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226 IL BUON CUORE


da una famiglia di marinai che lasciarono la vita nel mare, entrò a 18 anni nel noviziato della Sagesse, e, dopo aver insegnato due anni nell’Asilo Saint-Hilaire di Poitiers, passò nel 1883 all’Istituto di Notre-Dame di Larnay. Il suo carattere sereno la rese cara a tutti, mentre col suo ingegno pronto e sagace riuscì ad imparare ben presto il linguaggio dactilologico e tutte le più elementari ma indispensabili norme dell’insegnamento per gli anormali. Dotata d’una costanza a tutta prova, si applicò contemporaneamente al riparto affidatole di sordo-mute e all’istruzione di quella sordo-muta-cieca Marie Heurtin che doveva far la sua gloria.

Era questa un’infelice ragazza del Vertou (Loire-Inférieure) che tutti gl’Istituti di carità avevano respinto, come talvolta tocca a coloro che hanno indosso troppe disgrazie, e che i congiunti non sapevano più a chi affidare. Più che una creatura umana sembrava una fiera; le sue energie prigioniere si manifestavano con urli e gesti violenti che nessuna carezza valeva talvolta a quietare. Suo unico vincolo che la stringeva alla vita erano i bisogni primi dell’organismo e un coltellino da due soldi da cui mai voleva separarsi. La sua intelligenza giaceva al di là delle barriere postele dalla sventura e chi l’aveva vista aveva giudicata idiota. Ma idiota non era; era solo una fra le più misere delle creature. «Non vedere e non udire! Ve lo immaginate bene — diceva a suo proposito Ferdinand Brunetière nella seduta dell’Accademia francese del 23 novembre 1899 — ciò che letteralmente vi sia di tenebre accumulate in queste due parole? Ve la rappresentate voi, in questa notte, la prigionia dell’intelligenza? Ve lo immaginate voi questo orrore di sentire, per mezzo del tatto, che esiste un mondo, e di cercare lungo i muri della propria prigione di carne un’uscita su questo mondo e di non trovarla?» Ebbene, chi tolse da questo orrore Marie Heurtin, facendole trovare, non solo questa uscita, ma facendone una giovane colta, gentile, pia e profondamente serena fu Soeur Sainte-Marguerite.

Col metodo insegnatole da Suor Sainte-Médulle e colla collaborazione dell’Ordine che tanto meriterebbe in Francia della gratitudine pubblica, dopo Marie Heurtin, essa istruì una giovinetta d’Izieux (Loire-Supérieure), Anne-Marie Poyet, anch’essa sordo-muto-cieca, e altre si accingeva a ricollegare alla vita, a strappare dalle tenebre immani della sventura, quando fu presa da una polmonite e rapita in pochi giorni al suo apostolato pieno d’amore.

Di essa, che ora riposa nel piccolo e fiorito cimitero di Larnay 1, ben si può dire che fu l’organizzatrice dell’insegnamento dei sordo-muto-ciechi in Francia, come l’Abate de l’Epée lo fu di quello dei semplici sordo-muti. Per opera sua e dell’ordine delle Suore della Sagesse il problema dei sordo-ciechi, che aveva già tentato spiriti irrequieti e profondi come quelli del Diderot, degli Abati dell’Epée e Sicard, del dott. Howe e così via, fece dei passi addirittura insperati. Nel suo ufficio l’umile
Suora portò una pazienza e un ingegno pieno d’intuizioni, per cui potè perfezionare al sommo tutti i sistemi prima di lei in uso e farsi vera maestra in questo arduo e singolarissimo ramo della pedagogia. Tutto il suo apostolato s’inspirò al «nulla dies sine linea» e non valevano indugi o apparenti sconfitte per scoraggiarla; i cenni più umili di risposta erano per essa, come per le sue consorelle, stimoli sufficienti a perseverare.

Passando dal noto all’ignoto, cercando di far sorgere nell’essere vegetante a lei affidato il primo concetto di un rapporto fra un oggetto qualunque e un segno e procedendo poi di giorno in giorno a sviluppare questo concetto e ad aumentare il numero dei rapporti, la meravigliosa maestra riuscì ad insegnare alle sue allieve: i°, il linguaggio mimico; 2°, la dactilologia; 3°, la scrittura Braille; 4°, la scrittura Ballu; 5°, la scrittura inglese e i primi elementi del linguaggio vocale. Anna-Maria Poyet, che a differenza dell’Heurtin non era nata senza i tre sensi, ma li aveva perduti a 17 mesi, fece anzi in quest’ultimo campo maggiori progressi delle altre sue compagne; ma l’Heurtin, oltre a ciò che si disse, imparò anche a servirsi della macchina da scrivere, a cucire, a stirare, a far la calza, ad aver cura della propria roba e a fare parecchi giuochi.

Ma tutto questo è ancora un nulla in confronto di ciò che questa creatura, sordo-muto-cieca dalla nascita e fino ai dieci anni totalmente inconscia della natura dei propri atti, potè apprendere nel campo del pensiero. Poichè, se con un certo sforzo riusciamo intendere come un insegnamento paziente ed amorevole possa far entrare in un’anima siffattamente prigioniera dei concetti positivi, constatabili mediante rapporti di fatto, ci riesce assai più mirabile come per gli sforzi riuniti di un’eletta di apostoli del bene, si sia potuto elevare le anime di tali infelici alle idee astratte della vita morale, e, dopo aver dato loro i mezzi di capire e di comunicare con gli altri, le si sia rese capaci di acquistare una coltura, di sentirne la bellezza e di vivere nella serena visione di Dio. Ora si pensi che Marie Heurtin conosce la storia ecclesiastica e civile, ha un chiaro concetto delle principali leggi geografiche, ricorda prontamente le nozioni letterarie e sa assurgere dal fatto singolo anche nuovo, come, ad esempio, la conoscenza da lei fatta della macchina «automobile», ai rapporti ch’esso ha con la vita che la circonda e da questa con quella universa. Anzi, accrescendo sempre la sua coltura, allargando la cerchia delle sue esperienze positive e morali, essa si è mostrata capace, ove ne valesse la pena, di poter subire un «réchauffage» di coltura ben superiore alla normale. E valgano a prova alcune sue lettere e brani di giornale or ora pubblicati dal prof. Arnould in un libro che citerò più innanzi.

Come mai, si chiederà, potè Suor Sainte-Marguerite arrivare a così mirandi risultati? — Bastino per dare una prima idea di tale miracolo questi particolari: Suor Sainte-Marguerite aveva fatto in un tempo relativamente breve l’istruzione positiva della sua strana allieva, partendo da un segno corrispondente al coltello ch’essa aveva caro e instillando via via nel suo spirito una serie di rapporti fra le nomenclature e gli oggetti,

  1. Un affettuoso articolo sulla di lei morte, dovuto al professore Louis Arnould dell’Università di Poitiers, comparve ne La Croixdi Parigi del 15 aprile ultimo scorso.