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278 IL BUON CUORE


frequente, tinto d’una leggera voluttuosità morbosa; piangeva per nulla.

E fu un gran giorno per lui quel radioso giorno di maggio inoltrato, quando credette di aver scoperto la sua felicità.

Il sole era già alto sull’orizzonte, e versava sulla desta natura in giubilo tutta la gloria dei suoi raggi e le vampe del suo fuoco, quasi a destare altri fuochi, per fondersi assieme nella più poderosa sinfonia di amore. L’aria pareva investita di luci piene di sorriso e di malie; e tutto fremeva sotto le carezze e i baci appassionati e ardenti dell’astro maggiore, suscitatori di sensualità. Cecil Lionel si sentiva penetrare nelle ossa, ondate di energia, di coraggio, di audacia e un invito insinuante e suggestivo, di unire la sua ancor debole voce al concerto sublime che echeggiava, saliva in alto come un inno glorioso; ed espresse alla madre la voglia irresistibile di una gita sul vasto lago che quel mattino magico, giaceva più liscio e tranquillo e seducente nell’immenso parco di Blackbird.

Il progetto fu accolto con un coro d’approvazioni; la baronessa però non sarebbe entrata in barca perchè estremamente paurosa e diffidente del suo lago; l’idea della possibilità di cadere in acqua e di morire affogata, le inspirava un ribrezzo invincibile che nessuna ragione valeva a superare. E allora fu convenuto che Daisy sola l’avrebbe accompagnato, mentre la Baronessa sarebbe rimasta ad aspettarli alla riva. Così Cecil e Daisy, entrati in barca, si collocarono sotto un elegante baldacchino che li avrebbe protetti dal sole, quasi a prora della signorile gondoletta, sul tipo di quelle della veneta laguna; e due servi si misero ai remi, vogando alacremente verso un’isoletta che sorgeva quasi alla estremità opposta, tutta verde e fresca e piena di inviti e promesse come paese romantico, fatto solo di incanti e di sogni.

A misura che il fragile palischermo si avanzava maestoso, quasi vascello fantasma, tra una profusione di fiori olezzanti che il sole accendeva come multicolori lampadine fatate, senza urti, cullandosi come su una soffice, elastica massa di bambagia, il panorama circostante offriva le più svariate scene; colpi di vista inattesi, sfondi rnaravigiiosi, un’animazione insolita, poderosi palpiti di vita, come il respirare d’un gigante, e una festa di trilli e gorgheggi di cento uccelli d’ogni specie che tormentavansi il capo per emettere le note più lieti. Era naturale che il giovane si volgesse ripetutamente a Daisy ogni volta che una scena più imponente lo colpiva, come per leggere sul di lei volto rapito e soffuso di amabile pallore, le emozioni che dovevano provocare; come per interrogarla del suo parere, constatare che essa fosse come lui impressionata. Le poche parole di Cecil Lionel, non sempre coraggiose e che tradivano, attraverso un tremito singolare e inflessioni d’infinita dolcezza, un sentimento misterioso per quanto non spiegato totalmente, lo sguardo soave e timido che si indugiava nella contemplazione degli splendidi occhi della fanciulla, un non so che di fascinatore che sprigionavasi come un fluido penetrante, da cui non era possibile difendersi, in

quell’ora ebbero sull’animo di Daisy un’azione disastrosa, definitiva. La fanciulla quando si fu di ritorno al castello, si svegliò come da un sogno di leggenda, notò vagamente e con una specie di terrore, di provare per Cecil Lionel qualcosa di più di un sentimento generico di cristiana carità nella forma più stretta quale è dovuta a parenti; si pentì, si accusò, ebbe lampi di decisa volontà di respingere da sè ad ogni costo quel sentimento che la insudiciava. Ma all’atto pratico trovò che il nemico si era a sua insaputa avanzato di troppo, e preso sul suo cuore un imperio ben difficile da sopprimere. Quando i migliori propositi formulati nel segreto della sua cameretta parevano assicurarla che non era vero che avesse provato delle simpatie pel suo parente; ritrovandosi con Cecil, alla vista di quel giovane amai pienamente ristabilito, dalla figura maschia, robusta, trasfigurata attraverso una terribile malattia in un essere senza confronto più bello di prima, più seducente, più irresistibile, tutto sfumava; un’onda di prepotente passione l’avvolgeva, come il vento si impadronisce e stringe nelle sue spire un fuscello. E allora addio propositi, addio rinuncie; e una resa a discrezione di tutte le sue potenze alla imperante seduzione, era la più evidente riprova che ornai potevasi credere perduta.

L’alternativa di debolezze e di energiche risoluzioni si protraeva già troppo. Daisy un giorno che Cecil Lionel erasi assentato dal castello con alcuni amici per un’interessante partita di caccia, sola nella sua stanza, dopo un esame di coscienza senza vane difese del proprio torto, vergognosa di sè, amaramente pentita di essere per sua colpa iscapitata fino a quel punto nella vita dello spirito, era risoluta davvero di troncare quel mondano idillio e restituirsi a casa sua; tanto la Baronessa ormai non aveva più bisogno di lei dacchè aveva due volte fatto riacquisto del figlio benamato. In giornata comunicò alla sua parente il proposito fatto.

Quando Cecil Lionel tornò da caccia e seppe dalla madre la risoluzione di Daisy, senza porre tempo in mezzo, volò su alla stanza della cugina tutto ansimante ancora e in uno stato da far pietà, chiedendole di tornare sulla sua decisione, di nulla precipitare, che non credeva le avessero mancato di riguardo al castello, che lui sarebbe stato inconsolabile se mai potesse averle dato un motivo anche lontano di dispiacere; e nella voce v’era tanta sincerità e un tono così dolente, blando, carezzevole, di così desolata mestizia, che Daisy un’altra volta fu vinta, e tornò ad abbandonarsi alle attrazioni del vortice che dovea inghiottirla in una suprema rovina.

Cecil Lionel comprese che aveva vinto definitiva mente la lotta che si combatteva in modo coperto da tanto tempo. Comprese di essere il prevalente, il più forte; dimenticò d’altra parte d’essere cavaliere come lo era stato sempre. Anche lui travolto da una passione dapprima non notata, non vigilata, non tenuta a freno, forse distratto come era dalle imperiose necessità di convergere tutti i pensieri su un punto solo — riacquistare la salute perduta — riuscì ad essere un vinto. Non solo dimenticò di essere cavaliere; da qui innanzi anche ritirò la stima già spinta fino alla venerazione, ad una giovane che non opponeva più resistenze; fece di più,