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356 IL BUON CUORE


Parrocchie di S. Vittore, S. Vincenzo in Prato, S. Lorenzo e S. Ambrogio. È una presunzione maggiore e più bene poggiata quella che S. Satiro sia stato sepolto vicino alla Basilica Ambrosiana per il fatto che i tre fratelli Marcellino, Ambrogio e Satiro protestarono di volersi tenere uniti in vita ed in morte. Ambrogio e Marcellino riposano nella Basilica Ambrosiana, e perchè non anche S. Satiro? Chi potrà essersi rifiutato di rispettare una così tenera e giusta protesta?

Venne un invito dall’alto perchè le due parti contendenti addivenissero a composizione amichevole, scambiandosi quelle reliquie di Santi per cui lottarono tanto; qualora in realtà non le abbiano ancora, e nell’ipotesi che le reliquie scambiate siano proprie le autentiche di S. Satiro e di S. Vittore, la grande controversia verrebbe accomodata un pochino. Ma, e l’onore?.... e l’amor proprio?

Ad ogni modo, qualunque possa essere la base su cui poggiava la nostra presunzione, noi oggi ci troviamo in una posizione senza confronto migliore di quella degli avversari:

a) Se non possedevamo il corpo di S. Satiro, colle istruzioni dell’Autorità suprema ne veniamo in possesso;
b) Se già lo possedevamo realmente, facciamo in più l’acquisto delle, reliquie preziosissime di un altro Santo;
c) E cedendo il corpo d’un altro dei nostri santi, se esso è quello di S. Vittore, noi ci prendiamo una soddisfazione di legittimo orgoglio, in quanto sostenemmo di avere anche le spoglie di quel martire celeberrimo; comunque facciamo un bel gesto di cortesia.
d) Col di più di una coscienza tranquilla; perchè quel po’ po’ di scandalo, di penosa impressione, di indecenze e di empietà suscitate dalla pubblicità di questi giorni, certo non fummo noi nè a volerlo nè a provocarlo. Però chissà se certi signori avranno scrupoli per certe inezie!....

***

SCELTA DELLO SPOSO


...Pensate un poco, o padri di famiglia,
Se cosi s’usa ancora al tempo nostro;
Io sento dir che se avete una figlia,
Volete maritarla a modo vostro,
E non guardate poi se le somiglia
Lo sposo, o s’egli è un asino, od un mostro;
Se uguali sien tra lor, se l’uno vada
Dell’altro a sangue, a ciò non vi si bada.


Sento dir che il marito a lei scegliete
Non colle sue, ma colle vostre mire;
Che il vostro genio consultar solete;
Se a voi lo sposo aggrada, io sento dire
Che il nodo é fatto; e pur voi non avete
Né da vegliar con lui, nè da dormire;
E non avete mica ad esser dui
In una carne, o genitor, con lui.


Sento dir che se trovasi uno sposo
Che si contenti d’una scarsa dote,
Allor si stringe il laccio doloroso
Che altri che morte sciogliere non puote;
Al più cercate che sia facoltoso,
Cercate quanto all’anno egli riscuote;
Quasi bastasse, a rendere contento
D’uno ragazza il cuor, l’oro e l’argento.


E voi sapete ben che ciò non basta,
E la mettete in un gran brutto imbroglio,
Mal se acconsente, e peggio se contrasta,
Chè vien sempre ad urtare in uno scoglio,
E talor si risolve a viver casta
Per disperazione e per cordoglio;
Si chiude in una cella, benché ne abbia
Poca voglia, ed uccel non sia di gabbia....


Vi son taluni che sotto pretesto
Di dar la figlia a un uomo di consiglio,
Colla speranza ch’abbia a morir presto

La danno ad un che ha già canuto il ciglio;

E per essa saria più sano e onesto
Il conservar di castitade il giglio,
Che il perdere, con lunga penitenza,
Di verginella il nome e l’apparenza.


Ed altri, per paura di macchiare
Il sangue che le scorre nelle vene,
Sprezzando ognuno ch’abbia del volgare
Danla ad uno che è nobile, o si tiene,
Ma che intanto non ha pan da mangiare,
E che fa magri pranzi e magre cene;
E di fumo la moglie poveraccia
Pascer si può, se non se ne procaccia.

N.B. — Questi versi sono presi dal poema Il Cicerone di Gian Carlo Passeroni, il buon abate milanese del secolo XVIII. Dello stesso poema è pure tratto lo squarcio che pubblicammo nell’ultimo numero col titolo Educazione dei figli. Religione


I SANTI E I MORTI


I santi! Pensando ai santi, il nostro cuore si dilata, il nostro pensiero si eleva, la nostra volontà si rinvigorisce. Qualcosa di robusto e di soave, di austero e di tenero insieme viene a noi, se noi inalziamo ad essi la nostra mente.

Da che questa efficacia di conforto, di letizia, di bene?

Oh, noi sentiamo che in essi la virtù è diventata felicità. La virtù, che sola regge davanti all’eterno nel frantumarsi d’ogni cosa terrena, la virtù vera, profonda, non l’apparenza di essa soltanto, quella virtù è la causa della loro beatitudine, della pienezza della loro vita. Quella virtù che noi sentiamo nei santi ancor pellegrini quaggiù, che in essi ammiriamo, ma che ci strappa grida di dolore e di sgomento, perchè la vediamo conflitta in croce e coronata di spine e grondante lagrime e sangue, nei santi che han lasciato la terra ci appare senza sofferenza, anzi per la pena passata ancor più grande. È la virtù, senza la contradizione del dolore; è la virtù senza lo scandalo della persecuzione; i santi ci ricordano la virtù, tutta la virtù, la sola virtù.

E alla luce che emana da loro, osservando noi stessi, proviamo un senso di smarrimento, di confusione, di timore.... Dov’è la nostra virtù, dove sono le nostre opere buone, perchè noi si possa sperare di dividere, un giorno, la loro beatitudine? Lasciamo che penetri