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294 IL BUON CUORE


Il Pontefice, con il quale il defunto era in corrispondenza, ha inviato le sue condoglianze a mezzo di Monsignor Bisleti. Ecco il testo del dispaccio inviato ad una delle figlie: «Il Santo Padre ha inteso da me con dolorosa sorpresa la comunicazione del suo telegramma e mi ha dato incarico di far pervenire immediatamente a lei ed a tutta la famiglia le espressioni che in questa luttuosa circostanza salgono spontanee da un cuore paterno. Sua Santità raccomanderà al Signore l’anima benedetta del loro caro defunto e implora sopra tutti la benedizione di Dio consolatore. Mando loro le la grime per saluto».

La benedizione del vicario di Dio in terra è la più bella promessa del premio di Dio in cielo.

L. Vitali.



A 93 anni, dopo breve malattia, religiosamente come visse, è spirato la sera del 3 settembre nella sua villa, di Borgovico in Como.

L’illustre generale ebbe i natali da Genova la Superba il 20 novembre 1817.

Per narrare la nobile vita del conte Genova Thaon di Revel bisognerebbe raccontare diffusamente la storia delle nostre guerre del risorgimento, chè di tutte le tappe sanguinose di cui si compone la lunga lotta per l’indipendenza egli fu infaticabile, valoroso, intelligente attore. Non v’ha campo di battaglia ch’egli non abbia calpestato nell’ora suprema del cimento, non v’ha, si può dire, bollettino di guerra che non ricordi gloriosamente il suo nome.

Discendente da una famiglia di diplomatici e di guerrieri, Genova Thaon di Revel iniziò giovanissimo la carriera delle armi.

Uscito da quella Regia Accademia militare di Torino in cui furono educati tutti gli uomini di guerra del vecchio Piemonte, fu assegnato all’artiglieria, al Real Corpo d’artiglieria come si diceva allora.

La campagna del 1848 lo trovò tenente. Si distinse a Staffalo, a Custoza, nell’infelice scontro del 4 agosto sotto Milano, col quale Carlo Alberto tentò invano di opporsi alla rioccupazione della capitale lombarda da parte degli austriaci; ma si distinse specialmente a Staffalo, il 24 luglio, dove, mettendo in batteria quattro pezzi a brevissima distanza dai cannoni austriaci, li ridusse al silenzio preparando così efficacemente il fortunato assalto alle alture dato dalla brigata Cuneo. Si guadagnò una menzione onorevole e una medaglia d’argento al valore militare.

L’anno dopo era a Novara. Nella sfortunata battaglia dava prova di tale intrepidezza, di tale sangue freddo, mentre intorno a lui gli ordini dell’esercito vinto si rompevano e soldati e cavalli e carriaggi in forma confusa si precipitavano entro la città, che gli veniva conferita una seconda medaglia d’argento.

Era maggiore quando s’iniziò la guerra del 1859 e con la sua brigata fu addetto alla terza divisione dell’esercito sardo, comandata dal generale Francesco Mollard, fiero tipo di soldato savoiardo, al valore e alla

ostinazione eroica del quale si deve se San Martino fu per noi una vittoria.

Respinti i primi attacchi, nel tempestoso pomeriggio del 24 giugno, la divisione Mollard s’era raccolta in una attesa piena di angoscia dietro l’alto argine della ferrovia che conduce da Desenzano a Peschiera. Il vecchio Mollard, sceso da cavallo, si tormentava nervosamente i baffi, mentre attendeva impaziente ordini e rinforzi per il combattimento che doveva raddrizzare le sorti della battaglia e vendicare il sangue sparso da tanta gente la mattina nei micidiali assalti all’altipiano di San Martino, erto e saldo come un bastione.

Finalmente alle 16 giungeva l’ordine del Re di prendere San Martino ad ogni costo e all’ordine seguivano i rinforzi: l’intera brigata Aosta, fresca, ordinatissima, nonostante la lunga marcia, arrivava sul campo e muoveva all’attacco, sostenuta dai gloriosi avanzi delle brigate Cuneo e Pinerolo. Thaon di Revel, appena avuta la notizia che la battaglia ricominciava, correva al galoppo a prendere quattro cannoni lasciati in posizione sulla strada di Peschiera, li riuniva ad altri raccozzati su tutta la fronte di battaglia, metteva insieme una grande batteria di 42 cannoni che apriva subito un fuoco infernale battendo le alture, le batterie nemiche, le cacascine, i nugoli densi della fanteria austriaca che biancheggiavano dietro le siepi. Preparato l’assalto da questo fuoco rabbioso, le colonne italiane avanzavano vittoriosamente. E Thaon di Revel, con tre delle sue batterie, accorreva a rincalzo dei fanti, si piantava a breve distanza dal nemico, lo flagellava con nuove tremende scariche a palla e a mitraglia. Non gli aveva gridato Mollard che si doveva vincere o morire? La resistenza austriaca, sotto quella tempesta di cannonate, sotto l’impeto irresistibile della nostra fanteria, piegò e crollò. La vittoria era nostra.

Fu la più bella pagina della vita di Thaon de Revel quella magnifica audacia dell’artiglieria trascinata all’assalto come una colonna di bersaglieri.

Vous avez fait une charge à la baionette avec vos pièces — gli disse alla sera il rigido Mollard. Re Vittorio venne a cercarlo sotto Peschiera, dove si stavano facendo i primi approcci per l’assedio, gli strinse le mani, gli annunziò che l’aveva creato ufficiale dell’Ordine militare di Savoia.

L’anno seguente Thaon de Revel scendeva di nuovo in campo. Benchè non fosse che tenente colonnello, gli veniva affidata la carica di comandante superiore dell’artiglieria del corpo di spedizione nelle Marche e nell’Umbria. Veniva promosso colonnello per l’abilità e il valore con cui dirigeva le operazioni dell’assedio di Ancona; la condotta serbata all’assalto di Mola di Gaeta, il 4 novembre 1860, gli valeva la commenda dell’Ordine militare di Savoia. E dopo la battaglia era nominato direttore generale del dicastero della guerra in Napoli e gli veniva affidato un compito delicatissimo, quello di regolare lo scioglimento dell’esercito garibaldino e l’incorporazione della maggior parte dei suoi elementi nell’esercito nazionale.

Maggior generale e aiutante di campo di Umberto, coadiuvò efficacemente il giovane principe a disporre