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IL BUON CUORE 253


stante cripta, che circonda la cappella, corre una superba balaustrata di bronzo recante su gli scudi centrali il motto Fert. Un’ampia gradinata adduce, dalla via Matteo da Campione, alla cappella. Fra i due propilei laterali (destinati a casa del custode e a locali di servizio) è tesa, davanti la gradinata, una cancellata che rappresenta tre mesi di lavoro febbrile di quel mago del ferro che è il prof. Mazzucotelli. È magnifica, a scudi, ad alette intrecciate, di gusto classico, tutta nera con sobrie dorature negli scudi e nelle borchie.

Col decimo anniversario del regicidio, si è inaugurata una delle più ricche e artistiche opere della terza Italia.

L’idea di essa è del Sacconi, l’autore del monumento al Gran Re a Roma. La malattia lo colse però quando egli non avea condotto a termine che un disegno d’insieme della cappella: disegno che oggi acquista uno speciale interesse perchè è possibile confrontarlo col monumento studiato poi in ogni suo particolare e diretto nell’esecuzione da un allievo del Sacconi: l’architetto Guido Cirilli, il quale vi introdusse parecchie variazioni, specialmente nella parte superiore. Marchigiano come il suo maestro, il Cirilli ha speso degli anni intorno alla cappella di Monza, perchè tutto in essa rispondesse a quell’ideale di bellezza che egli persegue, che tutto fosse degno del Re Buono a cui la cappella è dedicata e del Re giovane e dell’Augusta sua Madre che gli conferirono l’incarico della costruzione senza limite di spesa.

Così la nuova Italia ha un’incomparabile opera d’arte di più.

UNA DATA

(Dal Parco di Monza).


Qual di luce sorriso in mille incanti
Da le verdi tue ampiezze si sprigiona!
Qual sussurrio di fronde!
Quai pispigli d’augelli e trilli e canti!
In mille note suona
Di lieta voce l’armonioso accento.
Perchè, o natura, al vago tuo concento
Pietoso un suon risponde?


Ahimè! nel riso o nell’arcana pace
Che sì tranquille fa le verdi ombrìe
Dei solitari viali,
Solo il perenne sovvenir non tace
De le memorie pie!
Sul palagio regal di vita spoglio
Qual lugubre vision d’alto cordoglio
Stende mestizia l’ali.
Fu cupo un sogno di pazzia ribelle
Che l’alme tutte avvinse in sacro orrore.
Fu atroce una congiura
Che sotto al guardo di ridenti stelle
Versò l’onta e ’l dolore
Allor che vinto ogni più sacro dritto
Sinistramente balenò il delitto
Che fe’ tremar natura.


L’angelo de la Patria ov’era allora?
Forse il pietoso spirito saliva
A scongiurar che vuota
Di tanta colpa rimanesse l’ora
Che di pietà fu priva.
Forse qual prezzo d’un’eterna fede
Italia bella quella vita diede
Al fato suo devota.


Ma se tra quelle mura ornai silenti
E lo squallor che in mesto ammanto scende
Su le deserte stanze
Ripete l’eco sola i suoi lamenti,
Sul fatal loco ascende
A perdonar, quel simulacro santo
Che le lacrime eterna, ed il rimpianto
Le preci e le speranze!

La Corrispondenza di Luigi Rossari


Felicissimo fu il pensiero della Direzione del Pio Istituto pei Figli della Provvidenza, quale erede del conte Stefano Stampa, figliastro di Alessandro Manzoni, d’affidare alla valente signorina Irene Comotti la pubblicazione di un interessante carteggio di quel grande educatore che fu Luigi Rossari.

Si tratta di lettere affatto inedite e sottratte per caso alla distruzione in cui avrebbero dovuto essere coinvolte con altre.

Il libro trasporta il lettore in ambiente manzoniano, vogliamo dire l’ambiente famigliare dell’autore dei Promessi Sposi.

Ma lasciamo la parola all’egregio prof. Carlo Antonio Mor, il quale così giudica l’importante pubblicazione:

E’ una ricca collezione di lettere inedite, diligentemente ordinata ed annotata dalla signora Irene Comotti, valorosa maestra nelle classi elementari superiori di Milano. La maggior parte appartengono alla corrispondenza famigliare tenuta da Luigi Rossari, amico intimo del Manzoni, col conte Stefano Stampa, dal 183o al 1870. Degne di pregio particolare sono quelle dirette alla contessa Teresa Borri Stampa rimaritata Manzoni, quelle allo stesso Alessandro Manzoni, al conte Borri, al conte Paolo Belgiojoso. In queste lettere è rispecchiato tutto il suo ingegno facile, limpido, prudente, tutto il suo ingegno manzoniano; in esse vibra tutta l’anima semplice, delicata, incorruttibile, severamente buona, giovialmente e festosamente umoristica, vivacemente e argutamente giovanile, giovanile anche nei tardi anni, anco nella sua