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IL BUON CUORE | 269 |
stive di fatti scandalosi. Coll’istruzione obbligatoria, ispirata a povere idee di civiltà e di moralità, si è dato un rasojo a doppio filo in mani quasi incoscienti, e colla libertà di stampa, degenerata in licenza e vergognosa speculazione, si sono avvelenati migliaja di cuori ingenui.
Ma l’egregia signora Monachesi esamina specialmente il problema delle fanciulle operaje, e vorrebbe poter migliorare le loro condizioni morali; ma con quali mezzi? Quelli che ella propone sono ineffettuabili e ci trasportano nel campo delle utopie. Anzitutto si è fatto troppo lungo cammino nella via della indipendenza, della libertà della persona e del pensiero, e anche le folle femminili — quelle che vivono d’una vita tutta materiale — si sono corrotte da molti anni, come si è veduto e si vede quasi quotidianamente in orribili manifestazioni.
Noi rimontiamo anche alla sommossa del 1898, nella quale donne e fanciulle operaje eran quelle che precedevano le turbe dei dimostranti e scagliavano atroci insulti ai soldati. Che non si disse allora sul problema del miglioramento morale delle operaje? Un indice sicuro lo diede l’illustre monsig. Bonomelli co’ suoi opuscoli scintillanti di parole fatidiche; ma che cosa fecero le classi direttive? Si eran veduti allora gli effetti della trascuratezza di tutti i partiti e di tutte le autorità a cui risalivano le responsabilità gravissime dei disordini; e si eran vedute le conseguenze della indifferenza religiosa, del cattivo esempio, che sempre ha portato e sempre porterà le folle a vivere come bruti, senza amore alla famiglia, senz’alcun pensiero per l’anima.
Ancor ammettiamo che si debbano fare le debite eccezioni e non veder troppo nero; ma appunto per questo dobbiamo notare la differenza nei risultati morali tra i dipendenti di padroni religiosi praticanti e quelli informati al precetto sterile della libertà di coscienza.
Avvicinandoci alla conclusione del nostro commento, dobbiamo dunque consentire che il rimedio, più che nelle proposte tendenti ad allargare le istituzioni di carattere laico e nella carezza che insuperbisce con eccessive concessioni, si deve trovare nel risveglio e nell’educazione del sentimento religioso, nel buon esempio e in quella fermezza che sa imporsi alla prepotenza e alla inesperienza.
Ottima signora Monachesi, a che servirebbero gli spaziosi giardini ridenti da lei ideati per la ricreazione delle operaie? E le sembra effettuabile una idea simile colla carestia d’area che abbiamo nei grandi centri industriali per gli uffici privati, per i laboratori, per tutti i corpi di fabbrica destinati al lavoro? Mancherebbe poi che s’invocasse il concorso del Governo in simile gigantesca intrapresa! Più azzardata è poi l’idea degli ampi locali luminosi ove esse (le operaie), nei giorni festivi, potessero raccogliersi piacevolmente e gustare musica, rappresentazioni artistiche ed educative, ecc. Di utopie — anche belle se vogliamo — è adunque inutile discutere; il loro destino è di dileguare dinanzi alla semplice visione dell’impossibilità di attuarle. La vera, la possibile, l’unica sorgente di salvezza, comeMa purtroppo siamo sempre dinanzi ad un problema. Ha la famiglia, civile ed operaja, la volontà d’affrontarlo quest’arduo problema? Ha la famiglia del giorno d’oggi la coscienza di riconoscere che l’immensa lacuna del sentimento religioso scava un abisso dove profondano tutti gli sforzi insieme riuniti, tutte le utopie, anche le più belle e poetiche, tutte le speranze, anche le più sacre e legittime?
Vangelo della domenica quattordicesima dopo Pentecoste
Testo del Vangelo.
Dai confini di Tiro e Sidone, dove aveva operato la guarigione della figlia della Cananea, ritornava Cristo sui monti della Galilea, quando gli fu presentato un uomo sordo muto, perchè gli imponesse le mani. Or, egli, presolo in disparte dalla folla, gli mise le sue, dita nelle orecchie di lui; e avendo sputato, collo sputo gli toccò la lingua. Poi, alzati gli occhi al cielo, sospirò e dissegli: «Effeta», che vuol dire «Apriti».