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332 IL BUON CUORE


ove il silenzio non è rotto che dal canto degli augelli e dal fracasso del torrente. Il movimento, il brio, le delizie di Parigi potevano un momento distrarla, ma poi concentrandosi in cupe meditazioni ritornava con l’innamorato pensiero alla cara solitudine di S. Elena. Però vi fu un tempo che questi pensieri predominanti sembrarono abbandonarla. Un ricco e nobilissimo cavaliere si dichiarò innamorato della bellezza di lei, del suo spirito, de’ suoi talenti. La damigella cominciò a corrispondere sembrandole assai buon partito; ma quando il suo cuore trovossi impegnato, il cavaliere sparì.

Dolori! Dolori!... e la figlia del generale ricordando gli ammonimenti del suo augusto Maestro, sfogava con Dio l’anima sua e cercava rifugio alla sacra ombra della Croce.

Altri amori sopravvennero; gli oggetti delle sue simpatie mutarono più volte; parole lusinghiere di lode, di affetto, d’ammirazione udì moltissime; adulatori, spasimanti a iosa; ma l’uomo che la comprendesse e facesse sua, non mai. E madamigella Bertrand soffriva, gemeva in segreto, e fra i gemiti e le sofferenze la fiorente gioventù se ne andava ed unico conforto rimanevale la Religione. Poco passò ed i suoi genitori vennero a morte. Le lagrime dell’infelice furono molte e cocenti, il dolore dell’anima sua acerbissimo; la salute ne soffrì assai e alle interne pene del cuore cominciarono ad aggiungersi i patimenti del corpo. Ma la sua Religione non l’abbandonò giammai. A misura che le onde incalzavano più frementi ed ella più stretta attenevasi alla gran tavola di salvezza.

Ed era l’estate del 1845. Una donna tempestata del cuore, affievolita nel corpo, ma sempre avvenente assai, trovavasi a cura di salute ai bagni di Aix in Savoia. Sopraffatta dal malore cercò d’un prete, ed intanto nel suo lettuccio fra i singhiozzi e le lagrime veniva esclamando: — Deh! fino a quando durerà, quanto durerà questo esilio? — e vedendo il prete accostarsi al suo letto: — Oh, quanto mi tarda, soggiunse, di lasciar questo luogo di pellegrinaggio per andare ad unirmi al mio Dio! Un’ora mi pare un secolo! Ma intanto godo che il crudo morbo finisca di consumare e sperdere questi avanzi di caduca bellezza la quale in vita mi costò tanto. Il prete a cotai sentimenti sentivasi insieme edificato e commosso.

Seduto presso alla sponda del letto riceve la confessione d’un’anima virtuosa che aveva lottato in tutta la sua vita e che stava per ricevere la corona ed il premio dei suoi combattimenti. E poichè tutti i conforti della Religione furono da lei con sommo contento e con indicibile pietà ricevuti, i suoi occchi scintillarono d’una luce più che terrena, il suo volto si colorò d’una porpora vivacissima, il suo labbro si atteggiò dolcemente al sorriso e: — Padre mio, sclamò, io muoio contenta. Quando v’incontrerete in fanciulle, dite loro per conto mio che le doti naturali son nulla senza la virtù; che i natali, le pompe, le ricchezze non valgono a camparci dalle angustie, dai dolori e dalle lagrime; che anche la bellezza è una sventura, ma che in tutte le sventure sicuro asilo e ultimo rifugio è sempre il cuore di Dio.

Riduzione di L. Meregalli.

AD UN USIGNUOLO


I.

Quanta dolcezza versi col tuo canto,
Usignuol, mentre i rai del sol cadente
Brillan dei campi sopra il verde ammanto
E fan sì bello il cielo ad occidente.


Vario discende melodioso tanto
11 ritmo tuo nell’anima che sente!
E or d’un inno genial veste l’incanto,
Or par sospir di vergine innocente.


Sembra ora un suon di musica lontana,
Fatta di note non intese mai,
Or eco par della tristezza umana.


Cantor che posi all’ombra dei castagni,
Quali son le tue gioie ed i tuoi guai?
Perchè t’allieti, di’, perchè ti lagni?


II.

Mentre sull’erba me ne sto seduto,
Di trilli intrecci una leggiadra danza,
usignuolo, e di pace una fragranza
Diffondi intorno col tuo metro arguto.


Ed io che ascolto intenerito e muto
La tua soave, varia consonanza,
Or sento in petto un riso d’esultanza,
Or penso mesto al caro aprii perduto.


Oh! come parli al cor, dolce cantore!
Eppur il rozzo passeggier disprezza
Il tuo ritmo di gioia e di dolore.


Così tocca l’oblio spesso al pöeta
Che nega ai vili un fiore, una, carezza,
sol di sogni fulgidi s’allieta.

A. M.

Ricordando e benedicendo


Era un pomeriggio,, in un oratorio devoto, raccolto... Ma i contorni mi sfumano; rammento solo, appeso ad una parete, il quadro di una dolce Madonna, che stringeva al seno un bel bambino Gesù, spirando letizia e la madre santa e il figliuolo divino.

C’erano molte giovinette in attesa... Ed entrò un prete, ancor giovine, eppur venerando per una solenne gravità ed una paterna dolcezza impresse sulle fronte pensosa. Sedette su una seggiola bassa, ai piedi dell’altare e parlò. Le parole non le ritrovo più tutte, ma nell’anima mia vivono ancora — luminose e benefiche — le frasi finali di quella semplice e profonda meditazione:

Noi dobbiamo amorosamente aderire a ogni disegno della Provvidenza sopra di noi, sopra dei nostri cari; noi dobbiamo così fabbricare la nostra eternità; pos-