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IL BUON CUORE 207


stando vigile a spiare lontano qualunque tentativo di asservire la storia ai miserabili interessi di religione e di partito preso. Del resto l’esempio avrebbe già fatto strada, perchè vediamo già annunciati altri lavori del genere, e lodati da cattolici competenti, anche perchè vengono dall’altro campo.

Basti citare: Rise and growth of the anglican Schism by N. Sander, The English Church in the sexteenth century, from the accession of Henry VIII – oppure Records of the Reformation – ed anche Henry and the English monasteries. D’una cosa sola però ci sarebbe a dolerci: che per coloro i quali non conoscono la lingua inglese tutti questi sono tesori chiusi a chiave. Giacchè non è a sperarsene così presto una pubblicazione in nostra lingua; noi non abbiamo il coraggio librario anche commercialmente inteso.

L. Meregalli.

Religione


Vangelo della domenica sesta dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù questa parabola: Un uomo fece una gran cena, e invitò molta gente. E all’ora della cena mandò un suo servo a dire ai convitati che andassero, perchè tutto era pronto. E principiarono, tutti d’accordo a scusarsi. Il primo dissegli: Ho comperato un podere e bisogna che vada a vederlo: di grazia, compatiscimi. E un altro disse: Ho comperato cinque paia di buoi e vo’ a provarli, di grazia, compatiscimi. E un altro disse: Ho preso moglie, e perciò non posso venire. E tornato il servo riferì queste cose al suo padrone. Allora sdegnato il padre di famiglia, disse al suo servo: Va tosto per le piazze e per le vie della città, e mena qua dentro i mendici, gli stroppiati, i ciechi e gli zoppi. E disse il servo: Signore, si è fatto come hai comandato, ed hevvi ancora luogo. E disse il padrone al servo: Va per le strade e lungo le siepi e sforzali a venire, affinché si riempia la mia casa. Imperocchè vi dico, che nessuno di coloro che erano stati invitati, assaggerà la mia cena.

S. LUCA, Cap. 14.


Pensieri.

Un signore ha invitato al suo banchetto persone, che scusan poi la loro assenza con il dire, l’uno d’aver comprato un podere; l’altro cinque paia di buoi; un terzo d’aver preso moglie. E il Signore si sdegna del loro rifiuto e dice: Non verrete più alla mia mensa! e manda a invitare i poveri, gli zoppi, gli storpi per le strade e fin lungo le siepi.

Perchè si sdegna il Signore quando i primi invitati rifiutan l’invito?

Non avevano essi scelto fra due piaceri, quello che a loro interessava di più? Che avevan fatto di male?

Gli invitati vengon rimproverati, perchè a un piacere nobile, direi, nel senso che la soddisfazione del ritrovarsi uniti fra amici è gioia non individuale, ma più larga quanto più è divisa con altri, preferiscono un piacere egoistico, piccino, un piacere inferiore.

E questa scelta, che cade su ciò che è meno degno, meno elevato non è spesso la scelta nostra?

Quante volte noi rinunziamo ai piaceri grandi, che affratellano per rinchiuderci a godere egoisticamente soli, sospettosi quasi, che altri prenda qualcosa della nostra felicità! Quante volte al godimento più puro, a quello che viene dal sacrifizio, dalla virtù, noi preferiamo quel che possiam trarre dal sodisfacimento delle nostre passioni! Quante volte noi diciamo di no alla voce interiore che ci invita a salite e ci lasciamo attrarre da ciò che ci lusinga, tirandoci in basso!

Quante volte alla terra posponiamo il cielo!

E perchè i primi invitati rifiutan l’invito e i secondi l’accettano?

Altro punto da seriamente meditare.

I secondi invitati accettano l’invito, perchè hanno fame!

La sazietà induce al rifiuto, il bisogno all’accettar l’offerta!

Eran contenti delle terre, dei buoi e delle gioie di quaggiù i primi chiamati e non son suscettibili ad altre gioie, anche migliori!

Gli altri non avevan nulla, o di quel che avevano non erano appagati, e son pronti ad accettar l’invito del Signore.

Dio pure, come il padrone ospitale, invita al suo regno, invita tutti i ricchi e poveri e felici e infelici.

Ma i ricchi, ma i felici delle cose terrene non odono la parola divina... ad essi basta la terra e bastano gli uomini.

Chi non ha, o avendo non si sodisfa con le cose terrene, e sente sempre, dentro, l’insaziata fame del divino... appena Dio chiama accorre... nulla lo trattiene, e il bisogno lo spinge... Oh, benedetta povertà che conduce a sì santo arricchimento! Benedetta la giornata dell’attesa se è condizione per rispondere docili e pronti alla grazia di Dio!

Benedetta questa fame e questa sete del divino che rende indifferenti a tante povere cose, che strugge l’anima, che a volte la fa agonizzare e chiedere a Dio, perchè a brama si santa, non risponde subito l’invito, il sodisfacimento.... Benedetta, benedetta, perchè tien svegli e pronti fra le lusinghe e gli ostacoli...; perchè questa fame è già frutto d’un gran bene avuto; è caparra di beni avvenire, ineffabili, infiniti....

Dio visiterà e riempierà le anime che l’attendono; il sospiro del loro cuore sarà benedetto e sodisfatto! L’attesa si prolunga, a volte, ed estenua e abbatte.. ma la grazia del Signore esaudirà il grido delle anime anelanti alla vita..., a suo tempo il Signore verrà e le inviterà e il banchetto sarà la luce, la vita aspettata nel pianto....

Apriamo il cuor nostro a questa sacra fame: è segno di grazia, segno d’amore divino... e se sarem fedeli, se la custoderemo come un tesoro, come un privilegio essa sarà saziata in misura colma e sovrabbondante, in quella misura che deve dare la felicità!