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306 IL BUON CUORE


al governo di sospendere temporaneanente l’iscrizione in patente di vettore di nuovi piroscafi al fine di impedire un numero eccessivo di navi addette a quel servizio.

Gli articoli 33, 33 bis, 33 ter dettano norme per gli emigranti obbligati al servizio militare: ivi mentre da un lato si cerca di reprimere abusi ponendo clausole restrittive l’esenzione dal servizio, d’altro lato si stabiliscono agevolazioni che sembrano conciliar meglio le esigenze della difesa nazionale con gli interessi degli emigrati.

Fino ad ora gli iscritti nelle liste di leva, nati e residenti all’estero, o espatriati prima di aver compiuto il sedicesimo anno di età, qualora venissero arruolati, erano senz’altro provvisoriamente dispensati dal presentarsi alle armi finchè durava la loro residenza all’estero: ora poichè tale disposizione poteva costituire un allettamento forte ad emigrare, si pone come condizione della dispensa agli espatrianti prima del 16° anno di età, che essi siano andati all’estero con ascendenti o col tutore.

Inoltre si aggiunge altra importante innovazione, per la quale gli inscritti di leva nati e residenti in paesi, dove per fatto della nascita, sia loro imposta la cittadinanza locale, saranno esentati dell’obbligo di compiere la ferma, quando provino di aver prestato nel paese di nascita un periodo di effettivo servizio sotto le armi nell’esercito regolare, il quale possa considerarsi equivalente a quello che avrebbero dovuto prestare in Italia.

Queste sono le principali modificazioni sancite dalla nuova legge approvata recentemente dalle due Camere. Noi vogliamo qui, con rapido sguardo, osservarle unitamente a tutto l’insieme di leggi, di provvedimenti e congegni che si riferiscono alla vasta materia, onde coglierne il giusto valore relativo; ciò faremo seguendo il discorso con cui S. E. il ministro degli Esteri onorevole Di San Giuliano le propose all’approvazione del Parlamento, discorso riprodotto nella raccolta degli atti parlamentari. E dai concetti fondamentali, informatori, da lui espressi, trarremo argomento per alcune osservazioni di indole generali riguardanti l’avvenire della nostra emigrazione, ciò che ancora per essa resta da fare, e particolarmente accennare al compito che, in questo campo, è bene sia adempiuto dalle iniziative private.

Il Ministro esordisce toccando la questione dei danni e degli svantaggi dell’emigrazione sotto tutti gli aspetti, economico, sociale, demografico, politico, e mostrando di averne chiara visione. «Fra i vantaggi che l’emigrazione reca, egli dice, ve n’è uno grandissimo, che non si vede, perché consiste sopratutto in un danno evitato. Poichè se lo sbocco della emigrazione non avessimo, assai più depresso di quello che disgraziatamente è, sarebbe il livello medio del benessere delle classi lavoratrici, assai più aspri e pericolosi i conflitti sociali nel nostro paese. — Certo, se nel suo complesso, tenuto conto dei vantaggi e dei danni, il fenomeno dell’emigrazione è vantaggioso all’economia nazionale, vi

sono qua e là alcune regioni dove i danni superano i vantaggi, dove la mancanza di braccia che ne consegue può portare questi salari ad un tasso che disgraziatamente non è ancora compatibile con le condizioni della produzione in quei paesi, non ancora sufficientemente sviluppati». Ed a questo proposito accenna ai provvedimenti di colonizzazione interna, più volte vigorosamente propugnati dall’on. Pantano; ma egli osserva che l’Italia ha una densità media di 116 abitanti per chilometro quadrato, superiore perciò a tutti i paesi del mondo, tre eccettuati, il Belgio, l’Olanda e l’Inghilterra, superiore a quella di paesi molto più ricchi di noi, come la Francia e la Germania, e conclude che per conseguenza «l’aumento di ricchezza che l’Italia potrà conseguire coi suoi progressi, dovrà esser destinato, non già ad aumentare la densità media della nostra popolazione, ma ad elevare il benessere di quella che vi esiste».

Ben si vede come da tali considerazioni si venga alla previsione, confortata dal parere di molti sociologi, che il fenomeno dell’emigrazione non si arresterà in Italia, almeno per del tempo ancora, e che dobbiamo quindi riguardarlo come permanente.

Donde la necessità di farlo oggetto di cure e di regolamentazione, al pari degli altri più importanti problemi nazionali: per tanto, conformandosi a tale ordine di idee il Ministro riassume la politica dell’emigrazione nella formula «libertà d’emigrazione ed intervento contro artificiosi e mendaci eccitamenti»l

E questo indirizzo che il Governo si propone di seguire rispecchia infatti il criterio giusto ed opportuno, quasi universalmente proclamato da quanti si occupano oggi della questione.


Venendo quindi dai principii direttivi generali alla esposizione dei mezzi concreti stabiliti dalla legge, per la tutela e la regolamentazione dell’emigrazione, il Ministro sente di dover fare preventivamente un’osservazione d’indole generale ed essenziale su quest’azione da piegarsi in favore dei nostri emigranti. Egli nota che «in fatto di emigrazione, come in tutto ciò che si riferisce alla legislazione sociale, l’azione dello Stato tende sempre più ad estendersi e ad intensificarsi. Tutto sta però, egli dice, che questa azione dello Stato non spenga o non addormenti le energie private, sopra tutto in un paese come l’Italia, dove ancora sono, non diciamo languide, ma certo non così attive ed intraprendenti come dovrebbero, e dove è eccessiva ancora la tendenza a tutto sperare del Governo».

In ciò infatti si deve riconoscere un canone fondamentale, un punto di vista essenziale dal quale bisogna sempre muovere quando si cercano soluzioni al problema emigratorio, se si voglion raggiungere pratici risultati. Poichè, se è vero che in qualunque impresa, in qualunque esplicazione di vita civile, cadono e restano inutili le migliori leggi ed i migliori provvedimenti adottati dallo Stato per aiutarle nel conseguimento dei loro fini, quando ad esse non corrisponda e non cooperi energicamente la volontà e l’opera dei cittadini, come privati e come interessati a tutto ciò che è incremento