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393 IL BUON CUORE


era un segno la sua predicazione. Egli aspettava colui che rendesse il suo battesimo un segno efficace — veicolo della grazia interiore. E quando in carcere, ode parlare di Gesù, il suo cuore si apre alla fiducia e manda i suoi discepoli a chiedere: «Sei tu che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?»

L’uomo apostolico come non è superbo così non è invidioso: egli desidera ed accetta la cooperazione degli altri, aspetta ed invoca che possa compiere il bene da lui incominciato — pronto a lasciare il campo libero a nuovi operai del Padre celeste, pronto a riconoscere la superiorità altrui.

Meditiamo, restiamocene tranquilli a considerare la pienezza di tanta virtù, lasciamo che ammirandola, l’anima nostra si ingrandisca, si elevi......

E poi rigettiamo un sguardo su noi, dentro di noi... Oh, confessiamolo, almeno, quanto noi siamo superbi, orgogliosi, vani, invidiosi, gretti...... confessiamolo francamente lo squallore desolante dell’anima nostra, umiliamocene, pentiamocene d’un pentimento sincero che ci ottenga perdono, misericordia, e poi invochiamo l’aiuto divino per vivere un’esistenza più degna, più cristiana!

È cosa grande la vocazione cristiana! Ma non basta chiamarci cristiani perchè apparteniamo nominalmente alla società di Cristo; la partecipazione alla vita di Lui deve zampillare forte e fresca da tutta la pratica della nostra vita!

Giovanni è pieno di sacro terrore innanzi ai giudizi di Dio — teme per gli altri, ma si direbbe che teme più per sè medesimo; l’efficacia della sua parola è tutta nel sentimento di cui egli è compreso e del quale è rivelazione.

L’uomo apostolico dice agli altri ciò di cui vive egli stesso, e qui è il segreto della sua efficacia.

Giovanni predica quella verità che tutto lo riempie, della quale vive e trascina le turbe alla sua sequela.

I dotti, i maestri di morale, i Rabbini, i teologi d’allora tutti insieme non avevano sugli uomini l’efficacia di Giovanni, perchè essi dicevano, ma non facevano.

Rifacciamoci alla nostra esperienza personale: quali sono le parole, le prediche che ci giovano? Tutte...?

Oh, no! Ma quelle nelle quali vibra la convinzione profonda, la verità vissuta, adorata e attuata nell’esistenza!

Oh, le parole che danno quello che dicono, che soggiogano l’anima, che la scuotono tutta, che le rivelano l’invisibile, che la portano nel soprasensibile! Le parole non si vorrebbero ascoltar che in ginocchio, e poi, anche quando il suono esteriore della voce tace, risuonano dentro e giovano ancora e fanno ancora vivere lo spirito e gli procurano e gli assicurano i beni migliori.

Oh, Signore, Signore!... Moltiplica nella tua Chiesa i predicatori di questa parola!

E c’è un’altra cosa a cui dobbiamo riflettere noi cristiani: che tutti siam chiamati ad esercitare un apostolato nel mondo. Dobbiam pensare che, se vogliamo
partecipare ad altri la nostra credenza, dobbiamo cominciare a viverla noi la nostra fede; a farne un’apologia efficace con la nostra condotta.

È così che noi operiamo? Quanto da rimproverarci, quanto da condannare invece ín noi! — Oh, prima di gridare alla cecità degli increduli e alla durezza di cuore dei peccatori, davanti a Dio, rientriamo in noi stessi e le prime nostre rampogne siano per noi.

Guardiamo l’efficacia dei santi! Essi parlano e le loro parole convertono il mondo; le altre scorrono senza lasciare traccia alcuna! È terribile ciò! Che responsabilità abbiamo noi per il male e per l’errore che prosperano nel mondo! Che forza togliamo alla verità con la nostra convinzione fiacca, con la nostra condotta indegna!

Risvegliamoci: umiliamoci, facciamoci santi per esercitare nel mondo un apostolato di luce e di bene.



La NONNA è il libro ideale come lettura amena per le fanciulle.

Educazione ed Istruzione


La gloria di Federico Borromeo

Il tranquillo recesso dell’Ambrosiana, non ignoto ai cultori delle arti e delle lettere, noto ai milanesi più per la luce che ne irradia, di quel che non possa dirsi per la frequenza delle visite, ha celebrato l’8 dicembre la gloria del suo illustre fondatore. Monumento insigne che l’uomo chiaro eresse a sè stesso, pur rifuggendo da ogni clamore, in un momento storico in cui vanità e vacuità eran erette a vessillo, l’Ambrosiana nei secoli ha dimostrato quanto il fondatore suo avesse antiveduto i bisogni del suo popolo, quanto amore del loco natio lo avesse spinto quando ai concittadini egli offriva i tesori di quella cultura che egli stesso aveva appreso ad apprezzare e stimare.

Nel secolo più aspro per l’italica stirpe, nel secolo in cui parve per un momento che le energie si fiaccassero e l’oppressione politica spegnesse anche ogni geniale iniziativa d’arte o di lettere. Federico Borromeo cardinale ed arcivescovo, metteva a servizio della cultura del suo popolo il largo suo censo, e le forti influenze che la posizione sua privilegiata, potevan assicurargli.

L’uomo che avrebbe potuto creare a buon diritto una «Biblioteca Borromeo» se fosse stato un sognatore ambizioso, o un mecenate vanitoso, l’uomo che avrebbe potuto formare attorno alle meraviglie da lui raccolte una chiesuola, od un hartus conclusus a cui solo gli eletti si accostassero, e che invece con esempio nuovo e contrastante colle idee de’ tempi volle che tanto tesoro fosse alla portata di chiunque desiderasse studiare merita larga la riconoscenza dei posteri.

In vero quando l’8 dicembre del 1609, festa di Ma-