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IL BUON CUORE 181


Dopo il miao passiamo a vedere la sorgente dell’Ien-ho. Questo fiume dalle «chiare, fresche e dolci acque» e che è stato il nostro buon compagno per tutta la via, rallegrandoci con più di uno scherzo innocente che ci ha fatto, ha saputo interessare il mio affetto e godo nel vedere la sua culla scavata nel vivo macigno. Fin dal suo nascere egli si getta rumoroso giù per una scogliera di cui le molte piante rampicanti ci nascondono la profondità, e, come un principe nato ora, ci fa vedere che sarà qualche cosa di più dei suoi umili compagni di infanzia.

Il Ien-ho è infatti la benedizione di tutti i luoghi che irriga, è la ricchezza agricola di Nan-tchang; e per oltre 100 km. accoglie sulle sue acque ospitali una squadra numerosa di grossi e piccoli battelli a vela che portano i prodotti di queste montagne fino a Han-Kow e a Chang-hai.

Sopra la sorgente dell’Ien-ho a 30 metri di salita è una grotta detta Na-Iaa-tong. Vi si sale per una scalinata naturale fatta di picchi di macigno o meglio di sporgenze di uno stesso macigno. Però nei luoghi più lisci e più pericolosi la mano dell’uomo è venuta in aiuto alla natura praticando collo scalpello delle piccole incavature e dei fiori per posarvi il piede e per appigliarvisi colla mano. Dei miei alcuni non osano salire lassù, altri si arrampicano di scoglio in scoglio e io dietro loro.

Credo che l’ultimo canto dell’Inferno dantesco non abbia mai avuto un commento più vivo e naturale di questo, e salendo mi viene quasi la tentazioncella di essere in quel momento un altro babbo Dante in persona. Anch’io sono vestito per mia disgrazia di cappa; e anche a me la guida, che è già salita di ronchione in ronchione lassù colla agilità di una scimmia, accennando una scheggia del sasso ripete su per giù come il buon Virgilio:

          .... Sovra quella poi t’aggrappa
ma tenta pria se è tal ch’ella ti reggia.

A dir la verità qualche differenza fra me e... Dante c’era; ma quando mai due persone si somigliano interamente tra loro?

La grotta è orizzontale e lunga, dicono, un centinaio di metri ma io non osai entrar dentro che circa 10 per mancanza di lume, e anche per non avere qualche ceffone dai molti e terribili pipistrelli che l’abitano. La bocca dell’apertura è quasi rotonda e misura un diametro di oltre 8 metri. In tempi di sommosse e di disordini civili questo antro serve di locum refugii per tutta la gente di questa e delle altre vallate vicine, e dobbiamo confessare che la scelta non è sbagliata. Per questo fine dentro la grotta vi sono dei grossi travi che servono per barricare la porta. Come abbiano fatto a tirarli lassù non si sà: e non lo sa dire neppure la mia guida. Quando egli vi salì la prima volta un 30 anni fa ve li trovò già tarlati, e la gente diceva che erano là da oltre mezzo secolo.

Interrogo la guida se a tempo suo i rivoltosi siano mai apparsi in queste parti, ed egli mi risponde con una certa ironia: «ma che cosa dovrebbero venire a far

qui se neppure i cinghiali e i camosci ci trovano da mangiare?»

10 Settembre. — Dò un giorno di riposo ai miei uomini anche per sistemare bene le molte piante trovate ci prepariamo nuovamente per la gita di domani che sarà l’ultima.

11 Settembre. — Ci alziamo per tempissimo e con una guida intraprendiamo l’ascensione e l’erborizzazione dell’Eul-fen-tin monte al Sud-Est di Kai-chan.

Eul-fen-tin vuol dire: punta dei 2 centimetri e si chiama così perchè, dicono, al tempo del diluvio universale — si sa bene che l’idea di un tal cataclisma è generale in Cina — quel monte arrivò a sfidare le acque restò col capo fuori di esse due fen1.

Questo nuovo Briareo dell’ira divina è perciò alto la sua parte, e prima di partire io volli salirgli in capo, anche perchè mi si diceva che di lassù si arriva a scorgere talvolta il Han-Kiang e la mia cara Siang-Iang. La cima dell’Eul-fen-tin non si può scorgere dal basso perchè nascosta dietro altre punte, ma conosciamo la sua direzione, e però non ci potrà sfuggire.

In Cina io non ho potuto vedere ancora una strada a garbo, ma in compenso se ci si contenti di viottoli forse non vi è paese dove abbondino come qui. Su per uno di questi viottoli cominciamo l’ascensione. Però ora l’uno ora l’altro sparisce dentro la macchia folta attirato da qualche novità, e una volta ci sperdiamo tutti affatto senza poterci far sentire per quanto si gridi a squarciagola. Qui ci vorrebbe il corno di Orlando! Mentre anch’io fo delle due mani uno strumento acustico per chiamare la compagnia, mi risponde con uno slancio un bel daino. Del resto nessun indizio di viventi. Il peggio si è che dopo di aver camminato più chilometri tra frasche e cespugli ho perso affatto la bussola e temo anche di essermi allontanato dalla cima del monte. Mi conforta però il pensiero che non ho fatto fino ad ora nessun passo a scesa, o, come direbbe il nostro poeta: fino ad ora «il piè’ fermo è stato sepipre il più basso» e perciò alla peggiore delle supposizioni mi sarò solo avvicinato a qualche cima fuori programma, e sarà facile ritornare sulle traccie dell’Eul-fen-tin.

Quando siamo nuovamente assieme facciamo un piccolo spuntino a... pane azzimo e acqua fresca perchè non abbiamo altro con noi.

La solita storiella che lassù avremmo trovato di che sfamarci, se non altro a patate, in qualche famiglia, ci ha gabbato un’altra volta!

A 1250 m. comincia la regione delle felci. Oltre la felce comune, ve ne troviamo un’altra specie che ama vivere solitaria e sterile, ma in compenso è di un colore verde bellissimo e di una grandezza e grossezza non comuni.

Di questa specie, che vedrà preparata tra le altre piante, le ho mandato una buona quantità di radici e spero che la nostalgia della patria non le ucciderà un’altra volta per via.

(Continua).

  1. Il fen è un sottomultiplo del tzen, che alla sua volta è sottomultiplo del tce, il metro cinese che equivale a metri 0,35. I multipli poi e i sottomultipli sono decimali così qui come da noi.