche per Napoleone si apre, si può ben dire, la tomba di Sant’Elena.

E perfino attorno alle loro salme continuano singolari punti di somiglianza e di contrasto: l’uno riposa al centro stesso della sua Milano, nella cripta, sotto la sublime guglia del Duomo, che lo copre come un reliquiario immenso; l’altro nel mezzo della capitale francese, in un vasto e solenne ipogeo, coperto da artistica cupola.

Lacere bandiere, armi spezzate, affusti di cannone e veterani, succedentisi ai mutilati dalle sue cento battaglie, sono corona alla tomba del terribile guerriero, che tante vite travolse nel turbine bellicoso del suo insaziabile orgoglio; il visitatore, che fra tanti trofei di vittorie cruente si curva pensoso sulla tomba e rievoca le vicende grandiose dell’epopea napoleonica, non rivede in quell’avvello che «l’uom fatale», passato tragicamente, come una meteora di sangue.

Trofei di ben altre vittorie si elevano in Milano a gloria del nostro grande riformatore: qui stanno tuttora floridi i monumenti di una pietà viva, di una carità che da lui stesso prendeva non solo nuovo ardore, ma anche il primo impulso di un mecenatismo largo, multiforme e sempre benefico, di una rinascita morale e religiosa, così potente, sì che ancor oggi da lui si nomina, e spaziando intorno al suo sepolcro, l’occhio del fedele si ricrea e si edifica, posando via via su una interminabile serie di quadri, che riproducono non scene di violenza e di sangue, ma gli episodi più salienti di quella santità e di quella beneficenza, di cui tutta la sua vita fu intessuta. Gloriosa epopea di bontà, che allarga il cuore e rievoca alla mente del pio pellegrino, che devoto prega sulla sua tomba «l’uomo provviden-