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250 IL BUON CUORE


che richiederebbe il rapido aumento della nostra popolazione.

Infatti, la densità media della popolazione in Italia è di 107 abitanti per km2, mentre in Germania è di 97, di 80 in Austria e di soli 72 in Francia.

Di più, io credo che quelli che contano a milioni di ettari le terre incolte d’Italia, siano in errore. L’Italia ha una superficie di 28 milioni e mezzo di ettari, dei quali, 20 milioni di già coltivati. Restano gli altri 8 milioni e mezzo, dei quali però 4 milioni e mezzo (dò la cifra tonda) sono occupati da strade, acque, greti, o sono cime di monti alti e sterili. Gli altri 4 milioni di ettari vengono più o meno adibiti a pascolo, e, anche di questi, secondo gli studi della Direzione generale di agricoltura, un milione di ettari potrebbe essere coltivato con profitto. Dunque, a parte le difficoltà della impresa e gl’ingenti capitali occorrenti per la espropriazione e il risanamento, a parte la imperfezione dei catasti di molte Provincie, e segnatameute della Sardegna, che rende difficile, e quasi impossibile, l’assegnazione dei lotti, le terre utilmente coltivabili sono poche e affatto disformi ai bisogni della nostra popolazione.

Ma nelle migliori delle ipotesi, supponendo il più largo bonificamento e la conseguente colonizzazione e un perfezionamento di sistemi agricoli, nel senso della maggior intensificazione possibile, e una larghissima produzione industriale, in modo da poter dare all’Italia intera la densità della popolazione della Lombardia (cioè portare a circa 50 milioni gli abitanti della Penisola) si sarebbe ben lontano dall’aver trovato posto al crescente numero della nostra popolazione, la quale, dato l’aumento medio di quest’ultimo ventennio, in un secolo diventerebbe di circa 100 milioni.

Nel secolo venturo adunque, anche nella migliore delle ipotesi, circa 50 milioni d’italiani dovranno necessariamente trovar posto fuori d’Italia!

Le colonie politiche, o signori, sono altro dei modi con cui i popoli civili compiono le loro funzioni migratorie, forse quello che involge maggior numero d’interessi e maggiormenie solletica l’amor proprio nazionale. La grande attività e gelosa cura spiegate a’ dì nostri dalle varie Potenze nel difendere gli antichi possedimenti coloniali e nell’acquistarne di nuovi, sono il commento più eloquente di questa mia affermazione. Ma pur troppo per il nostro Paese la speranza di una larga colonizzazione politica fu travolta e rimandata a chi sa quando dai disastri africani, il cui ricordo rattrista ogni cuore italiano.

Queste cifre e considerazioni ci portano a conchiudere, che all’Italia, per ora almeno, non resta che la terza forma di emigrazione; effondere cioè in altri popoli e in territori altrui il sovrabbondare della sua popolazione; forma più umile delle altre due, ma più conforme a’ suoi bisogni immediati. Le funzioni migratorie quindi, come si compiono da noi, rispondono alle necessità attuali politiche, territoriali ed economiche del nostro Paese e non superano la sua potenza riproduttiva e come tali hanno il carattere di fenomeni permanenti, e sono fonti di benessere individuale e collettivo.

Ma quali sono le garanzie che la legge accorda ad una emigrazione siffatta? Come esercita lo Stato il suo dovere di tutela morale e materiale dell’emigrante? Come l’esercitiamo noi, classi dirigenti?

(Continua).

INAUGURAZIONE

DEL

Sanatorio Popolare Umberto I°


Nell’anniversario della morte di Re Umberto si è inaugurato in Prasomaso di Valtellina il Sanatorio popolare, che da Lui prende il nome, destinato ai tubercolosi poveri o di modesti mezzi della città e provincia di Milano. L’opera Pia, riconosciuta sin dal febbraio 1902, ha dovuto in questi nove anni superare enormi difficoltà per raccogliere dalla iniziativa privata i fondi necessari, scegliere la località più adatta, vincere l’ostilità di Comuni limitrofi a Prasomaso, ottenere l’esproprio di terreni, costruire una strada carrozzabile d’accesso e fabbricare a 1200 metri sul livello del mare in località eminentemente salubre il sanatorio popolare. A tutto questo immenso lavoro presiedette sempre con vero spirito di abnegazione il dott. Francesco Gatti, che alla istituzione ha dato la sua attività, tutta la preziosa sua esperienza scientifica ed anche un contributo finanziario.

Il Sanatorio popolare Umberto I° è capace di 130 letti, destinati ad ammalati d’ambo i sessi, che abbiano compiuto il 16° anno di età, che si obblighino a restare al Sanatorio per una durata minima di tre mesi, salvo avviso contrario del medico-direttore e che siano atti a subire una cura sanatoriale di altitudine. Ogni medico della città o provincia di Milano può presentare l’ammalato che giudica atto ad essere curato nel Sanatorio di Prasomaso alla Commissione medica, incaricata di decidere delle ammissioni. La richiesta di ammissione dovrà essere accompagnata da uno speciale formulario medico, riempito dal curante, formulario che verrà rilasciato dall’amministrazione del Sanatorio in Milano, via Morone, 4. La retta giornaliera per gli ammalati poveri è per ora di lire quattro: per gli ammalati di modesti mezzi è di lire sei per coloro che desiderano una camera da soli, di lire cinque se in camera comune con altri ammalati. Dodici letti sono di patronato della Cassa di Risparmio delle provincie lombarde.

L’Istituto è destinato agli ammalati poveri o di modesti mezzi sofferenti di tubercolosi polmonare curabile, in primo stadio; per quelli cioè i quali presentano molte probabilità che il trattamento sanatoriale possa condurli a guarigione od a miglioramenti notevoli e tali da assicurare o restituire loro, se già perduta, la completa capacità al lavoro per un periodo di tempo non breve. Non è, quindi un semplice ospedale, ma un vero istituto di previdenza per l’economia sociale.

Mentre la cura ospitaliera non guarisce un ammalato di tubercolosi polmonare e neppure gli restituisce in modo duraturo la completa capacità al lavoro e mentre