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310 IL BUON CUORE


WERPEJA


LEGGENDA RUSSA


Dal fulvo crine e dalle luci belle
Werpeja bianca fata,
un dì col mondo nata,
sta assisa tra le stelle
avvolta nel suo peplo d’ermellino,
l’altissimo destino
che le affidava la superna Mente
attenta ad eseguire:
Quando un bambin vagire
ne la sua culla sente,
lassù nel firmamento
Werpeja tosto accende nuova stella,
ed indi intorno a quella
intesse con sue mani un fil d’argento
lungo o breve così come la vita
sarà dell’uom ch’è nato.
E allora che Iddio vuole sia finita
quella morta! carriera,
Werpeja bianca o austera
scuote il filo che all’astro sta legato;
quel cadendo con tremolo bagliore
in lontananza muore....
E sente quella scossa
la creatura in terra.
Allor l’alma si sforza
salendo al Creatore,
mentre il corpo discende nella fossa.


Or chi lo sguardo a sera
fissa lassù nella stellata sfera,
veder può a quando a quando
qualche cadente stella
che si spegne nell’imo tremolando:
Un’anima gemella
spezza l’argenteo filo
lasciando allora il suo terreno asilo.
In lor leggende strane
così narran le genti lituane.

Oreste Beltrame.

ANTONIO STOPPANI

NEL XX ANNIVERSARIO DELLA MORTE


Lettere di A. Stoppani al Padre Cesare Maggioni


Le lettere sono settanta e tutte si possono dire fotografie istantanee dello Stoppani in alcuni momenti turbinosi della sua vita.

L’interessante corrispondenza è preceduta dalle biografie dei due amici indivisi, Antonio Stoppani e Cesare Maggioni, dettate da A. M. Cornelio, e da un’introduzione del prof. cav. Giuseppe Morando.

La pubblicazione si completa con due lettere dello Stoppani al cardinale Alimonda e al sehatore Toreali, e con uno studio intitolato: Amore dello Stoppani al paese nativo.

Il prof. Morando, che ha diligentemente annotate le lettere dello Stoppani al Maggioni, così ne parla:

«Le lettere inedite, che pubblichiamo, c’interessano specialmente per quello che toccano della questione

rosminiana nel suo punto culminante. Oggi per noi il pathos di quei tempi drammatici è superato. Noi guardiamo la storia d’allora con occhio tranquillo ed animo sereno. Le ire sono cessate, la tempesta è dissipata, e colla nostra pubblicazione non abbiamo davvero nessun desiderio di riaccender quelle e di risuscitar questa. Ma è storia vissuta e non si potrà rimproverare allo storico che la racconta o che ne pubblica i documenti di voler rinfocolare od.i sopiti o passioni estinte».

L’Eminentissimo Cardinale Antonio Agliardi, appena ebbe l’annuncio della pubblicazione, scrisse per averla.

Prezzo L. 3. — L’utile andrà a beneficio dell’Opera di Assistenza degli Operai Emigrati Italiani e dell’«Italica Gens»

Commissioni e pagamenti ad A.M.Cornelio, via Castelfidardo, II. Si spedisce dietro cartolina vaglia di L. 3. Sí può acquistare anche presso la Casa Editrice L. F. Cogliati, Corso P. Romana, 17. Religione


Vangelo della domenica quarta dopo la Decollazione


Testo del Vangelo.

In quel tempo vedendo il Signore Gesù lungo la strada una pianta di fico, si accostò ad essa, e non vi trovò altro che foglie, e le disse: non nasca mai più da te frutto in eterno. E subito il fico si disseccò. Avendo ciò veduto i discepoli, ne restarono ammirati, e dicevano: Come si è disseccato in un attimo? Ma Gesù rispose, e disse loro: In verità vi dico, che se avrete fede, e non vacillerete, farete non solo quel che è stato di questo fico: ma quand’anche diciate a questo monte: levati e gettati in mare, sarà fatto. E ogni qualunque cosa che domanderete nell’orazione credendo, la otterrete.

S. MATTEO, cap 21.


Pensieri.

Andando da Betania a Gerusalemme, l’ultima settimana della sua vita, Gesù ebbe fame; s’appressò a una pianta di fico, non vi trovò che foglie e la maledì. Gesù era tutto per la diffusione della verità, del bene; in quell’ultima settimana gli avvenimenti incalzavano, il lavorio dei nemici era grande: per sottrarsi alle insidie Gesù doveva, la sera, portarsi da Gerusalemme a Betania, ma, il mattino, prestissimo, doveva essere al tempio. Era pressato, non aveva tempo di mangiare. In cammino ebbe fame, si appressò al fico, non vi trovò che foglie e lo maledì!

La natura non sodisfaceva al suo bisogno, era inutile! Gesù si sdegna, perchè, dalla natura, è come posto un ostacolo alla sua possibilità di bene: come sa aggettivarsi Gesù!

Noi ci sdegnamo e lamentiamo — per tutto — solo di ciò che ci nuoce, che ci toglie godimento, piacere! Come è necessario un mutamento profondo in noi, perchè noi si viva dello spirito di Cristo e di quello dei suoi Santi!