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IL BUON CUORE 323


ssimo avuto il dubbio, queste sue lettere rivelatrici dell’anima nuda ci danno la certezza. Rosminiano egli? Lo vollero tale gli ammiratori e fino a un certo punto egli lo credette, ma non lo era se non alla superficie dell’anima, in quella parte dell’anima in cui è possibile anche ai grandi subire l’influenza artificiosa degli altri, segnatamente degli ammiratori.

Invano si cercherebbe nelle effusioni cordiali all’amico e confessore P. Maggioni uno spunto solo in cui lo Stoppani, assediato da critiche aspre, battuto in breccia da teologi, senta quasi il bisogno di rivedere il suo «credo» filosofico, sia pure per attingere nelle ragioni rivedute insieme all’amico affettuoso forza ulteriore di convinzione. La metafisica esula dal suo spirito sereno. Egli tiene informato l’amico de’ suoi studi diletti di geologia, gli comunica le intenzioni, le fatiche, le speranze, le avventure de’ suoi viaggi scientifici, i trionfi; è in quegli studi, ch’egli da solo cominciò, perseguì con una costanza ammirevole e con successo più unico che raro, immortalandosi, il suo pensiero costante, il concetto dominante nelle sue lettere. All’amico egli, con tenerezza squisita rivela le sue effusioni mistiche, il suo sogno di una apologetica scientifica, per cui egli è indubbia. mente un precursore, e partecipa i suoi amori famigliari schietti, forti e quasi infantili. Della questione rosminiana parla pure, ma precisamente lì, un osservatore attento sente il disagio dell’anima sua dal tono stesso che assume la prosa. L’anima sua così buona diventa dispettosa, pronta all’invettiva, abbandonata al pettegolezzo ed alla piccola malignità. Ei sente l’artificio e si dibatte senza essere capace di liberarsene. Rosminiano sì, ma per pure ragioni sentimentali, per una certa affinità morale con Rosmini, per una illusione psicologica, per convinzioni politiche.

Amava Rosmini, perchè la bontà squisita del grande Roveretano assomigliava assai alla bontà tenera e mistica sua; lo amava perchè a lui cultore, anzi poeta appassionato della natura, non poteva non arridere una metafisica che fa Dio Bellezza riflessa nell’universo, oggetto di immediata intuizione all’anima umana; lo amava perchè nel suo nome — a ragione o a torto non monta per ora — si propugnavano le ragioni della sua patria, alla gloria della quale egli sentiva di poter cooperare validamente. Sotto lo stimolo di queste ragioni sentimentali egli non soffriva indugi o difficoltà e potè illudersi di essere rosminiano autentico e di poter validamente battagliare per una metafisica, a cui nel fondo dell’anima egli era straniero.

Così noi siamo riconoscenti al professor Morando e all’egregio amico Angelo Maria Cornelio (che per questo libro detta un accurata ed obbiettiva prefazione biografica) della pubblicazione, perchè con la visione nitida dell’anima cadono tuti i veli definitivamente che oscuravano la figura del grande geologo, ed essa può apparire agli avversari di ieri nel suo fulgore, degna di memoria e di gloria imperitura.

P. Angelo Novelli.



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UN IMPORTANTE CONVEGNO


Il Comitato Centrale Italiano per la pubblica moralità, che ha sede in Torino, sta preparando un Convegno per studi che avrà luogo a Padova nei giorni 29, 30, 31 ottobre, e che consterà di lezioni impartite da competenti insegnanti, e da discussioni che con essi potranno fra gli intervenuti, escluso qualunque voto o deliberazione. I temi saranno tre, uno per giorno, e cioè:

29 ottobre — La protezione dei minorenni in fatto dei costumi in Italia (signorina dott. Augusta Segre di Torino).

30 ottobre — La lotta contro la pornografia in Italia (nob. dott. Gerolamo Calvi, di Milano).

31 ottobre — I regolamenti pei costumi in Italia (prof. Enrico Catellani di Padova).

La competenza degli insegnanti e la serietà dell’organizzazione del Convegno, nel quale, essendo esclusa la preoccupazione di voti da formulare, si avrà tutta la calma e la serenità conveniente e necessaria per studiare ed approfondire i temi, dicono quale sarà per essere l’importanza di questo Convegno. Sarà quindi utile che chiunque si occupa di questioni di moralità vi intervenga, e curi l’intervento di altri.

Le modalità del Convegno sono esposte in apposita circolare, che si può avere da chiunque la chiegga all’Associazione ordinatrice locale del Congresso, cioè alla

Lega per la moralità pubblica

Via Ruzzante, I — Padova

I Cristiani nel Circo


Tutta Roma si era versata nel Circo; questa volta avevano spopolato il deserto e le prigioni. Le bestie feroci e le vittime erano abbastanza numerose, perchè lo spettacolo durasse tutto il giorno e tutta la notte. D’altronde, l’imperatore Nerone aveva promesso d’illuminare il Circo in modo affatto nuovo: anch’egli fu accolto con unanimi acclamazioni. In quel momento era vestito alla foggia di Appollo, e portava, come il dio pitico, un arco e delle frecce; perchè, tra un combattimento e l’altro doveva dar piove della sua destrezza. Alcuni alberi erano stati tolti dalla foresta d’Albano, trasportati a Roma e ripiantati nel Circo coi proprii rami e foglie, e su questi alberi, pavoni e fagiani addimesticati spiegavano le loro penne d’oro e azzurre offrendo la meta alle frecce dell’imperatore. Accadeva altresì che talvolta Nerone fosse tocco da pietà per qualche bestiario ferito, o d’odio per qualche animale che adempisse male il suo dovere di carnefice; allora egli dava di piglio al suo arco ed alle sue saette, e da dove era, dal suo trono, lanciava la morte all’altra estremità del Circo a somiglianza di Giove fulminante.

S’incominciò colle lotte dei gladiatori. Ai gladiatori succedevan quelli che combattevano colle bestie, e costoro erano cristiani.