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Anno IX. Sabato, 3 Settembre 1910. Num. 36.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Augusta Maxwel-Hutton. Un curioso testamento ― ...Proibire i matrimoni fra sordo-muti? — Concorso a premio per canzonette popolari ― Pensieri.
Religione. —L. Maregalli. La Madonnina di Alzate in ristauro — Vangelo della domenica prima dopo la Decollazione.
Società Amici del bene. —Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


UN CURIOSO TESTAMENTO


Lo scorso aprile, l’avvocato Leclerc, con studio in Regent Street, notissimo nel mondo teatrale londinese per le sue prestazioni illuminate e spesso trionfalmente riuscite, riceveva da una vecchia signora un plico voluminoso, con ingiunzione di aprirlo solo dopo la morte della depositante e di dare corso a quanto vi era espresso, contro un assegno rappresentato da titoli industriali, essi pure contenuti nel plico misterioso. E come la vecchia dama era da molti anni cliente fedele dell’avv. Leclerc, così questi non esitò un istante ad accettare.

Ora madama non tenne troppo in sospeso l’esecuzione dell’istruzioni date al Leclerc; poichè già esaurita per tabe senile, al primo attacco di pleurite che la colse in un supremo addio che volle dare al teatro, si mise a letto, peggiorò, soccombette in brevissimo volgere di tempo.

E il suo avvocato diede corso alle istruzioni avute; dissuggellò il plico, apri i diversi sottoplichi e piccoli involti, trovò subito una lettera che dava in succinto le varie spiegazioni occorrenti, e senz’altro si trovò davanti al più regolare e facile compito che mai gli fosse capitato in vita sua.

Madama lasciava esecutore testamentario l’avvocato Leclerc; disponeva che tutto l’ammontare della sua proprietà in stabili, titoli e denaro spiccio che si sarebbe trovato in casa sua, come a dire un modesto totale di un milioncino, dovesse andare per fondazione di istituzione
benefica che nominava espressamente e di cui dava le condizioni. Che a tale progetto era stata condotta dai casi della sua vita di cui dava ampio ragguaglio in un grosso quaderno minutamente vergato dalla più chiara ed elegante calligrafia.

L’avvocato, che conosceva la sua cliente per una delle più fortunate stelle del teatro, per quanto anche seria e bona e religiosa — cosa infrequente in cotale ambiente nomade e superiore a certe leggi — non è a dirsi se si sentì pungere da morbosa curiosità di leggere quel documento. Era una storia che mai più si aspettava neppure da persone in cui le sorprese, i colpi di scena, le fantastiche vicende sono la regola e non l’eccezione.

Madama Molly Ward, vissuta nove decimi della sua lunga vita, come una solitaria, senza patria, senza famiglia, senza amici, e legata solo alla troupe artistica alla quale la costringevano i contratti di scrittura, veniva da una famiglia di operai del Gallese. Il padre, schiavo dell’alcool in sommo grado, dal pomeriggio del sabato alla domenica mattina, consumava poco meno, in bevande inebrianti, che tutto il guadagno d’una settimana. La madre, per tirare innanzi alla men peggio la famigliuola, composta di lei, del marito, di Molly e di due altri marmocchi, l’ultimo ancora in fasce, non solo si vide costretta ad affidare il bimbo lattante ad una bona comare del vicinato, e l’altro figlioletto in cura a Molly, ma a lasciare la casa tutta la lunga giornata per recarsi al lavoro in un’officina del villaggio.

Quando Moliy raggiunse un’età discreta, fu messa anche lei al lavoro in un opificio dove le fatiche erano troppo prolungate e intense, l’ambiente lurido e malsano, l’aria irrespirabile, dove tutto suonava durezza, brutalità, diritto di padroni, dovere di dipendenti, senza una dimostrazione di umanità, di gentilezza amorosa. Quasi ciò non bastasse, Molly ebbe la sventura di trovarsi con fanciulle tutte maggiori di lei che molto conoscevano della vita, e talune anche non ignoravano di esperienza propria nessuna bassezza, nessuna vergogna. Nei loro discorsi era prevalente la nota lubrica, resa anche più urtante dalla crudezza sguaiata della forma, non curante di pudore, sprezzante di riguardi.

Si può pensare la funesta azione che dovette esercitare tutto questo complesso di circostanze sul fisico di Molly, quando sul formarsi abbisognava piuttosto di